Lo studio esplora il rapporto tra l’estetica e la tecnica cinematografica di Sergej Ėjzenštejn e la sua interpretazione delle opere di James Joyce, con particolare attenzione a «Ulysses» (1922). L’indagine colma una lacuna critica, poiché i lavori esistenti si concentrano perlopiù sulla fase iniziale della riflessione teorica del regista sovietico, tralasciando il suo dialogo con Joyce negli anni successivi. Attraverso l’analisi di materiali inediti o poco considerati dalla critica, si dimostra che l’influenza joyciana su Ėjzenštejn si protrae fino alla fine della sua vita nel 1948. La ricerca evidenzia come il concetto di “discorso interiore filmato” emerga dalle letture joyciane di Ėjzenštejn e si intrecci con le sue teorie sul “cinema intellettuale”. L’influenza joyciana è riscontrabile non solo nei progetti irrealizzati, come «An American Tragedy» (1930), ma anche nelle sue teorie sul montaggio audiovisivo. L’analisi approfondisce inoltre il ruolo del cinema come strumento di traduzione intersemiotica del flusso di coscienza joyciano. Attraverso l’esame degli scritti teorici e autobiografici di Ėjzenštejn, si delineano i fondamenti di una riflessione pionieristica sul linguaggio cinematografico, influenzata anche dalle ricerche di Lev Vygotskij e Aleksandr Lurija sul pensiero e il linguaggio. L’approccio di Ėjzenštejn anticipa le teorie contemporanee sull’intermedialità, mostrando come il cinema possa superare i limiti della letteratura e rendere accessibili le strutture cognitive alla base della narrazione joyciana. Infine, la ricerca introduce, per la prima volta in italiano e in versione integrale, gli appunti di Ėjzenštejn su «Axel’s Castle» di Edmund Wilson, rivelando nuove prospettive sulla sua lettura di Joyce. Attraverso lo studio di questi documenti, conservati negli archivi russi, si ricostruisce la centralità di Joyce nel pensiero estetico del regista, sottolineando il valore del suo metodo critico e sperimentale. Il lavoro contribuisce così a ridefinire la ricezione di Joyce nel cinema sovietico e a comprendere l’evoluzione del linguaggio filmico attraverso un confronto tra due delle figure più innovative del XX secolo.
Aletto, I. (In corso di stampa). Lo sguardo della coscienza: la ricezione di Joyce nell'estetica di Ėjzenštejn. Roma : Roma TrE-Press.
Lo sguardo della coscienza: la ricezione di Joyce nell'estetica di Ėjzenštejn
Ilaria Aletto
In corso di stampa
Abstract
Lo studio esplora il rapporto tra l’estetica e la tecnica cinematografica di Sergej Ėjzenštejn e la sua interpretazione delle opere di James Joyce, con particolare attenzione a «Ulysses» (1922). L’indagine colma una lacuna critica, poiché i lavori esistenti si concentrano perlopiù sulla fase iniziale della riflessione teorica del regista sovietico, tralasciando il suo dialogo con Joyce negli anni successivi. Attraverso l’analisi di materiali inediti o poco considerati dalla critica, si dimostra che l’influenza joyciana su Ėjzenštejn si protrae fino alla fine della sua vita nel 1948. La ricerca evidenzia come il concetto di “discorso interiore filmato” emerga dalle letture joyciane di Ėjzenštejn e si intrecci con le sue teorie sul “cinema intellettuale”. L’influenza joyciana è riscontrabile non solo nei progetti irrealizzati, come «An American Tragedy» (1930), ma anche nelle sue teorie sul montaggio audiovisivo. L’analisi approfondisce inoltre il ruolo del cinema come strumento di traduzione intersemiotica del flusso di coscienza joyciano. Attraverso l’esame degli scritti teorici e autobiografici di Ėjzenštejn, si delineano i fondamenti di una riflessione pionieristica sul linguaggio cinematografico, influenzata anche dalle ricerche di Lev Vygotskij e Aleksandr Lurija sul pensiero e il linguaggio. L’approccio di Ėjzenštejn anticipa le teorie contemporanee sull’intermedialità, mostrando come il cinema possa superare i limiti della letteratura e rendere accessibili le strutture cognitive alla base della narrazione joyciana. Infine, la ricerca introduce, per la prima volta in italiano e in versione integrale, gli appunti di Ėjzenštejn su «Axel’s Castle» di Edmund Wilson, rivelando nuove prospettive sulla sua lettura di Joyce. Attraverso lo studio di questi documenti, conservati negli archivi russi, si ricostruisce la centralità di Joyce nel pensiero estetico del regista, sottolineando il valore del suo metodo critico e sperimentale. Il lavoro contribuisce così a ridefinire la ricezione di Joyce nel cinema sovietico e a comprendere l’evoluzione del linguaggio filmico attraverso un confronto tra due delle figure più innovative del XX secolo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.