Una città in forma di palazzo, un palazzo in forma di città: è la fortunata formula cui si ricorre da secoli per dire la reciprocità tra Urbino e la sua residenza ducale, in una totalità fatta di minuzie, di parti e tutto, che risuona nel titolo di questa mostra. Riferita agli spazi aperti, la sineddoche insiste su diversi piani. Sta nel principio insediativo del palazzo, che adotta come dorsale un precedente tracciato viario urbano, fa del cortile una piazza interna aperta alla città, trattiene nel giardino pensile una porzione della Valbona, come in un golfo; è difficile distinguere il dentro e il fuori senza forzature, poiché il palazzo è un marchingegno spugnoso, una membrana osmotica che sempre concede travasi, passaggi, interferenze. Questa porosità coinvolge anche le sostanze sottili del paesaggio, con la luce variamente attratta e modulata, la neve raccolta nei sotterranei, la pioggia condotta in un sistema idraulico unitario che attraversa l’edificio e poi i terrazzamenti a ponente, sino a raggiungere la valle; i caratteri atmosferici permeano il palazzo, in un corpo a corpo volatile quanto consistente nel dato costruttivo. Ancora, la sovrapposizione con gli spazi aperti è nella concatenazione tettonica e spaziale tra masse di suolo sottratte o riportate, dal giardino pensile al Mercatale, che incastonano palazzo e topografia come reciproche emanazioni consustanziali, tra dettagli e insieme, parti e tutto. L’attitudine all’attraversamento – di misure, sostanze, ambiti – riguarda anche la regia dello sguardo ed è questo il tema esplorato dalla sezione Bellissimi rincontri della mostra, che indaga il palazzo come macchina della visione bidirezionale, orientata verso sé e fuori da sé.

Metta, A. (2023). Bellissimi reincontri. Un palazzo in forma di paesaggio. In Luca Molinari (a cura di), Il Palazzo Ducale di Urbino. I frammenti e il tutto (pp. 12-17). Venezia : Marsilio Arte.

Bellissimi reincontri. Un palazzo in forma di paesaggio

annalisa metta
2023-01-01

Abstract

Una città in forma di palazzo, un palazzo in forma di città: è la fortunata formula cui si ricorre da secoli per dire la reciprocità tra Urbino e la sua residenza ducale, in una totalità fatta di minuzie, di parti e tutto, che risuona nel titolo di questa mostra. Riferita agli spazi aperti, la sineddoche insiste su diversi piani. Sta nel principio insediativo del palazzo, che adotta come dorsale un precedente tracciato viario urbano, fa del cortile una piazza interna aperta alla città, trattiene nel giardino pensile una porzione della Valbona, come in un golfo; è difficile distinguere il dentro e il fuori senza forzature, poiché il palazzo è un marchingegno spugnoso, una membrana osmotica che sempre concede travasi, passaggi, interferenze. Questa porosità coinvolge anche le sostanze sottili del paesaggio, con la luce variamente attratta e modulata, la neve raccolta nei sotterranei, la pioggia condotta in un sistema idraulico unitario che attraversa l’edificio e poi i terrazzamenti a ponente, sino a raggiungere la valle; i caratteri atmosferici permeano il palazzo, in un corpo a corpo volatile quanto consistente nel dato costruttivo. Ancora, la sovrapposizione con gli spazi aperti è nella concatenazione tettonica e spaziale tra masse di suolo sottratte o riportate, dal giardino pensile al Mercatale, che incastonano palazzo e topografia come reciproche emanazioni consustanziali, tra dettagli e insieme, parti e tutto. L’attitudine all’attraversamento – di misure, sostanze, ambiti – riguarda anche la regia dello sguardo ed è questo il tema esplorato dalla sezione Bellissimi rincontri della mostra, che indaga il palazzo come macchina della visione bidirezionale, orientata verso sé e fuori da sé.
2023
9791254631140
Metta, A. (2023). Bellissimi reincontri. Un palazzo in forma di paesaggio. In Luca Molinari (a cura di), Il Palazzo Ducale di Urbino. I frammenti e il tutto (pp. 12-17). Venezia : Marsilio Arte.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/463292
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