L’esperienza di adozione del manuale Berk-DeMarzo (BDM) in numerosi anni accademici, fin dal 2008, in corsi di Finanza aziendale del triennio molto affollati, in alcuni anni anche con 500 frequentanti all’anno, mi ha rafforzato nella convinzione che questo testo costituisca un ottimo manuale di finanza aziendale. La struttura 3+2 del percorso universitario in Italia post riforma ha reso più stretti i tempi dell’apprendimento per gli studenti del triennio e sta facendo prevalere una preparazione superficiale, nozionistica, meccanica, intuitiva, poco orientata ai fondamenti delle discipline e alle griglie logico-concettuali che le caratterizzano. La laurea triennale (anche perché poco o per nulla riconosciuta dal mondo del lavoro, se non per professioni molto specifiche) tende ad essere considerata un passaggio obbligato, ma inutile, alla laurea vera, quella con la elle maiuscola. Gli studenti accettano voti bassi nei diversi esami, pur di accelerare i tempi. I docenti con maggiore esperienza didattica preferiscono spostarsi nella laurea magistrale, o perché considerata di maggiore prestigio o perché consente numeri più gestibili di studenti e connessa migliore qualità della didattica, trascurando quanto sia indispensabile una formazione di base solida a livello di entrata nelle singole discipline caratterizzanti del management aziendale, perché si possa accedere con profitto a livelli successivi di specializzazione e approfondimento. La competizione tra atenei tende pericolosamente a indirizzarsi sull’offerta delle lauree di secondo livello. In questo contesto, il libro di testo di un corso triennale rappresenta uno strumento fondamentale, che svolge un ruolo di supporto importante al docente, nel suo sforzo di ribaltare la tendenza sopra citata. E deve svolgere questo ruolo in maniera autonoma, senza richiedere eccessivi interventi di calibratura, adattamento, integrazione e liaison da parte del docente. Questo manuale svolge egregiamente questo ruolo: coniuga il linguaggio di entrata della finanza d’impresa con un impianto logico− teorico solido e rigoroso e un orientamento al decision-making critico e consapevole. Il BDM è portatore di “un’idea” nuova nel panorama internazionale dei manuali di Finanza aziendale, per le seguenti tre ragioni: 1. struttura logica del volume; 2. approccio utilizzato nella trattazione dei contenuti; 3. tipologia e qualità dei materiali di corredo/supporto (cartacei e online). 1. Struttura Per quanto attiene alla struttura logica data ai contenuti, due sono le principali caratteristiche che lo differenziano in positivo rispetto ai manuali esistenti sul mercato: a) individua un principio teorico unitario semplice (la legge del prezzo unico o pricing in assenza di arbitraggio) e lo utilizza nella trattazione come filo rosso, per dipanare i diversi temi trattati. Questo rappresenta un fattore di grande utilità per lo studente, perché unifica la base teorico-concettuale di riferimento, poiché tutti gli argomenti trattati nel volume sono riconducibili ed esplicitamente ricondotti dagli autori a questa idea forte; b) la sequenza dei capitoli (anche in virtù del filo rosso di cui sopra) è chiara e non richiede salti logici. Alcuni esempi. Un capitolo introduttivo di richiamo dei contenuti del bilancio e delle tecniche di analisi finanziaria (indici e flussi) è nel manuale posto all’inizio − Capitolo 2 – in ciò innovando rispetto agli altri manuali (che invece trattavano l’argomento successivamente, insieme alle tecniche di pianificazione finanziaria) e diventando un benchmark seguito nelle loro successive edizioni. Analogamente, il capitolo sulla valutazione delle azioni è collocato dopo i metodi di valutazione degli investimenti reali e non prima, come avviene in altri manuali, partendo dall’applicazione del metodo DCF a una classica decisione di investimento di un’impresa manifatturiera e estendendolo ad altra tipologia di investimenti. Ancora, i concetti di rischio e di premio per il rischio sono introdotti fin dall’inizio (nel Capitolo 3), anche se solo a livello preliminare, prima ancora di trattare i metodi di scelta degli investimenti, evitando in tal modo una trattazione di questi metodi in una situazione irrealistica e sospesa di ipotizzata certezza. Un capitolo sul costo del capitale (aggiunto a partire dalla II edizione) riporta a sintesi e traduce in strumento decisionale quanto sviluppato nei capitoli sulla teoria del portafoglio e sul CAPM, evidenziandone le problematiche applicative. 2. Approccio Per quanto riguarda più direttamente i contenuti e il taglio utilizzato nella loro trattazione, il BDM si distingue fortemente in positivo per il mix molto equilibrato ed efficace per l’apprendimento, che gli autori sono riusciti a trovare, tra semplicità espositiva, rigore metodologico e orientamento al decision-making. L’elemento più eclatante e apparentemente paradossale è che un ingrediente importante di questo mix è la scelta di privilegiare una trattazione analitico-matematica degli argomenti più difficili della finanza d’impresa. Per esempio la parte relativa alla relazione rischio-rendimento, con tutta la strumentazione teorica relativa alla teoria del portafoglio, al CAPM e ai modelli più evoluti e recenti di pricing del rischio; oppure le tematiche relative alle interazioni tra decisioni di investimento e di finanziamento e quindi alle implicazioni, nella valutazione di investimenti e aziende, delle scelte sul lato della struttura finanziaria. Penso, ancora, per rimanere con gli esempi ai temi standard di un corso triennale (in cui trovare questo mix diventa ancora più cruciale), alla dimostrazione della validità del VAN come criterio di scelta tra investimenti, anche in presenza di diverse preferenze per la liquidità da parte degli investitori. La tendenza recente, viceversa, in ambito sia di istruzione universitaria che di formazione manageriale, è nella direzione opposta: l’ampia diffusione dei temi e del linguaggio della finanza d’impresa e l’importanza crescente che questi rivestono oggi sia in ambito universitario che di pratica aziendale, spingono verso una ipersemplificazione della trattazione, che poggia prevalentemente sull’intuito e rifiuta la formalizzazione matematica. Questa scelta spesso è inefficace sul piano dell’apprendimento. Nella mia esperienza passata di docente di un corso base di finanza aziendale (spesso affollato e costretto nei tempi) mi è capitato spesso (prima dell’adozione di questo testo) che lo studente lamentasse che il libro di testo “desse molte cose, troppe cose per scontate, non spiegandole come si dovrebbe”. L’eccesso di fiducia sull’intuito, spesso, genera una comprensione dei concetti e delle tecniche non solida e non rigorosa e che può indurre a errori e distorsioni nel trarre regole e criteri di scelta a supporto del decision-making manageriale, come l’ultima crisi finanziaria ha ampiamente dimostrato. Una spiegazione non rigorosa e non analitica di alcuni argomenti spesso non convince lo studente e non innesca quella razionalità procedurale, per dirla con Simon, necessaria a trasformarli in strumenti cognitivi e a trasportarli su problemi e contesti decisionali diversi. L’utilizzo della dimostrazione analitico-formale dei concetti più difficili, che fanno i due autori, è però sempre essenziale, non si appesantisce mai di dimostrazioni matematiche fini a se stesse, poggia su una logica stringente, si articola su livelli successivi di approfondimento (in parte contenuti nel testo e in parte in appendici di fine capitolo) e soprattutto rinvia sempre alle implicazioni che le ipotesi teoriche alla base delle dimostrazioni hanno nella realtà dei contesti aziendali e di mercato. Per dirla con Odifreddi “... unisce la leggerezza dell’intuizione al rigore della matematica ed è quindi il migliore dei mondi possibili”. Un esempio eclatante è il Capitolo 18 del volume. Il tema è di quelli difficili (capital budgeting e valutazione in presenza di debito), una delle cartine di tornasole della validità di un manuale di finanza. Questo capitolo è un capolavoro di chiarezza e rigore concettuale. Illustra chiaramente i diversi metodi per tenere conto delle scelte di indebitamento nella valutazione degli investimenti e/o dell’impresa. Spiega le ipotesi su cui ciascun metodo (e le sue diverse formulazioni) poggia e spiega a quali contesti reali le ipotesi rinviano e in che cosa si traducono sul piano decisionale. Analizza diversi casi di politiche di indebitamento e i rispettivi effetti su costo del capitale e valore. Analizza gli effetti su questi anche di altre conseguenze dell’indebitamento diverse dal vantaggio fiscale. Consente di ricongiungere i due metodi del WACC (costo medio ponderato del capitale) dopo le imposte e del VAM (valore attuale modificato), se si fanno le stesse ipotesi, mostrando − raro esempio nel panorama dei manuali presenti sul mercato − come applicare il VAM nel caso di mix debito-equity costante e il WACC nel caso di ammontare del debito costante. E tutto ciò fornendo una spiegazione rigorosamente formale, ma a livelli successivi di affinamento: si possono saltare le formule di derivazione, poste in appendice, usufruendo comunque nel testo di una dimostrazione logico-analitica assolutamente convincente. Altro ingrediente importante del mix equilibrato citato è il continuo richiamo, mai banale, a situazioni e problemi reali a cui le tecniche e i concetti si applicano. E ciò è fatto in vari modi: esempi di casi reali in apertura di ciascun capitolo; riquadri all’interno dei capitoli che contengono interviste a professionisti e operatori su “temi caldi” o sull’applicazione nella pratica degli strumenti trattati nel testo; finestre contenenti dati e materiali tratti da pubblicazioni economico-finanziarie, che focalizzano decisioni–problemi–prassi operative connessi ai temi del capitolo in cui sono inserite; box sulla finanza in periodi di crisi che spiegano aspetti, cause, effetti e rimedi della crisi del 2008–2009 (e dei fatti di attualità collegati, come per esempio i prestiti subprime, i tassi negativi sui titoli di stato, la truffa dell’hedge fund di Madoff, il default dei debiti sovrani, ecc.) usando gli strumenti concettuali del capitolo in cui sono inseriti; i casi di studio di fine capitolo, che presentano problemi decisionali articolati e analizzati in dettaglio, che richiedono per l’analisi e soluzione l’utilizzo di dati reali, con indicazione esplicita delle risorse su web cui accedere. Questi richiami hanno il vantaggio di collegare in modo stringente i concetti e le tecniche trattate nei capitoli ai problemi a cui si applicano, dando concretezza alla trattazione e nello stesso tempo rappresentando un elemento di grande appeal per lo studente che “sente viva” la materia che studia e contemporaneamente è guidato correttamente a selezionare le informazioni e a interpretarle criticamente, utilizzando modelli logico-concettuali appropriati. Altri manuali fanno largo uso di link a siti e basi informative disponibili via web, non sempre però orientandone l’utilizzo da parte dello studente, perché non inseriti nell’ambito di analisi di casi mirati. 3. Materiali di supporto A questi aspetti si lega l’ultimo punto di forza del volume, che riguarda natura e qualità dei materiali di corredo e supporto al manuale. Il BDM è corredato dai seguenti materiali di supporto e applicativi, cartacei e online: • problemi posti alla fine dei singoli capitoli (alcuni risolti anche mediante l’utilizzo di fogli Excel). All’interno del testo, in aggiunta, sono presenti alcuni problemi-tipo, svolti in maniera analitica, passo passo; • box di errori comuni che evidenziano errori frequenti che spesso si commettono nella pratica e che nascono dalla mancata comprensione di concetti chiave o dalla loro estensione “intuitiva”; • box che approfondiscono concetti non fondamentali per la comprensione delle tematiche esposte nel capitolo, ma che chiariscono quesiti, spesso di natura pratica, strettamente legati ai concetti illustrati, caratterizzati da una maggiore complessità oppure che mostrano gli effetti conseguenti alla rimozione delle ipotesi (se irrealistiche) alla base di alcuni modelli spiegati nel capitolo. La piattaforma digitale MyLab, oltre a consentire l’accesso all’edizione digitale del testo, contiene le soluzioni dei problemi e dei casi di studio di fine capitolo, con i fogli Excel da alcuni di essi utilizzati, che possono essere variati nei dati di input e utilizzati quindi come modelli what if. Contiene inoltre la versione interattiva di alcune figure e tabelle del testo, sempre allo scopo di favorire l’esplorazione attiva da parte dello studente, che svolge un’azione di rinforzo sulle relazioni logiche sottostanti. Sono, inoltre, previsti strumenti di auto-apprendimento, con attività formative e valutative specifiche. Molti dei materiali di corredo sono comuni ad altri manuali largamente diffusi. Un aspetto però mi sembra degno di essere evidenziato quale aspetto positivo del BDM: l’attenzione al processo di apprendimento, che si traduce nella qualità dei materiali esercitativi, che non sono quasi mai applicazioni meccaniche e banalizzanti di concetti o tecniche, richiedendo invece molto spesso, anche se in misura differenziata, rielaborazione dei concetti appresi e attenzione alle aree più problematiche dei singoli temi.

Venanzi, D. (a cura di). (2025). Finanza aziendale VI edizione. Milano : Pearson.

Finanza aziendale VI edizione

Venanzi D.
2025-01-01

Abstract

L’esperienza di adozione del manuale Berk-DeMarzo (BDM) in numerosi anni accademici, fin dal 2008, in corsi di Finanza aziendale del triennio molto affollati, in alcuni anni anche con 500 frequentanti all’anno, mi ha rafforzato nella convinzione che questo testo costituisca un ottimo manuale di finanza aziendale. La struttura 3+2 del percorso universitario in Italia post riforma ha reso più stretti i tempi dell’apprendimento per gli studenti del triennio e sta facendo prevalere una preparazione superficiale, nozionistica, meccanica, intuitiva, poco orientata ai fondamenti delle discipline e alle griglie logico-concettuali che le caratterizzano. La laurea triennale (anche perché poco o per nulla riconosciuta dal mondo del lavoro, se non per professioni molto specifiche) tende ad essere considerata un passaggio obbligato, ma inutile, alla laurea vera, quella con la elle maiuscola. Gli studenti accettano voti bassi nei diversi esami, pur di accelerare i tempi. I docenti con maggiore esperienza didattica preferiscono spostarsi nella laurea magistrale, o perché considerata di maggiore prestigio o perché consente numeri più gestibili di studenti e connessa migliore qualità della didattica, trascurando quanto sia indispensabile una formazione di base solida a livello di entrata nelle singole discipline caratterizzanti del management aziendale, perché si possa accedere con profitto a livelli successivi di specializzazione e approfondimento. La competizione tra atenei tende pericolosamente a indirizzarsi sull’offerta delle lauree di secondo livello. In questo contesto, il libro di testo di un corso triennale rappresenta uno strumento fondamentale, che svolge un ruolo di supporto importante al docente, nel suo sforzo di ribaltare la tendenza sopra citata. E deve svolgere questo ruolo in maniera autonoma, senza richiedere eccessivi interventi di calibratura, adattamento, integrazione e liaison da parte del docente. Questo manuale svolge egregiamente questo ruolo: coniuga il linguaggio di entrata della finanza d’impresa con un impianto logico− teorico solido e rigoroso e un orientamento al decision-making critico e consapevole. Il BDM è portatore di “un’idea” nuova nel panorama internazionale dei manuali di Finanza aziendale, per le seguenti tre ragioni: 1. struttura logica del volume; 2. approccio utilizzato nella trattazione dei contenuti; 3. tipologia e qualità dei materiali di corredo/supporto (cartacei e online). 1. Struttura Per quanto attiene alla struttura logica data ai contenuti, due sono le principali caratteristiche che lo differenziano in positivo rispetto ai manuali esistenti sul mercato: a) individua un principio teorico unitario semplice (la legge del prezzo unico o pricing in assenza di arbitraggio) e lo utilizza nella trattazione come filo rosso, per dipanare i diversi temi trattati. Questo rappresenta un fattore di grande utilità per lo studente, perché unifica la base teorico-concettuale di riferimento, poiché tutti gli argomenti trattati nel volume sono riconducibili ed esplicitamente ricondotti dagli autori a questa idea forte; b) la sequenza dei capitoli (anche in virtù del filo rosso di cui sopra) è chiara e non richiede salti logici. Alcuni esempi. Un capitolo introduttivo di richiamo dei contenuti del bilancio e delle tecniche di analisi finanziaria (indici e flussi) è nel manuale posto all’inizio − Capitolo 2 – in ciò innovando rispetto agli altri manuali (che invece trattavano l’argomento successivamente, insieme alle tecniche di pianificazione finanziaria) e diventando un benchmark seguito nelle loro successive edizioni. Analogamente, il capitolo sulla valutazione delle azioni è collocato dopo i metodi di valutazione degli investimenti reali e non prima, come avviene in altri manuali, partendo dall’applicazione del metodo DCF a una classica decisione di investimento di un’impresa manifatturiera e estendendolo ad altra tipologia di investimenti. Ancora, i concetti di rischio e di premio per il rischio sono introdotti fin dall’inizio (nel Capitolo 3), anche se solo a livello preliminare, prima ancora di trattare i metodi di scelta degli investimenti, evitando in tal modo una trattazione di questi metodi in una situazione irrealistica e sospesa di ipotizzata certezza. Un capitolo sul costo del capitale (aggiunto a partire dalla II edizione) riporta a sintesi e traduce in strumento decisionale quanto sviluppato nei capitoli sulla teoria del portafoglio e sul CAPM, evidenziandone le problematiche applicative. 2. Approccio Per quanto riguarda più direttamente i contenuti e il taglio utilizzato nella loro trattazione, il BDM si distingue fortemente in positivo per il mix molto equilibrato ed efficace per l’apprendimento, che gli autori sono riusciti a trovare, tra semplicità espositiva, rigore metodologico e orientamento al decision-making. L’elemento più eclatante e apparentemente paradossale è che un ingrediente importante di questo mix è la scelta di privilegiare una trattazione analitico-matematica degli argomenti più difficili della finanza d’impresa. Per esempio la parte relativa alla relazione rischio-rendimento, con tutta la strumentazione teorica relativa alla teoria del portafoglio, al CAPM e ai modelli più evoluti e recenti di pricing del rischio; oppure le tematiche relative alle interazioni tra decisioni di investimento e di finanziamento e quindi alle implicazioni, nella valutazione di investimenti e aziende, delle scelte sul lato della struttura finanziaria. Penso, ancora, per rimanere con gli esempi ai temi standard di un corso triennale (in cui trovare questo mix diventa ancora più cruciale), alla dimostrazione della validità del VAN come criterio di scelta tra investimenti, anche in presenza di diverse preferenze per la liquidità da parte degli investitori. La tendenza recente, viceversa, in ambito sia di istruzione universitaria che di formazione manageriale, è nella direzione opposta: l’ampia diffusione dei temi e del linguaggio della finanza d’impresa e l’importanza crescente che questi rivestono oggi sia in ambito universitario che di pratica aziendale, spingono verso una ipersemplificazione della trattazione, che poggia prevalentemente sull’intuito e rifiuta la formalizzazione matematica. Questa scelta spesso è inefficace sul piano dell’apprendimento. Nella mia esperienza passata di docente di un corso base di finanza aziendale (spesso affollato e costretto nei tempi) mi è capitato spesso (prima dell’adozione di questo testo) che lo studente lamentasse che il libro di testo “desse molte cose, troppe cose per scontate, non spiegandole come si dovrebbe”. L’eccesso di fiducia sull’intuito, spesso, genera una comprensione dei concetti e delle tecniche non solida e non rigorosa e che può indurre a errori e distorsioni nel trarre regole e criteri di scelta a supporto del decision-making manageriale, come l’ultima crisi finanziaria ha ampiamente dimostrato. Una spiegazione non rigorosa e non analitica di alcuni argomenti spesso non convince lo studente e non innesca quella razionalità procedurale, per dirla con Simon, necessaria a trasformarli in strumenti cognitivi e a trasportarli su problemi e contesti decisionali diversi. L’utilizzo della dimostrazione analitico-formale dei concetti più difficili, che fanno i due autori, è però sempre essenziale, non si appesantisce mai di dimostrazioni matematiche fini a se stesse, poggia su una logica stringente, si articola su livelli successivi di approfondimento (in parte contenuti nel testo e in parte in appendici di fine capitolo) e soprattutto rinvia sempre alle implicazioni che le ipotesi teoriche alla base delle dimostrazioni hanno nella realtà dei contesti aziendali e di mercato. Per dirla con Odifreddi “... unisce la leggerezza dell’intuizione al rigore della matematica ed è quindi il migliore dei mondi possibili”. Un esempio eclatante è il Capitolo 18 del volume. Il tema è di quelli difficili (capital budgeting e valutazione in presenza di debito), una delle cartine di tornasole della validità di un manuale di finanza. Questo capitolo è un capolavoro di chiarezza e rigore concettuale. Illustra chiaramente i diversi metodi per tenere conto delle scelte di indebitamento nella valutazione degli investimenti e/o dell’impresa. Spiega le ipotesi su cui ciascun metodo (e le sue diverse formulazioni) poggia e spiega a quali contesti reali le ipotesi rinviano e in che cosa si traducono sul piano decisionale. Analizza diversi casi di politiche di indebitamento e i rispettivi effetti su costo del capitale e valore. Analizza gli effetti su questi anche di altre conseguenze dell’indebitamento diverse dal vantaggio fiscale. Consente di ricongiungere i due metodi del WACC (costo medio ponderato del capitale) dopo le imposte e del VAM (valore attuale modificato), se si fanno le stesse ipotesi, mostrando − raro esempio nel panorama dei manuali presenti sul mercato − come applicare il VAM nel caso di mix debito-equity costante e il WACC nel caso di ammontare del debito costante. E tutto ciò fornendo una spiegazione rigorosamente formale, ma a livelli successivi di affinamento: si possono saltare le formule di derivazione, poste in appendice, usufruendo comunque nel testo di una dimostrazione logico-analitica assolutamente convincente. Altro ingrediente importante del mix equilibrato citato è il continuo richiamo, mai banale, a situazioni e problemi reali a cui le tecniche e i concetti si applicano. E ciò è fatto in vari modi: esempi di casi reali in apertura di ciascun capitolo; riquadri all’interno dei capitoli che contengono interviste a professionisti e operatori su “temi caldi” o sull’applicazione nella pratica degli strumenti trattati nel testo; finestre contenenti dati e materiali tratti da pubblicazioni economico-finanziarie, che focalizzano decisioni–problemi–prassi operative connessi ai temi del capitolo in cui sono inserite; box sulla finanza in periodi di crisi che spiegano aspetti, cause, effetti e rimedi della crisi del 2008–2009 (e dei fatti di attualità collegati, come per esempio i prestiti subprime, i tassi negativi sui titoli di stato, la truffa dell’hedge fund di Madoff, il default dei debiti sovrani, ecc.) usando gli strumenti concettuali del capitolo in cui sono inseriti; i casi di studio di fine capitolo, che presentano problemi decisionali articolati e analizzati in dettaglio, che richiedono per l’analisi e soluzione l’utilizzo di dati reali, con indicazione esplicita delle risorse su web cui accedere. Questi richiami hanno il vantaggio di collegare in modo stringente i concetti e le tecniche trattate nei capitoli ai problemi a cui si applicano, dando concretezza alla trattazione e nello stesso tempo rappresentando un elemento di grande appeal per lo studente che “sente viva” la materia che studia e contemporaneamente è guidato correttamente a selezionare le informazioni e a interpretarle criticamente, utilizzando modelli logico-concettuali appropriati. Altri manuali fanno largo uso di link a siti e basi informative disponibili via web, non sempre però orientandone l’utilizzo da parte dello studente, perché non inseriti nell’ambito di analisi di casi mirati. 3. Materiali di supporto A questi aspetti si lega l’ultimo punto di forza del volume, che riguarda natura e qualità dei materiali di corredo e supporto al manuale. Il BDM è corredato dai seguenti materiali di supporto e applicativi, cartacei e online: • problemi posti alla fine dei singoli capitoli (alcuni risolti anche mediante l’utilizzo di fogli Excel). All’interno del testo, in aggiunta, sono presenti alcuni problemi-tipo, svolti in maniera analitica, passo passo; • box di errori comuni che evidenziano errori frequenti che spesso si commettono nella pratica e che nascono dalla mancata comprensione di concetti chiave o dalla loro estensione “intuitiva”; • box che approfondiscono concetti non fondamentali per la comprensione delle tematiche esposte nel capitolo, ma che chiariscono quesiti, spesso di natura pratica, strettamente legati ai concetti illustrati, caratterizzati da una maggiore complessità oppure che mostrano gli effetti conseguenti alla rimozione delle ipotesi (se irrealistiche) alla base di alcuni modelli spiegati nel capitolo. La piattaforma digitale MyLab, oltre a consentire l’accesso all’edizione digitale del testo, contiene le soluzioni dei problemi e dei casi di studio di fine capitolo, con i fogli Excel da alcuni di essi utilizzati, che possono essere variati nei dati di input e utilizzati quindi come modelli what if. Contiene inoltre la versione interattiva di alcune figure e tabelle del testo, sempre allo scopo di favorire l’esplorazione attiva da parte dello studente, che svolge un’azione di rinforzo sulle relazioni logiche sottostanti. Sono, inoltre, previsti strumenti di auto-apprendimento, con attività formative e valutative specifiche. Molti dei materiali di corredo sono comuni ad altri manuali largamente diffusi. Un aspetto però mi sembra degno di essere evidenziato quale aspetto positivo del BDM: l’attenzione al processo di apprendimento, che si traduce nella qualità dei materiali esercitativi, che non sono quasi mai applicazioni meccaniche e banalizzanti di concetti o tecniche, richiedendo invece molto spesso, anche se in misura differenziata, rielaborazione dei concetti appresi e attenzione alle aree più problematiche dei singoli temi.
2025
9788891915528
Venanzi, D. (a cura di). (2025). Finanza aziendale VI edizione. Milano : Pearson.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/503317
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact