After the Second World War, much of the Rumania’s countryside has come under new threat from agricultural collapse, abandonment of towns and villages and a lack of awareness towards the rural landscape. That is the case of Transylvania, where a mass emigration has provoked degradation and abandonment of historical villages and countries throughout. The “Saxon” villages farmer’s houses and barns built around fortified churches, so called from the main provenance of former settlers since the XII century (Germany, Belgium, Netherlands), are now seriously damaged or even in ruins. Trasylvania’s historical “heart” is Siebenburgen (Septem Castra), because of seven “Cities” commercially linked to the most important trade centres of Europe. According to the surveys by local historians, the “core area” of the Saxon villages is included in Centru macro-region, deriving from the unification of six counties (Judete), in order to fulfil the objectives of the european enlargement. Notably, a main cluster of traditional villages and few towns are situated in the hilly area among Sibiu, Sighisoara and Fagaras; two other knots along the eastern and northern edges of Transylvania witness for the original defensive function. Altogether, they amount to some hundred settlements, with a residual “Saxon” population of no more than 20.000 people, and some communities of Serbs, Hungarian, Ukranians and Romanians, all set apart from active citizenship and poorly integrated. In recent years, a process of unofficial (re)use of this “void”, mostly by groups of Gypsies, has taken place, producing a gradual erosion of pre-existing heritage resources. In Transylvania, new challenges cast by integration processes and hence by globalization meet some major concerns. The goal for forthcoming development of the region needs to take into account at least two main conditions: first, permanent re-urbanization providing employment and facilities for the new settlers, and second, a set of actions fulfilling the need for economic development with a wide conservation of remaining cultural heritage, of the natural scenery and of bio-diversity, that ultimately represent fundamental resources within the region.

Nel secondo dopoguerra, gran parte delle aree rurali della Romania hanno conosciuto un esodo imponente con l’abbandono dell'agricoltura, delle città e dei villaggi. E’ il caso della Transilvania, dove si è verificata una emigrazione di massa dalla fine della seconda guerra mondiale, con fenomeni di degrado e abbandono dei tipici villaggi “sassoni”, dal ceppo etnico delle popolazioni che, provenienti dalla Germania e dai Paesi Bassi, in più riprese colonizzarono la regione a partire dal XII secolo, apportandovi tradizioni culturali e religiose, modelli insediativi e tecnologie avanzate di regimazione idraulica e coltivazione. Il “cuore” storico di questa regione costellata di villaggi in legno e muratura serrati intorno al castello o alla chiesa fortificata è costituito dal Siebenburgen (Septem Castra), così denominato per la presenza di sette città che con propri statuti autonomi a partire dal XV secolo intrattennero vivaci relazioni commerciali e culturali con il centro Europa. Stando ai censimenti effettuati dai cultori di storia locale, la “core area” dei villaggi sassoni risulta compresa in quella che è oggi la macro-regione Centru, frutto di una recente operazione di ingegneria istituzionale che ha accorpato sei contee, o “Judete”, finalizzata ad una ottimizzazione in vista dell’allargamento europeo. La principale concentrazione si trova infatti all’interno della zona collinare tra Sibiu, Sighisoara e Fagaras, e altre due minori si attestano lungo gli storici confini della Transilvania ad oriente e settentrione, a riprova della funzione difensiva svolta dai villaggi agli inizi del secondo millennio. In tutto, alcune centinaia di insediamenti, con una residua popolazione “sassone” che non raggiungerebbe oggi le 20.000 unità, e un imprecisato numero di “ospiti” rom, oltre a presenze di Serbi, Ungheresi, Ucraini e Rumeni; comunità marginali e scarsamente integrate, nonostante i tentativi di condivisione durante le feste e i momenti di folklore collettivo. In Transilvania, le nuove sfide territoriali incontrano un “vuoto” che non è solo demografico, ma anche istituzionale. L'obiettivo per lo sviluppo futuro della regione deve tener conto di almeno due condizioni principali: in primo luogo, una condizione di riuso che consenta la stanzialità dei nuovi abitanti attraverso la costruzione di un mercato del lavoro e la fornitura di servizi; in secondo luogo, una serie di azioni che rispondano alla necessità di contemperare le ragioni dello sviluppo economico con la conservazione del residuo patrimonio storico, del paesaggio naturale e della biodiversità, risorse fondamentali della regione.

Palazzo, A.L. (2010). Transilvania. Un territorio in cerca di attori. URBANISTICA, 142, 30-35.

Transilvania. Un territorio in cerca di attori

PALAZZO, Anna Laura
2010-01-01

Abstract

After the Second World War, much of the Rumania’s countryside has come under new threat from agricultural collapse, abandonment of towns and villages and a lack of awareness towards the rural landscape. That is the case of Transylvania, where a mass emigration has provoked degradation and abandonment of historical villages and countries throughout. The “Saxon” villages farmer’s houses and barns built around fortified churches, so called from the main provenance of former settlers since the XII century (Germany, Belgium, Netherlands), are now seriously damaged or even in ruins. Trasylvania’s historical “heart” is Siebenburgen (Septem Castra), because of seven “Cities” commercially linked to the most important trade centres of Europe. According to the surveys by local historians, the “core area” of the Saxon villages is included in Centru macro-region, deriving from the unification of six counties (Judete), in order to fulfil the objectives of the european enlargement. Notably, a main cluster of traditional villages and few towns are situated in the hilly area among Sibiu, Sighisoara and Fagaras; two other knots along the eastern and northern edges of Transylvania witness for the original defensive function. Altogether, they amount to some hundred settlements, with a residual “Saxon” population of no more than 20.000 people, and some communities of Serbs, Hungarian, Ukranians and Romanians, all set apart from active citizenship and poorly integrated. In recent years, a process of unofficial (re)use of this “void”, mostly by groups of Gypsies, has taken place, producing a gradual erosion of pre-existing heritage resources. In Transylvania, new challenges cast by integration processes and hence by globalization meet some major concerns. The goal for forthcoming development of the region needs to take into account at least two main conditions: first, permanent re-urbanization providing employment and facilities for the new settlers, and second, a set of actions fulfilling the need for economic development with a wide conservation of remaining cultural heritage, of the natural scenery and of bio-diversity, that ultimately represent fundamental resources within the region.
2010
Nel secondo dopoguerra, gran parte delle aree rurali della Romania hanno conosciuto un esodo imponente con l’abbandono dell'agricoltura, delle città e dei villaggi. E’ il caso della Transilvania, dove si è verificata una emigrazione di massa dalla fine della seconda guerra mondiale, con fenomeni di degrado e abbandono dei tipici villaggi “sassoni”, dal ceppo etnico delle popolazioni che, provenienti dalla Germania e dai Paesi Bassi, in più riprese colonizzarono la regione a partire dal XII secolo, apportandovi tradizioni culturali e religiose, modelli insediativi e tecnologie avanzate di regimazione idraulica e coltivazione. Il “cuore” storico di questa regione costellata di villaggi in legno e muratura serrati intorno al castello o alla chiesa fortificata è costituito dal Siebenburgen (Septem Castra), così denominato per la presenza di sette città che con propri statuti autonomi a partire dal XV secolo intrattennero vivaci relazioni commerciali e culturali con il centro Europa. Stando ai censimenti effettuati dai cultori di storia locale, la “core area” dei villaggi sassoni risulta compresa in quella che è oggi la macro-regione Centru, frutto di una recente operazione di ingegneria istituzionale che ha accorpato sei contee, o “Judete”, finalizzata ad una ottimizzazione in vista dell’allargamento europeo. La principale concentrazione si trova infatti all’interno della zona collinare tra Sibiu, Sighisoara e Fagaras, e altre due minori si attestano lungo gli storici confini della Transilvania ad oriente e settentrione, a riprova della funzione difensiva svolta dai villaggi agli inizi del secondo millennio. In tutto, alcune centinaia di insediamenti, con una residua popolazione “sassone” che non raggiungerebbe oggi le 20.000 unità, e un imprecisato numero di “ospiti” rom, oltre a presenze di Serbi, Ungheresi, Ucraini e Rumeni; comunità marginali e scarsamente integrate, nonostante i tentativi di condivisione durante le feste e i momenti di folklore collettivo. In Transilvania, le nuove sfide territoriali incontrano un “vuoto” che non è solo demografico, ma anche istituzionale. L'obiettivo per lo sviluppo futuro della regione deve tener conto di almeno due condizioni principali: in primo luogo, una condizione di riuso che consenta la stanzialità dei nuovi abitanti attraverso la costruzione di un mercato del lavoro e la fornitura di servizi; in secondo luogo, una serie di azioni che rispondano alla necessità di contemperare le ragioni dello sviluppo economico con la conservazione del residuo patrimonio storico, del paesaggio naturale e della biodiversità, risorse fondamentali della regione.
Palazzo, A.L. (2010). Transilvania. Un territorio in cerca di attori. URBANISTICA, 142, 30-35.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/133973
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