Social network ideati per commemorare i defunti o divenuti, loro malgrado, un luogo della celebrazione e del ricordo, piattaforme web elaborate allo scopo di eternare l’azione di qualunque individuo oltre la morte, applicazioni per dispositivi mobili capaci di mettere in comunicazione i vivi con i propri defunti: anche se in larga parte trascurato, il fenomeno dei media digitali implicati con la dimensione cimiteriale e la ritualità funebre ha assunto negli ultimi vent’anni proporzioni rilevanti (basti pensare che, entro alcuni decenni, i profili Facebook attribuibili a persone decedute supereranno in numero quelli degli utenti in vita). Per quanto, in apparenza, insolite, simili esperienze si inseriscono entro il solco di pratiche e usanze secolari, se non millenarie. Tuttavia, appare evidente come le possibilità offerte dall’eccezionale sviluppo tecnologico contemporaneo abbiano notevolmente incrementato la capacità di un’interazione simbolica con l’aldilà, fino a rendere meno inverosimile l’utopia di un’eternità tangibile dell’esistenza umana. Ma fino a che punto questi media digitali si rivelano in grado di far sopravvivere l’essenza dell’uomo e degli uomini oltre i loro confini fisici? Simili esperienze facilitano un dialogo con la morte o finiscono per semplificare la complessità della vita e della sua conclusione a una serie, pur sempre limitata, di algoritmi?
Cinquegrani, M. (2020). The Promise of a Binary Immortality: Death and New Social Media. In S.T. Luca Malavasi (a cura di), Tecnophobia and Tecnophilia in the Media, Art and Visual Culture (pp. 119-131). Roma : Aracne.
The Promise of a Binary Immortality: Death and New Social Media
mattia cinquegrani
2020-01-01
Abstract
Social network ideati per commemorare i defunti o divenuti, loro malgrado, un luogo della celebrazione e del ricordo, piattaforme web elaborate allo scopo di eternare l’azione di qualunque individuo oltre la morte, applicazioni per dispositivi mobili capaci di mettere in comunicazione i vivi con i propri defunti: anche se in larga parte trascurato, il fenomeno dei media digitali implicati con la dimensione cimiteriale e la ritualità funebre ha assunto negli ultimi vent’anni proporzioni rilevanti (basti pensare che, entro alcuni decenni, i profili Facebook attribuibili a persone decedute supereranno in numero quelli degli utenti in vita). Per quanto, in apparenza, insolite, simili esperienze si inseriscono entro il solco di pratiche e usanze secolari, se non millenarie. Tuttavia, appare evidente come le possibilità offerte dall’eccezionale sviluppo tecnologico contemporaneo abbiano notevolmente incrementato la capacità di un’interazione simbolica con l’aldilà, fino a rendere meno inverosimile l’utopia di un’eternità tangibile dell’esistenza umana. Ma fino a che punto questi media digitali si rivelano in grado di far sopravvivere l’essenza dell’uomo e degli uomini oltre i loro confini fisici? Simili esperienze facilitano un dialogo con la morte o finiscono per semplificare la complessità della vita e della sua conclusione a una serie, pur sempre limitata, di algoritmi?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.