I depositi travertinosi sono una diretta conseguenza delle manifestazioni sorgive e rappresentano il litotipo che meglio esprime la velocità e la capacità che le acque sorgive hanno nel generare roccia in un indissolubile rapporto tra risorsa idrica e risorsa lapidea. Si individuano varie facies di travertino in relazione alla idrodinamica dei flussi che li generano, alle caratteristiche chimico-fisiche delle acque, ai contesti idrogeologici in cui si depositano e alle condizioni climatiche. Essi normalmente si presentano stratificati con intercalazioni frequenti di altri litotipi prodotti da processi fluviali, lacustri e vulcanici. I complessi travertinosi costituiscono degli acquiferi caratterizzati da elevata permeabilità sia primaria (per porosità), che secondaria (per fratturazione e carsismo). Quando le emergenze che li hanno generati si esauriscono, essi divengono una testimonianza di quello che era stato un fenomeno di emergenza, che potremmo chiamare paleosorgente. In queste condizioni, i depositi di travertino, anche se non sono più ricaricati dai flussi idrici sotterranei che li generarono, seguitano ad essere degli acquiferi normalmente ricaricati da precipitazioni. Relativamente alla Regione Lazio questi depositi, pur avendo una limitata estensione, presentano una grande diffusione; in relazione allo spessore, i banchi di travertino possono costituire corpi potenti fino ad un centinaio di metri. In generale, considerandoli come acquiferi essi sono caratterizzati da permeabilità medio-alta ed ospitano sia falde “libere” che “confinate”. Nel Lazio gli ambienti di formazione sono connessi sia a circuiti geotermici che carsici, ma molti bacini di formazione non sono più attivi, nel senso che non vi si formano depositi attuali (Fiano-Soratte, Cisterna, Sora ecc.). In molti bacini, invece, se pure in maniera ridotta rispetto ad un passato più o meno recente, si osservano ancora fenomeni di travertinizzazione a ridosso delle emergenze e nelle depressioni lacustri o in quelle canalizzate (Acque Albule, bacino di Viterbo, Piana di Cotilia, Piana di Cassino, Piana di Sora-Fibreno). Nei decenni passati gli acquiferi in travertino sono stati studiati con i metodi della idrogeologia quantitativa prevalentemente da enti di gestione della acque e del territorio ACEA, Cassa per il Mezzogiorno) e secondariamente da laboratori di ricerca. In questa nota viene presentato un quadro generale relativo alla presenza di acquiferi in travertino nella Regione, unitamente ad alcuni casi di studio che costituiscono degli approfondimenti, sia in relazione agli schemi geologici, sia in relazione alle metodologie utilizzate. I case history appartengono sia ad ambienti di formazione termali (Fiora-Monte Fumaiolo; alto strutturale di Monte Razzano; Acque Albule; Cisterna), che carsici (Cotilia-Peschiera, Tufano-Anagni). I livelli tematici che supportano questi studi sono relativi a: assetto geologico strutturale, geomorfologia, geofisica, assetto idrogeologico e caratterizzazione geochimica. Il bacino delle Acque Albule è il più famoso tra quelli considerati e costituisce un grande laboratorio scientifico a cielo aperto. In relazione a ciò viene maggiormente sviluppata l’analisi di questo singolare contesto geologico che nell’ultimo decennio è stato oggetto di studi approfonditi finanziati e favoriti dagli imprenditori del travertino e più specificamente dal Centro di Valorizzazione del Travertino Romano. Nel bacino di Tivoli sono ubicate emergenze idriche termali a bassa entalpia che complessivamente sviluppano una portata di circa 5000 l/s. La ricarica di queste sorgenti si genera nei Monti Sabini meridionali (Lucretili, Tiburtini, Predestini) e si trasmette alle sorgenti attraverso un potente fenomeno di sifonamento al di sotto di complessi neogenici prevalentemente coesivi tettonizzati. Gli usi attuali di queste acque sono molto diversificati e comprendono tutte le tipologie: potabile, termale, agricolo, industriale e domestico. Il Laboratorio di Idrogeologia quantitativa di Roma Tre da circa dieci anni sta conducendo studi quantitativi sul bacino di ricarica e sul complesso acquifero dei travertini realizzando campagne di rilevamento idrogeologico, monitoraggio della falda dei travertini e modelli numerici per la simulazione del comportamento degli acquiferi.

DI SALVO, C., Mazza, R., Capelli, G. (2013). Gli acquiferi in travertino del Lazio: schemi idrogeologici e caratteristiche chimico-fisiche. RENDICONTI ONLINE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA, 27, 54-76 [10.3301/ROL.2013.20].

Gli acquiferi in travertino del Lazio: schemi idrogeologici e caratteristiche chimico-fisiche

MAZZA, Roberto;
2013-01-01

Abstract

I depositi travertinosi sono una diretta conseguenza delle manifestazioni sorgive e rappresentano il litotipo che meglio esprime la velocità e la capacità che le acque sorgive hanno nel generare roccia in un indissolubile rapporto tra risorsa idrica e risorsa lapidea. Si individuano varie facies di travertino in relazione alla idrodinamica dei flussi che li generano, alle caratteristiche chimico-fisiche delle acque, ai contesti idrogeologici in cui si depositano e alle condizioni climatiche. Essi normalmente si presentano stratificati con intercalazioni frequenti di altri litotipi prodotti da processi fluviali, lacustri e vulcanici. I complessi travertinosi costituiscono degli acquiferi caratterizzati da elevata permeabilità sia primaria (per porosità), che secondaria (per fratturazione e carsismo). Quando le emergenze che li hanno generati si esauriscono, essi divengono una testimonianza di quello che era stato un fenomeno di emergenza, che potremmo chiamare paleosorgente. In queste condizioni, i depositi di travertino, anche se non sono più ricaricati dai flussi idrici sotterranei che li generarono, seguitano ad essere degli acquiferi normalmente ricaricati da precipitazioni. Relativamente alla Regione Lazio questi depositi, pur avendo una limitata estensione, presentano una grande diffusione; in relazione allo spessore, i banchi di travertino possono costituire corpi potenti fino ad un centinaio di metri. In generale, considerandoli come acquiferi essi sono caratterizzati da permeabilità medio-alta ed ospitano sia falde “libere” che “confinate”. Nel Lazio gli ambienti di formazione sono connessi sia a circuiti geotermici che carsici, ma molti bacini di formazione non sono più attivi, nel senso che non vi si formano depositi attuali (Fiano-Soratte, Cisterna, Sora ecc.). In molti bacini, invece, se pure in maniera ridotta rispetto ad un passato più o meno recente, si osservano ancora fenomeni di travertinizzazione a ridosso delle emergenze e nelle depressioni lacustri o in quelle canalizzate (Acque Albule, bacino di Viterbo, Piana di Cotilia, Piana di Cassino, Piana di Sora-Fibreno). Nei decenni passati gli acquiferi in travertino sono stati studiati con i metodi della idrogeologia quantitativa prevalentemente da enti di gestione della acque e del territorio ACEA, Cassa per il Mezzogiorno) e secondariamente da laboratori di ricerca. In questa nota viene presentato un quadro generale relativo alla presenza di acquiferi in travertino nella Regione, unitamente ad alcuni casi di studio che costituiscono degli approfondimenti, sia in relazione agli schemi geologici, sia in relazione alle metodologie utilizzate. I case history appartengono sia ad ambienti di formazione termali (Fiora-Monte Fumaiolo; alto strutturale di Monte Razzano; Acque Albule; Cisterna), che carsici (Cotilia-Peschiera, Tufano-Anagni). I livelli tematici che supportano questi studi sono relativi a: assetto geologico strutturale, geomorfologia, geofisica, assetto idrogeologico e caratterizzazione geochimica. Il bacino delle Acque Albule è il più famoso tra quelli considerati e costituisce un grande laboratorio scientifico a cielo aperto. In relazione a ciò viene maggiormente sviluppata l’analisi di questo singolare contesto geologico che nell’ultimo decennio è stato oggetto di studi approfonditi finanziati e favoriti dagli imprenditori del travertino e più specificamente dal Centro di Valorizzazione del Travertino Romano. Nel bacino di Tivoli sono ubicate emergenze idriche termali a bassa entalpia che complessivamente sviluppano una portata di circa 5000 l/s. La ricarica di queste sorgenti si genera nei Monti Sabini meridionali (Lucretili, Tiburtini, Predestini) e si trasmette alle sorgenti attraverso un potente fenomeno di sifonamento al di sotto di complessi neogenici prevalentemente coesivi tettonizzati. Gli usi attuali di queste acque sono molto diversificati e comprendono tutte le tipologie: potabile, termale, agricolo, industriale e domestico. Il Laboratorio di Idrogeologia quantitativa di Roma Tre da circa dieci anni sta conducendo studi quantitativi sul bacino di ricarica e sul complesso acquifero dei travertini realizzando campagne di rilevamento idrogeologico, monitoraggio della falda dei travertini e modelli numerici per la simulazione del comportamento degli acquiferi.
2013
DI SALVO, C., Mazza, R., Capelli, G. (2013). Gli acquiferi in travertino del Lazio: schemi idrogeologici e caratteristiche chimico-fisiche. RENDICONTI ONLINE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA, 27, 54-76 [10.3301/ROL.2013.20].
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/133704
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus 12
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact