L'articolo evidenzia i fraintendimenti del testo ciceroniano presenti nel De verbis Romanae locutionis di Flavio Biondo (1435), che pure aveva trascritto il Brutus, qualche anno prima, con fedeltà scrupolosa. Rileggendo lo scritto ciceroniano alla luce del contesto politico-culturale del proprio tempo l’umanista forlivese colloca l’ “età felice” del latino in un tempo ideale che non è più quello di Lelio e Scipione, ma quello di Cesare e Cicerone, presentati nel Brutus come modelli – di purezza linguistica e di perfezione oratoria, rispettivamente – ormai unici in un tempo in cui però l’archetipo ideale già si stava alterando. Biondo però sposta nella generazione precedente il parziale inquinamento della lingua causato dalla presenza di forestieri a Roma, individuando invece in Cesare il perfetto esempio di integrità linguistica – fondamento dell’eloquenza – prima che di cultura letteraria. D’altra parte il dibattito su Cesare è fortemente condizionato, nell’Italia del Quattrocento, dalle tensioni fra ideali repubblicani e avanzata delle Signorie, mentre gli inizi dell’imbarbarimento del latino sono individuati non nell’età arcaica, come era stato affermato nel Brutus, ma nell’inizio del Principato, causa remota di una decadenza che avrebbe portato alla fondazione di Costantinopoli e poi all’invasione gotica. La storia antica è così sempre riletta, in età umanistica, alla luce dei problemi politici del proprio tempo, e a tale tentazione l’entusiasmo filologico non oppone resistenza.

Malaspina, E. (2013). L'età felice del latino. Una lettura umanistica di Cicerone, Brutus 258. PHILOLOGIA ANTIQUA, 6, 93-102.

L'età felice del latino. Una lettura umanistica di Cicerone, Brutus 258

MALASPINA, Elena
2013-01-01

Abstract

L'articolo evidenzia i fraintendimenti del testo ciceroniano presenti nel De verbis Romanae locutionis di Flavio Biondo (1435), che pure aveva trascritto il Brutus, qualche anno prima, con fedeltà scrupolosa. Rileggendo lo scritto ciceroniano alla luce del contesto politico-culturale del proprio tempo l’umanista forlivese colloca l’ “età felice” del latino in un tempo ideale che non è più quello di Lelio e Scipione, ma quello di Cesare e Cicerone, presentati nel Brutus come modelli – di purezza linguistica e di perfezione oratoria, rispettivamente – ormai unici in un tempo in cui però l’archetipo ideale già si stava alterando. Biondo però sposta nella generazione precedente il parziale inquinamento della lingua causato dalla presenza di forestieri a Roma, individuando invece in Cesare il perfetto esempio di integrità linguistica – fondamento dell’eloquenza – prima che di cultura letteraria. D’altra parte il dibattito su Cesare è fortemente condizionato, nell’Italia del Quattrocento, dalle tensioni fra ideali repubblicani e avanzata delle Signorie, mentre gli inizi dell’imbarbarimento del latino sono individuati non nell’età arcaica, come era stato affermato nel Brutus, ma nell’inizio del Principato, causa remota di una decadenza che avrebbe portato alla fondazione di Costantinopoli e poi all’invasione gotica. La storia antica è così sempre riletta, in età umanistica, alla luce dei problemi politici del proprio tempo, e a tale tentazione l’entusiasmo filologico non oppone resistenza.
2013
Malaspina, E. (2013). L'età felice del latino. Una lettura umanistica di Cicerone, Brutus 258. PHILOLOGIA ANTIQUA, 6, 93-102.
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