La «Complessità» non va confusa con la complicazione o con qualcosa di difficile soluzione. Parola spesso travisata o svuotata di significato, nella riflessione di Edgar Morin ha acquisito una pregnanza epistemologica di cui ancora non si comprende il significato profondo e rivoluzionario sul piano ontologico, logico, epistemologico ed etico-formativo. Questo studio teorico-epistemologico ha voluto accogliere l’invito di ripensare criticamente il paradigma della scienza classica che avrebbe determinato, per lungo tempo, un pensiero semplificatore e un sapere estraneo a ogni complesso, a ogni contesto, alimentando un’intelligenza soprattutto efficiente, attratta dal quantificabile, capace soprattutto di isolare gli oggetti sottoposti a sperimentazione, per selezionarli, ordinarli, manipolarli e misurarli. Un modello che ha purtroppo eliminato tutto ciò che non fosse riconducibile all’ordine, alle leggi generali, alle unità elementari, nascondendo sia il disordine nel mondo che il problema dell’organizzazione. All’interno di questo modello conoscitivo è stato impossibile concepire l’unità del molteplice e la molteplicità dell’uno, perché o si ignorava la diversità per l’unificazione, o si ignorava l’unità a vantaggio di classificazioni, tipologie, cataloghi. Le scienze, nei loro percorsi storici, sono state sempre divise fra due ossessioni: quella dell’unità e quella della varietà, e il loro antagonismo, produttivo nello sviluppare ad un tempo la diversificazione e l’unificazione del sapere, non hanno portato però alla concezione dell’unitas multiplex, ben rappresentato invece dal paradigma del «pensiero sistemico», emerso negli anni trenta del XX secolo. Questo nuovo paradigma ha provocato slittamenti epistemologici così importanti da sollecitare, in maniera profonda, attenzione e cura da parte delle Scienze dell’Educazione, della Scuola e di tutti quei contesti dediti alla formazione delle nuove generazioni. Grazie al pensiero sistemico si è passati da una scienza «obiettiva», ritenuta capace di garantire una corrispondenza precisa fra le descrizioni e i fenomeni descritti, a una «epistemica», non più in grado di garantire questa corrispondenza e aperta a nuove razionalità, con regole diverse. In realtà l’unica conoscenza che abbia oggi valore si alimenta di incertezza e il solo pensiero valido può oggi mantenersi alla temperatura della propria distruzione. Lo spostamento di prospettiva dagli «oggetti» alle «reti» ha comportato il passaggio dal loro peso e dalla loro misurazione alla mappatura delle loro relazioni: in sostanza un movimento dalla quantità alla qualità. Nell’ambito dunque di un «pensare multiplo», riflessione condotta prima su di un piano storico, poi, nel tentativo di intrecciare contributi di studiosi intenzionalmente di diversa formazione, i cui «discorsi» permettessero interazioni, rimandi, incontri e «differenti confluenze» verso una reale comprensione prismatica della Complessità nella sua profonda natura tran-scientifica, si è sviluppata l’intenzione di andare alla ricerca di visioni, modelli, metodologie e strumenti, all’interno di una «cognizione incarnata», in grado di sostenere quelle nuove sfide educative, segnate dall’erranza, dalla liquidità dei processi socio-economici e da una percezione della prevedibilità scientifica che, soprattutto a lungo termine, oggi si mostra, grazie al cambio di paradigma, costantemente accompagnata dalla «deviante», stocastica, vitale e creativa presenza dell’inatteso. Uno sguardo «indisciplinato» e capace di tessere costantemente nuove alleanze, di cui prendersi cura, per immaginare educazione e formazione capaci di affrontare le incertezze come sempre nuove opportunità.
Nunnari, P. (2025). Stare dentro la complessità liquida. Percorsi trasversali verso l'apprendimento terziario e nuove sfide educative.
Stare dentro la complessità liquida. Percorsi trasversali verso l'apprendimento terziario e nuove sfide educative
Patrizia Nunnari
2025-04-09
Abstract
La «Complessità» non va confusa con la complicazione o con qualcosa di difficile soluzione. Parola spesso travisata o svuotata di significato, nella riflessione di Edgar Morin ha acquisito una pregnanza epistemologica di cui ancora non si comprende il significato profondo e rivoluzionario sul piano ontologico, logico, epistemologico ed etico-formativo. Questo studio teorico-epistemologico ha voluto accogliere l’invito di ripensare criticamente il paradigma della scienza classica che avrebbe determinato, per lungo tempo, un pensiero semplificatore e un sapere estraneo a ogni complesso, a ogni contesto, alimentando un’intelligenza soprattutto efficiente, attratta dal quantificabile, capace soprattutto di isolare gli oggetti sottoposti a sperimentazione, per selezionarli, ordinarli, manipolarli e misurarli. Un modello che ha purtroppo eliminato tutto ciò che non fosse riconducibile all’ordine, alle leggi generali, alle unità elementari, nascondendo sia il disordine nel mondo che il problema dell’organizzazione. All’interno di questo modello conoscitivo è stato impossibile concepire l’unità del molteplice e la molteplicità dell’uno, perché o si ignorava la diversità per l’unificazione, o si ignorava l’unità a vantaggio di classificazioni, tipologie, cataloghi. Le scienze, nei loro percorsi storici, sono state sempre divise fra due ossessioni: quella dell’unità e quella della varietà, e il loro antagonismo, produttivo nello sviluppare ad un tempo la diversificazione e l’unificazione del sapere, non hanno portato però alla concezione dell’unitas multiplex, ben rappresentato invece dal paradigma del «pensiero sistemico», emerso negli anni trenta del XX secolo. Questo nuovo paradigma ha provocato slittamenti epistemologici così importanti da sollecitare, in maniera profonda, attenzione e cura da parte delle Scienze dell’Educazione, della Scuola e di tutti quei contesti dediti alla formazione delle nuove generazioni. Grazie al pensiero sistemico si è passati da una scienza «obiettiva», ritenuta capace di garantire una corrispondenza precisa fra le descrizioni e i fenomeni descritti, a una «epistemica», non più in grado di garantire questa corrispondenza e aperta a nuove razionalità, con regole diverse. In realtà l’unica conoscenza che abbia oggi valore si alimenta di incertezza e il solo pensiero valido può oggi mantenersi alla temperatura della propria distruzione. Lo spostamento di prospettiva dagli «oggetti» alle «reti» ha comportato il passaggio dal loro peso e dalla loro misurazione alla mappatura delle loro relazioni: in sostanza un movimento dalla quantità alla qualità. Nell’ambito dunque di un «pensare multiplo», riflessione condotta prima su di un piano storico, poi, nel tentativo di intrecciare contributi di studiosi intenzionalmente di diversa formazione, i cui «discorsi» permettessero interazioni, rimandi, incontri e «differenti confluenze» verso una reale comprensione prismatica della Complessità nella sua profonda natura tran-scientifica, si è sviluppata l’intenzione di andare alla ricerca di visioni, modelli, metodologie e strumenti, all’interno di una «cognizione incarnata», in grado di sostenere quelle nuove sfide educative, segnate dall’erranza, dalla liquidità dei processi socio-economici e da una percezione della prevedibilità scientifica che, soprattutto a lungo termine, oggi si mostra, grazie al cambio di paradigma, costantemente accompagnata dalla «deviante», stocastica, vitale e creativa presenza dell’inatteso. Uno sguardo «indisciplinato» e capace di tessere costantemente nuove alleanze, di cui prendersi cura, per immaginare educazione e formazione capaci di affrontare le incertezze come sempre nuove opportunità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


