Da Lamerica (Amelio 1994) a Nuovomondo (Crialese 2006), da Terraferma (Crialese 2011) a Fuocoammare (Rosi 2016), da Italianamerican (Scorsese 1974) a Trevico-Torino - Viaggio nel Fiatnam (Scola 1973): il gioco linguistico sembra essere una costante dei film sulla migrazione. In particolare si riscontra spesso un’alterazione della grafia che, oltre a restituire la percezione uditiva di un parlante non perfettamente alfabetizzato, sembra ambire ad esprimere la continuità tra i diversi contesti, i diversi spazi, i diversi registri che caratterizzano la migrazione. Eliminando apostrofi, trattini o la distinzione tra articolo e sostantivo, le parole si agglutinano come per evocare la migrazione quale esperienza di flusso, nella sua concretezza e insieme nella sua dimensione fantasmatica. Molti autori (Barthes, Tonkiss) hanno sottolineato l’analogia profonda tra il camminare e il parlare. Michel De Certeau, in particolare, ha approfondito la loro somiglianza in quanto spazi di enunciazione, ovvero in quanto veri e propri atti di appropriazione della lingua e del territorio da parte del locutore/camminatore. Mentre l’autore francese si riferiva in particolare al contesto urbano, è altresì possibile pensare a questa dinamica anche in relazione ad un sistema topografico più ampio, fino a compiere una riflessione sulle cartografie creole della migrazione. A partire da tale impianto teorico, ci proponiamo anche di indagare le modalità con cui il cinema traduca in termini visivi l’agglutinamento di questi titoli; un agglutinamento che ci sembra richiami l’idea di indistinzione che governa oggi i confini globali per cui inclusione ed esclusione sono operazioni coestensive (Mezzadra e Neilson). Sul perimetro poroso del campo visivo e sonoro, manipolato attraverso le forme della messa in scena e i codici della sua retorica, il cinema ha organizzato e configurato simbolicamente le idee di territorio e di spazio di frontiera, rendendo possibile un “atlante delle emozioni” (Bruno) condiviso.
Giordana, M., Marmo, L. (2022). Condensare lo spostamento. Il gioco linguistico del confine nel cinema italofono. In De Franceschi L (a cura di), Migrazioni, cittadinanze, inclusività. Narrazioni dell’Italia plurale, tra immaginario e politiche per la diversità (pp. 187-200). Roma - : Tab.
Condensare lo spostamento. Il gioco linguistico del confine nel cinema italofono
Giordana M;Marmo L
2022-01-01
Abstract
Da Lamerica (Amelio 1994) a Nuovomondo (Crialese 2006), da Terraferma (Crialese 2011) a Fuocoammare (Rosi 2016), da Italianamerican (Scorsese 1974) a Trevico-Torino - Viaggio nel Fiatnam (Scola 1973): il gioco linguistico sembra essere una costante dei film sulla migrazione. In particolare si riscontra spesso un’alterazione della grafia che, oltre a restituire la percezione uditiva di un parlante non perfettamente alfabetizzato, sembra ambire ad esprimere la continuità tra i diversi contesti, i diversi spazi, i diversi registri che caratterizzano la migrazione. Eliminando apostrofi, trattini o la distinzione tra articolo e sostantivo, le parole si agglutinano come per evocare la migrazione quale esperienza di flusso, nella sua concretezza e insieme nella sua dimensione fantasmatica. Molti autori (Barthes, Tonkiss) hanno sottolineato l’analogia profonda tra il camminare e il parlare. Michel De Certeau, in particolare, ha approfondito la loro somiglianza in quanto spazi di enunciazione, ovvero in quanto veri e propri atti di appropriazione della lingua e del territorio da parte del locutore/camminatore. Mentre l’autore francese si riferiva in particolare al contesto urbano, è altresì possibile pensare a questa dinamica anche in relazione ad un sistema topografico più ampio, fino a compiere una riflessione sulle cartografie creole della migrazione. A partire da tale impianto teorico, ci proponiamo anche di indagare le modalità con cui il cinema traduca in termini visivi l’agglutinamento di questi titoli; un agglutinamento che ci sembra richiami l’idea di indistinzione che governa oggi i confini globali per cui inclusione ed esclusione sono operazioni coestensive (Mezzadra e Neilson). Sul perimetro poroso del campo visivo e sonoro, manipolato attraverso le forme della messa in scena e i codici della sua retorica, il cinema ha organizzato e configurato simbolicamente le idee di territorio e di spazio di frontiera, rendendo possibile un “atlante delle emozioni” (Bruno) condiviso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.