La configurazione dello spazio umano partecipa a una coralità di intenzioni e di azioni ulteriori, all’interno di una relazione dinamica, talvolta collaborante, talvolta pugnace. Questa evidenza rende inadeguata sia la prospettiva del progetto come redenzione del mondo, secondo la visione dell’architetto demiurgo, sia la prospettiva della rinuncia, dell’affidarsi fatalistico e pusillanime all’’ordine naturale’ delle cose. È il tempo di uscire definitivamente tanto dalla retorica di chi intenda il progetto come un esercizio solipsistico di controllo umano, predittivo, deterministico e unilaterale, quanto di chi si schieri ideologicamente ‘contro il progetto’. Intendere il progetto come la partecipazione a un combinarsi di agency, intenzionalità e competenze diverse, comprensive di quelle umane, significa accogliere margini di incertezza e imponderabilità, condizione costitutiva per il progetto di paesaggio, che opera con il vivente e perciò si nutre di perturbazioni e si confronta con il cambiamento e la parziale prevedibilità dell’accadere non come accidenti da scongiurare, ma come un’inevitabile condizione esistenziale, persino capace di innescare sorpresa, meraviglia e incanto, evitando le insidie del determinismo tecnologico, estetico ed ecologico.
Metta, A. (2023). Paesaggi denaturati. In Giorgio De Finis e Antonella Perin (a cura di), New Words. New Worlds (pp. 222-227). Roma : Bordeaux.
Paesaggi denaturati
annalisa metta
2023-01-01
Abstract
La configurazione dello spazio umano partecipa a una coralità di intenzioni e di azioni ulteriori, all’interno di una relazione dinamica, talvolta collaborante, talvolta pugnace. Questa evidenza rende inadeguata sia la prospettiva del progetto come redenzione del mondo, secondo la visione dell’architetto demiurgo, sia la prospettiva della rinuncia, dell’affidarsi fatalistico e pusillanime all’’ordine naturale’ delle cose. È il tempo di uscire definitivamente tanto dalla retorica di chi intenda il progetto come un esercizio solipsistico di controllo umano, predittivo, deterministico e unilaterale, quanto di chi si schieri ideologicamente ‘contro il progetto’. Intendere il progetto come la partecipazione a un combinarsi di agency, intenzionalità e competenze diverse, comprensive di quelle umane, significa accogliere margini di incertezza e imponderabilità, condizione costitutiva per il progetto di paesaggio, che opera con il vivente e perciò si nutre di perturbazioni e si confronta con il cambiamento e la parziale prevedibilità dell’accadere non come accidenti da scongiurare, ma come un’inevitabile condizione esistenziale, persino capace di innescare sorpresa, meraviglia e incanto, evitando le insidie del determinismo tecnologico, estetico ed ecologico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.