Francesco d’Amaretto Mannelli è forse il copista che maggiormente ha influenzato la ricostruzione testuale e la ricezione di alcune opere volgari di Boccaccio. Per secoli, infatti, il Decameron e il Corbaccio si sono letti nelle trascrizioni da lui affidate, alla fine del Trecento, al codice Laurenziano Pluteo 42.1, e nonostante la filologia novecentesca abbia portato alla scoperta di un autografo del Decameron e a una più profonda conoscenza delle tradizioni manoscritte di entrambe le opere, le rispettive edizioni critiche più recenti si basano ancora – in tutto o in parte – sulla sua testimonianza. Nel panorama dei copisti del Decameron, nello specifico, Mannelli si caratterizza non solo per l’elevato e costante grado di attenzione in fase di copia e per una notevole competenza sul versante linguistico-interpretativo (che lo porta in certi momenti ad attivare, in margine al testo, un vero e proprio dialogo con l’opera e con l’autore), ma anche per un inedito scrupolo nel segnalare molti dei suoi interventi, in modo da tenerli distinti dall’originaria lezione autoriale. Il presente volume esamina in modo sistematico il rapporto tra il Laur. Plut. 42.1 e la tradizione manoscritta del Decameron e dimostra la discendenza diretta della copia mannelliana dall’autografo Hamilton 90; offre, inoltre, l’edizione critica e commentata di tutte le postille lasciate da Mannelli in margine al testo boccacciano, in cui il copista si interroga sulla correttezza del testo, sulla lingua, sui meccanismi narrativi e sulle finalità dell’opera.
Moretti, E. (2024). Francesco d'Amaretto Mannelli copista, filologo e lettore del Decameron. Firenze : Leo S. Olschki.
Francesco d'Amaretto Mannelli copista, filologo e lettore del Decameron
Enrico Moretti
2024-01-01
Abstract
Francesco d’Amaretto Mannelli è forse il copista che maggiormente ha influenzato la ricostruzione testuale e la ricezione di alcune opere volgari di Boccaccio. Per secoli, infatti, il Decameron e il Corbaccio si sono letti nelle trascrizioni da lui affidate, alla fine del Trecento, al codice Laurenziano Pluteo 42.1, e nonostante la filologia novecentesca abbia portato alla scoperta di un autografo del Decameron e a una più profonda conoscenza delle tradizioni manoscritte di entrambe le opere, le rispettive edizioni critiche più recenti si basano ancora – in tutto o in parte – sulla sua testimonianza. Nel panorama dei copisti del Decameron, nello specifico, Mannelli si caratterizza non solo per l’elevato e costante grado di attenzione in fase di copia e per una notevole competenza sul versante linguistico-interpretativo (che lo porta in certi momenti ad attivare, in margine al testo, un vero e proprio dialogo con l’opera e con l’autore), ma anche per un inedito scrupolo nel segnalare molti dei suoi interventi, in modo da tenerli distinti dall’originaria lezione autoriale. Il presente volume esamina in modo sistematico il rapporto tra il Laur. Plut. 42.1 e la tradizione manoscritta del Decameron e dimostra la discendenza diretta della copia mannelliana dall’autografo Hamilton 90; offre, inoltre, l’edizione critica e commentata di tutte le postille lasciate da Mannelli in margine al testo boccacciano, in cui il copista si interroga sulla correttezza del testo, sulla lingua, sui meccanismi narrativi e sulle finalità dell’opera.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.