La sensazione che abbiamo oggi della partecipazione delle donne alle attività motorie e sportive non ha nulla a che vedere con il clima che si respirava fi no a qualche decennio fa. Da non crederci, ma in un passato molto vicino a noi, era un pensiero forzatamente normale ed imposto che tutte le donne non fossero mentalmente e fisicamente in grado di sopportare lo sforzo fisico per sostenere ad esempio una maratona, andare in bicicletta, partecipare a gare di nuoto e, perfino, che potesse essere dannoso per la loro salute nonché di quella della futura prole. In particolare, agli inizi del ’900, alle donne era preclusa la possibilità di partecipare ad attività come la corsa, la bici, il tennis, il nuoto ed eventi sportivi perché troppo mascolini. Effettivamente, bisogna dire che nonostante alle donne non fosse permesso ad esempio correre ufficialmente, in tali competizioni, si scopre che diverse atlete hanno tentato ogni tipo di escamotage e furbizia pur di gareggiare, ottenendo punteggi, tempi e risultati ragguardevoli. Infatti, nelle grandi maratone internazionali, per le donne l’accesso era severamente proibito. Questo modo di pensare purtroppo appartiene a pochi decenni passati, in particolare negli anni Sessanta queste restrizioni erano ancora molto radicate nella società. Fortunatamente la forza e la determinazione, la passione di alcune impavide donne che credevano in primis nelle loro reali potenzialità e soprattutto che tutti, uomini e donne, potessero avere uguali possibilità e diritti di effettuare attività e competizioni, senza preclusioni a priori per nessuno ha permesso di superare questi pregiudizi.
Coco, D. (2024). Quando la sportività supera la ragione sportiva: una ricerca sulla determinazione, temerarietà e resilienza al femminile, per una parità di genere nelle attività motorie e sportive. In Leproni Raffaella (a cura di), Men on women. A collection of thought-provoking perspectives (pp. 95-114). Milano : Franco Angeli.
Quando la sportività supera la ragione sportiva: una ricerca sulla determinazione, temerarietà e resilienza al femminile, per una parità di genere nelle attività motorie e sportive
Coco Daniele
2024-01-01
Abstract
La sensazione che abbiamo oggi della partecipazione delle donne alle attività motorie e sportive non ha nulla a che vedere con il clima che si respirava fi no a qualche decennio fa. Da non crederci, ma in un passato molto vicino a noi, era un pensiero forzatamente normale ed imposto che tutte le donne non fossero mentalmente e fisicamente in grado di sopportare lo sforzo fisico per sostenere ad esempio una maratona, andare in bicicletta, partecipare a gare di nuoto e, perfino, che potesse essere dannoso per la loro salute nonché di quella della futura prole. In particolare, agli inizi del ’900, alle donne era preclusa la possibilità di partecipare ad attività come la corsa, la bici, il tennis, il nuoto ed eventi sportivi perché troppo mascolini. Effettivamente, bisogna dire che nonostante alle donne non fosse permesso ad esempio correre ufficialmente, in tali competizioni, si scopre che diverse atlete hanno tentato ogni tipo di escamotage e furbizia pur di gareggiare, ottenendo punteggi, tempi e risultati ragguardevoli. Infatti, nelle grandi maratone internazionali, per le donne l’accesso era severamente proibito. Questo modo di pensare purtroppo appartiene a pochi decenni passati, in particolare negli anni Sessanta queste restrizioni erano ancora molto radicate nella società. Fortunatamente la forza e la determinazione, la passione di alcune impavide donne che credevano in primis nelle loro reali potenzialità e soprattutto che tutti, uomini e donne, potessero avere uguali possibilità e diritti di effettuare attività e competizioni, senza preclusioni a priori per nessuno ha permesso di superare questi pregiudizi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.