Dagli studi di Maurice Halbwachs (1968; 1976) in poi, abbiamo imparato che il passato, lungi dall’essere qualcosa di granitico che si erge là fuori, dato una volta per sempre ed immutabile nella sua forma e nei suoi contenuti, può essere considerato alla stregua di un work-in-progress, un costrutto linguistico-discorsivo, modellabile e rimodellabile all’infinito sulla base degli interessi del presente, a seconda dei dispositivi di significazione che via via vengono attivati proprio in riferimento a quel ‘pezzo’ particolare di passato. Questa malleabilità e fragilità del passato - che è stata messa a tema soprattutto da studiosi successivi come Schwartz (1982), Connerton (1989), Alexander et al. (2004), Wagner-Pacifici (2010) - diventa tanto più cogente quanto più il passato in questione è prossimo e controverso (Tota e Hagen, 2016) e sottratto alla solida interpretazione dell’analisi storica. In questi casi, il farsi (e il disfarsi) delle memorie diviene incessante. Questa friabilità, connessa ai contenuti e alle forme del passato, richiede pertanto precise strategie di cura e di intervento sia da parte della società civile, sia da parte delle istituzioni. Detto altrimenti, quando i passati sono altamente controversi, quando i percorsi della giustizia durano decenni perché intervengono depistaggi e insabbiamenti, occorre una mobilitazione, un intervento attivo delle istituzioni e della società civile tale da sottrarre le vittime innocenti ai rischi di una generalizzata amnesia culturale e all’invisibilità pubblica che da quest’ultima inevitabilmente deriva. Le memorie senza dimora (le homeless memories) sono molto perniciose in quanto costituiscono vere e proprie minacce per il tessuto democratico di una nazione. La questione fondamentale risiede nella banale, ma fondamentale constatazione che per ‘fare memoria’ (il memory work degli anglosassoni), per trasformare cioè eventi e/o spazi di violenza in luoghi e occasioni di memoria, occorre che si verifichi come condizione non sufficiente, ma assolutamente necessaria la cessazione delle violenze (Wagner-Pacifici, 2016). In molti casi, tuttavia, è cessato soltanto puntualmente l’atto specifico di violenza, ma non la matrice dalla quale atti simili possono continuare a generarsi. In queste circostanze le narrazioni pubbliche dei passati difficili, come quelli relativi agli omicidi di mafie devono essere preservate. Roma Tre contro le mafie è un progetto volta sia a contrastare i processi di amnesia culturale e oblio che investono proprie le memorie delle vittime innocenti delle mafie, sia a contribuire alla diffusione di una cultura della legalità.

Tota, A.L. (2024). Il lavoro della memoria: se l'università decide di ricordare. In Luigi CiottI, Massimiliano Fiorucci (a cura di), Educarci alla legalità. Roma Tre contro le mafie (pp. 37-48). Roma : Roma Tre Press [10.13134/979-12-5977-444-6].

Il lavoro della memoria: se l'università decide di ricordare

Anna Lisa Tota
2024-01-01

Abstract

Dagli studi di Maurice Halbwachs (1968; 1976) in poi, abbiamo imparato che il passato, lungi dall’essere qualcosa di granitico che si erge là fuori, dato una volta per sempre ed immutabile nella sua forma e nei suoi contenuti, può essere considerato alla stregua di un work-in-progress, un costrutto linguistico-discorsivo, modellabile e rimodellabile all’infinito sulla base degli interessi del presente, a seconda dei dispositivi di significazione che via via vengono attivati proprio in riferimento a quel ‘pezzo’ particolare di passato. Questa malleabilità e fragilità del passato - che è stata messa a tema soprattutto da studiosi successivi come Schwartz (1982), Connerton (1989), Alexander et al. (2004), Wagner-Pacifici (2010) - diventa tanto più cogente quanto più il passato in questione è prossimo e controverso (Tota e Hagen, 2016) e sottratto alla solida interpretazione dell’analisi storica. In questi casi, il farsi (e il disfarsi) delle memorie diviene incessante. Questa friabilità, connessa ai contenuti e alle forme del passato, richiede pertanto precise strategie di cura e di intervento sia da parte della società civile, sia da parte delle istituzioni. Detto altrimenti, quando i passati sono altamente controversi, quando i percorsi della giustizia durano decenni perché intervengono depistaggi e insabbiamenti, occorre una mobilitazione, un intervento attivo delle istituzioni e della società civile tale da sottrarre le vittime innocenti ai rischi di una generalizzata amnesia culturale e all’invisibilità pubblica che da quest’ultima inevitabilmente deriva. Le memorie senza dimora (le homeless memories) sono molto perniciose in quanto costituiscono vere e proprie minacce per il tessuto democratico di una nazione. La questione fondamentale risiede nella banale, ma fondamentale constatazione che per ‘fare memoria’ (il memory work degli anglosassoni), per trasformare cioè eventi e/o spazi di violenza in luoghi e occasioni di memoria, occorre che si verifichi come condizione non sufficiente, ma assolutamente necessaria la cessazione delle violenze (Wagner-Pacifici, 2016). In molti casi, tuttavia, è cessato soltanto puntualmente l’atto specifico di violenza, ma non la matrice dalla quale atti simili possono continuare a generarsi. In queste circostanze le narrazioni pubbliche dei passati difficili, come quelli relativi agli omicidi di mafie devono essere preservate. Roma Tre contro le mafie è un progetto volta sia a contrastare i processi di amnesia culturale e oblio che investono proprie le memorie delle vittime innocenti delle mafie, sia a contribuire alla diffusione di una cultura della legalità.
2024
979-12-5977-444-6
Tota, A.L. (2024). Il lavoro della memoria: se l'università decide di ricordare. In Luigi CiottI, Massimiliano Fiorucci (a cura di), Educarci alla legalità. Roma Tre contro le mafie (pp. 37-48). Roma : Roma Tre Press [10.13134/979-12-5977-444-6].
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/507457
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact