Durante gli ultimi decenni, nel cinema sono diventate sempre più frequenti quelle narrazioni il cui universo diegetico è segnato da una frantumazione, più o meno rilevante, della linearità temporale. Da questo punto di vista, una figura del racconto emblematica è quella del ricordo di un personaggio che si configura – spesso nella parte conclusiva della narrazione – anche come premonizione riguardo al suo futuro. Si esprime, così, un tentativo di superare la consequenzialità che, tradizionalmente, determina gli eventi, in favore di una compenetrazione inestricabile tra passato e futuro. Una compenetrazione, questa, il cui carattere si definisce a partire da quelle formulazioni della fisica quantistica che riconfigurano, secondo teorie differenti, la forma del tempo. Al contempo, però, la ripetitività alla quale questi episodi narrativi sono sottoposti, richiama anche le forme di quell’evolversi ciclico degli eventi proprio delle società arcaiche. Pertanto, questo modello insolito del tempo, che combina il passato assieme al futuro, sembra rimanere esso stesso in bilico tra un orizzonte culturale ancora primitivo e una delle prospettive maggiormente innovative della contemporaneità. Attraverso l’analisi di alcuni film – quali L’inquilino del terzo piano (R. Polanski, 1976), Shining (S. Kubrick, 1980), L’esercito delle 12 scimmie (T. Gilliam, 1995) e Interstellar (C. Nolan, 2014) – l’intervento intende indagare brevemente i caratteri principali di questa forma narrativa del tempo, nel tentativo di comprendere come essa influenzi l’immaginario collettivo e come ne sia a sua volta influenzata.
Cinquegrani, M. (2024). Lineare, circolare, prolungata e puntuale. La forma esplosa del tempo nel cinema. In G.N. Lorenzo Denicolai (a cura di), La (de)legittimizzazione della scienza tra media, tecnologia e immaginario (pp. 161-171). Milano : Franco Angeli.
Lineare, circolare, prolungata e puntuale. La forma esplosa del tempo nel cinema
Mattia Cinquegrani
2024-01-01
Abstract
Durante gli ultimi decenni, nel cinema sono diventate sempre più frequenti quelle narrazioni il cui universo diegetico è segnato da una frantumazione, più o meno rilevante, della linearità temporale. Da questo punto di vista, una figura del racconto emblematica è quella del ricordo di un personaggio che si configura – spesso nella parte conclusiva della narrazione – anche come premonizione riguardo al suo futuro. Si esprime, così, un tentativo di superare la consequenzialità che, tradizionalmente, determina gli eventi, in favore di una compenetrazione inestricabile tra passato e futuro. Una compenetrazione, questa, il cui carattere si definisce a partire da quelle formulazioni della fisica quantistica che riconfigurano, secondo teorie differenti, la forma del tempo. Al contempo, però, la ripetitività alla quale questi episodi narrativi sono sottoposti, richiama anche le forme di quell’evolversi ciclico degli eventi proprio delle società arcaiche. Pertanto, questo modello insolito del tempo, che combina il passato assieme al futuro, sembra rimanere esso stesso in bilico tra un orizzonte culturale ancora primitivo e una delle prospettive maggiormente innovative della contemporaneità. Attraverso l’analisi di alcuni film – quali L’inquilino del terzo piano (R. Polanski, 1976), Shining (S. Kubrick, 1980), L’esercito delle 12 scimmie (T. Gilliam, 1995) e Interstellar (C. Nolan, 2014) – l’intervento intende indagare brevemente i caratteri principali di questa forma narrativa del tempo, nel tentativo di comprendere come essa influenzi l’immaginario collettivo e come ne sia a sua volta influenzata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.