Il titolo di questo capitolo é uno di quei giochi di parole che non possono essere tradotti. In inglese “glam” é un’abbreviazione colloquiale o gergale di “glamorous”, che significa “affascinante”, “elegante” o anche “seducente”. Però nel contesto attuale é anche un acronimo per un settore, il settore di “galleries, libraries, archives and museums” – cioé “gallerie, biblioteche, archivi e musei”. Visto che non é facile trovare un acronimo adatto in italiano, restiamo con quello di GLAM – non solo perché questo settore é affascinante, elegante e seducente, ma anche perché i problemi del settore sono in grande parte traducibili, sopratutto in relazione all'utilizzo della proprietà intellettuale per gestire l'accesso alle collezioni. La pressione per l’uso del concetto delle proprietà privata nella forma della proprietà intellectuale in questo settore viene da tante fonti. In parte è una conseguenza della pressione economica in costante aumento sul settore. Privi dei fondi pubblici, le instituzioni GLAM vedono i diritti di proprietà intellettuale come un modo per estrarre valore economico dal loro patrimonio. Però è anche seducente per il settore GLAM per altri motivi. Tra i quali c’è il fatto che la proprietà intellettuale offre la possibilità di controllare l’uso dei materiali conservati nelle istituzioni GLAM. Con questo tipo di controllo le istituzioni sperano di affrontare meglio le sfide della digitalizzazione – sia quelle della digitalizzazione degli oggetti materiali del patrimonio culturale, sia quelle degli oggetti del patrimonio culturale “nati” in forma digitale. E poi c’è la questione dell’uso dell’intelligenza artificale, rispetto alla quale il settore non è ben preparato e rispetto alla quale la proprietà intellettuale sembra offrire possibili soluzioni. Il capitolo considera cinque punti concettuali pertinenti alla questione del ruolo della proprietà intellettuale in questo contesto. Questi punti sono: primo, la differenza tra gli artefatti materiali e le rappresentazioni digitali di tali artefatti archivati nella banca dati dell’istituzione; in secondo luogo, la differenza tra i materiali analogici e le cose nate digitali; in terzo luogo, il ruolo dell’intelligenza artificiale nella produzione culturale; in quarto luogo, l’impatto della normativa europea sulla diritto d’autore sulla gestione dei dati digitali; e poi in quinto luogo, la posizione post-coloniale degli istituzioni GLAM.
Macmillan, F. (2025). La proprietà intellettuale come un modello “glam”?. In L.R. Letizia Cortini (a cura di), Quarant’anni e oltre. Storie e prospettive di un archivio audiovisivo (pp. 231-243). Arcidosso : Effigi Edizioni.
La proprietà intellettuale come un modello “glam”?
Fiona MacmillanWriting – Original Draft Preparation
2025-01-01
Abstract
Il titolo di questo capitolo é uno di quei giochi di parole che non possono essere tradotti. In inglese “glam” é un’abbreviazione colloquiale o gergale di “glamorous”, che significa “affascinante”, “elegante” o anche “seducente”. Però nel contesto attuale é anche un acronimo per un settore, il settore di “galleries, libraries, archives and museums” – cioé “gallerie, biblioteche, archivi e musei”. Visto che non é facile trovare un acronimo adatto in italiano, restiamo con quello di GLAM – non solo perché questo settore é affascinante, elegante e seducente, ma anche perché i problemi del settore sono in grande parte traducibili, sopratutto in relazione all'utilizzo della proprietà intellettuale per gestire l'accesso alle collezioni. La pressione per l’uso del concetto delle proprietà privata nella forma della proprietà intellectuale in questo settore viene da tante fonti. In parte è una conseguenza della pressione economica in costante aumento sul settore. Privi dei fondi pubblici, le instituzioni GLAM vedono i diritti di proprietà intellettuale come un modo per estrarre valore economico dal loro patrimonio. Però è anche seducente per il settore GLAM per altri motivi. Tra i quali c’è il fatto che la proprietà intellettuale offre la possibilità di controllare l’uso dei materiali conservati nelle istituzioni GLAM. Con questo tipo di controllo le istituzioni sperano di affrontare meglio le sfide della digitalizzazione – sia quelle della digitalizzazione degli oggetti materiali del patrimonio culturale, sia quelle degli oggetti del patrimonio culturale “nati” in forma digitale. E poi c’è la questione dell’uso dell’intelligenza artificale, rispetto alla quale il settore non è ben preparato e rispetto alla quale la proprietà intellettuale sembra offrire possibili soluzioni. Il capitolo considera cinque punti concettuali pertinenti alla questione del ruolo della proprietà intellettuale in questo contesto. Questi punti sono: primo, la differenza tra gli artefatti materiali e le rappresentazioni digitali di tali artefatti archivati nella banca dati dell’istituzione; in secondo luogo, la differenza tra i materiali analogici e le cose nate digitali; in terzo luogo, il ruolo dell’intelligenza artificiale nella produzione culturale; in quarto luogo, l’impatto della normativa europea sulla diritto d’autore sulla gestione dei dati digitali; e poi in quinto luogo, la posizione post-coloniale degli istituzioni GLAM.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


