Nell’ordinamento italiano, i conflitti tra poteri dello Stato presentano una particolarità di rilievo: si svolgono nell’ambito di un procedimento dalla natura bifasica. Il conflitto, infatti, prima di pervenire all’eventuale scrutinio di merito deve passare il vaglio, necessario (nel senso di normativamente imposto) e preliminare, di una delibazione di ammissibilità che la Corte costituzionale svolge in camera di consiglio, in assenza di contraddittorio. Lo scopo del lavoro è quello di indagare a fondo i contorni di questo specifico segmento procedurale, anche alla luce dell’ampia incidenza percentuale sulle sorti del giudizio. Il punto di partenza, dunque, è la ricostruzione storica del dibattito andato in scena in Assemblea Costituente e in sede di lavori preparatori alla l. n. 87 del 1953, nonché la premessa relativa alla sussistenza di elementi idonei a far propendere per l’applicabilità dell’art. 111 Cost. anche al settore della giustizia costituzionale. Su questa base, l’indagine intende evidenziare come nell’ambito della fase di ammissibilità la Corte non eserciti funzioni giurisdizionali. Simili rilievi, uniti ai dubbi già espressi in dottrina circa la sua effettiva utilità, sembrano poter destare l’impressione di un sopravvenuto anacronismo della disciplina procedimentale attualmente recata dalle fonti regolatrici della materia. Per verificare la tenuta di un simile giudizio, il lavoro si sofferma, quindi, su ciascuno dei tratti caratterizzanti il vaglio di ammissibilità, al fine di esaminarne le problematiche emergenti, nella più ampia ottica di appurare l’eventuale possibilità di una strutturazione del giudizio differente da quella attuale; strutturazione che, oltre a non risultare imposta costituzionalmente, neppure può dirsi consustanziale all’istituto del conflitto (come dimostra l’assenza di una specifica fase di ammissibilità nei giudizi sui conflitti che si svolgono in Spagna, Germania e Austria). Evidenziata, quindi, la natura di unicum della regolamentazione italiana del giudizio, ci si domanda se la “fase” di ammissibilità rinvenga ancora un’insopprimibile ratio e se, più in generale, l’istituto del conflitto rivesta ancora i caratteri di strumento residuale di tutela, in quanto aspetti propedeutici la cui risoluzione è necessaria per poter, infine, avanzare, in una prospettiva de jure condendo, proposte di riforma dell’archetipo procedimentale attualmente vigente, con illustrazione finale anche dei rischi connessi all’eventuale mantenimento dello status quo.

Ferracuti, J. (2023). La “fase” di ammissibilità nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Problemi e prospettive.. Napoli : Editoriale Scientifica.

La “fase” di ammissibilità nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Problemi e prospettive.

Jacopo Ferracuti
2023-01-01

Abstract

Nell’ordinamento italiano, i conflitti tra poteri dello Stato presentano una particolarità di rilievo: si svolgono nell’ambito di un procedimento dalla natura bifasica. Il conflitto, infatti, prima di pervenire all’eventuale scrutinio di merito deve passare il vaglio, necessario (nel senso di normativamente imposto) e preliminare, di una delibazione di ammissibilità che la Corte costituzionale svolge in camera di consiglio, in assenza di contraddittorio. Lo scopo del lavoro è quello di indagare a fondo i contorni di questo specifico segmento procedurale, anche alla luce dell’ampia incidenza percentuale sulle sorti del giudizio. Il punto di partenza, dunque, è la ricostruzione storica del dibattito andato in scena in Assemblea Costituente e in sede di lavori preparatori alla l. n. 87 del 1953, nonché la premessa relativa alla sussistenza di elementi idonei a far propendere per l’applicabilità dell’art. 111 Cost. anche al settore della giustizia costituzionale. Su questa base, l’indagine intende evidenziare come nell’ambito della fase di ammissibilità la Corte non eserciti funzioni giurisdizionali. Simili rilievi, uniti ai dubbi già espressi in dottrina circa la sua effettiva utilità, sembrano poter destare l’impressione di un sopravvenuto anacronismo della disciplina procedimentale attualmente recata dalle fonti regolatrici della materia. Per verificare la tenuta di un simile giudizio, il lavoro si sofferma, quindi, su ciascuno dei tratti caratterizzanti il vaglio di ammissibilità, al fine di esaminarne le problematiche emergenti, nella più ampia ottica di appurare l’eventuale possibilità di una strutturazione del giudizio differente da quella attuale; strutturazione che, oltre a non risultare imposta costituzionalmente, neppure può dirsi consustanziale all’istituto del conflitto (come dimostra l’assenza di una specifica fase di ammissibilità nei giudizi sui conflitti che si svolgono in Spagna, Germania e Austria). Evidenziata, quindi, la natura di unicum della regolamentazione italiana del giudizio, ci si domanda se la “fase” di ammissibilità rinvenga ancora un’insopprimibile ratio e se, più in generale, l’istituto del conflitto rivesta ancora i caratteri di strumento residuale di tutela, in quanto aspetti propedeutici la cui risoluzione è necessaria per poter, infine, avanzare, in una prospettiva de jure condendo, proposte di riforma dell’archetipo procedimentale attualmente vigente, con illustrazione finale anche dei rischi connessi all’eventuale mantenimento dello status quo.
2023
979-12-5976-649-6
Ferracuti, J. (2023). La “fase” di ammissibilità nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Problemi e prospettive.. Napoli : Editoriale Scientifica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/501796
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