L’avvento della fonostilistica e della psicofonetica, sul finire del Novecento, segna un’inversione di rotta rispetto al modo di procedere non solo della tradizione filosofica occidentale che ha trattato la parola come strumento funzionale alla comunicazione, ma anche della metafisica e della linguistica moderna che hanno raccontato del segno spersonalizzato di un parlante senza storia o esperienza. Le nuove scienze del soggetto, inteso come corpo unico e singolare, e del suo idioletto esclusivo sfidano il registro razionale su cui si edifica il linguaggio e riabilitano quello della carne che lo produce. Nei loro studi sulla variazione individuale, Iván Fónagy e Pierre Léon asseriscono che l’informazione linguistica di cui la voce – conversazione orale o testo scritto – si fa portatrice risulta inscindibile da un’informazione gestuale, involontaria, indicativa della natura segreta dell’emittente, proprio quella ch’egli ha represso per conformarsi alle convenzioni sociali. In questo contesto, una distorsione del fonema diviene un sovrappiù di significato: qui risiede la vera intenzione comunicativa taciuta nonché lo sfondo psicologico inconscio, profondamente corporeo e pulsionale, che sottende il dire. Così, antichi atti o rappresentazioni, schemi o esperienze rimossi e tuttavia cristallizzati nella resistenza muscolare del locutore sono mimati dalla sua glottide senza ch’egli ne sia a conoscenza, trasformati in una performance assieme vocale e gestuale. Il presente studio, articolato in tre fasi ognuna delle quali sostenuta da un quaderno di illustrazioni, si fonda su un’ipotesi centrale: se la voce restituisce immagini di corporeità, immagini fondate sulla corporeità come quelle di fumetto, ovvero l’arte di narrare col gesto, possono restituire voce. L’indagine trova il suo punto di partenza nel fumetto franco-belga d’autore, fattosi “adulto” negli anni ’70 quando, come il romanzo, si dota di un intrigo complesso e di una voce utile a narrarlo; individua poi nell’adattamento in fumetto il banco di prova ideale, giacché la ri-mediazione non solo comporta una ri-sostanzializzazione del discorso, ma anche e soprattutto una ri-vocalizzazione da parte di un’istanza diversa da quella che l’ha creato, la quale lo ri-organizza secondo meccanismi psichici e animici e ritmi vitali a lei più propri, senza comunque cancellare quelli preesistenti. D’altronde, cos’è adattare se non raccontare una voce con un’altra voce? Nel nostro caso, il discorso ri-vocalizzato è quello letterario, mentre la voce raccontata è quella di Marcel Proust. Questo perché la sua Recherche, diario di un vissuto reale più che simulato, è la storia di un io che si costruisce e si ritrova, assieme al tempo che aveva perduto, attraverso la voc-azione scrittoriale come pure il trionfo di ogni soggettività e del suo codice espressivo. La soggettività narrante è invece Stéphane Heuet, nella cui riscrittura apertamente fedele della Recherche si fa veicolo del cosiddetto “tono Proust” senza comunque ridursi al silenzio. Il risultato è una stereofonia in cui due sequenze acustiche distinte, due voci uniche, si manifestano all’interno di un dato spazio, il fumetto, nella concretezza del loro suono, i loro corpi singolari.
Masi, S. (2025). Per un'indagine fonostilistica della voce nella bande dessinée. Da Marcel Proust a Stéphane Heuet..
Per un'indagine fonostilistica della voce nella bande dessinée. Da Marcel Proust a Stéphane Heuet.
Silvia Masi
2025-04-28
Abstract
L’avvento della fonostilistica e della psicofonetica, sul finire del Novecento, segna un’inversione di rotta rispetto al modo di procedere non solo della tradizione filosofica occidentale che ha trattato la parola come strumento funzionale alla comunicazione, ma anche della metafisica e della linguistica moderna che hanno raccontato del segno spersonalizzato di un parlante senza storia o esperienza. Le nuove scienze del soggetto, inteso come corpo unico e singolare, e del suo idioletto esclusivo sfidano il registro razionale su cui si edifica il linguaggio e riabilitano quello della carne che lo produce. Nei loro studi sulla variazione individuale, Iván Fónagy e Pierre Léon asseriscono che l’informazione linguistica di cui la voce – conversazione orale o testo scritto – si fa portatrice risulta inscindibile da un’informazione gestuale, involontaria, indicativa della natura segreta dell’emittente, proprio quella ch’egli ha represso per conformarsi alle convenzioni sociali. In questo contesto, una distorsione del fonema diviene un sovrappiù di significato: qui risiede la vera intenzione comunicativa taciuta nonché lo sfondo psicologico inconscio, profondamente corporeo e pulsionale, che sottende il dire. Così, antichi atti o rappresentazioni, schemi o esperienze rimossi e tuttavia cristallizzati nella resistenza muscolare del locutore sono mimati dalla sua glottide senza ch’egli ne sia a conoscenza, trasformati in una performance assieme vocale e gestuale. Il presente studio, articolato in tre fasi ognuna delle quali sostenuta da un quaderno di illustrazioni, si fonda su un’ipotesi centrale: se la voce restituisce immagini di corporeità, immagini fondate sulla corporeità come quelle di fumetto, ovvero l’arte di narrare col gesto, possono restituire voce. L’indagine trova il suo punto di partenza nel fumetto franco-belga d’autore, fattosi “adulto” negli anni ’70 quando, come il romanzo, si dota di un intrigo complesso e di una voce utile a narrarlo; individua poi nell’adattamento in fumetto il banco di prova ideale, giacché la ri-mediazione non solo comporta una ri-sostanzializzazione del discorso, ma anche e soprattutto una ri-vocalizzazione da parte di un’istanza diversa da quella che l’ha creato, la quale lo ri-organizza secondo meccanismi psichici e animici e ritmi vitali a lei più propri, senza comunque cancellare quelli preesistenti. D’altronde, cos’è adattare se non raccontare una voce con un’altra voce? Nel nostro caso, il discorso ri-vocalizzato è quello letterario, mentre la voce raccontata è quella di Marcel Proust. Questo perché la sua Recherche, diario di un vissuto reale più che simulato, è la storia di un io che si costruisce e si ritrova, assieme al tempo che aveva perduto, attraverso la voc-azione scrittoriale come pure il trionfo di ogni soggettività e del suo codice espressivo. La soggettività narrante è invece Stéphane Heuet, nella cui riscrittura apertamente fedele della Recherche si fa veicolo del cosiddetto “tono Proust” senza comunque ridursi al silenzio. Il risultato è una stereofonia in cui due sequenze acustiche distinte, due voci uniche, si manifestano all’interno di un dato spazio, il fumetto, nella concretezza del loro suono, i loro corpi singolari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


