A partire dall’inizio degli anni Novanta, l’ordinamento comunitario ha perseguito l’obiettivo di costruire il mercato interno delle comunicazioni elettroniche, adottando molteplici direttive con l’obiettivo di armonizzare progressivamente le legislazioni degli Stati membri ma trascurando, in origine, il ruolo della regolazione. Tuttavia, la necessità di un’armonizzazione regolatoria si è imposta sia per garantire l’introduzione della concorrenza e la tutela dei diritti dei consumatori, sia per rafforzare l’integrazione del mercato interno, innescando una dialettica tra istanze di accentramento e istanze di decentramento della regolazione. Il pacchetto di proposte presentato dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento il 13 novembre 2007 ha segnato un’ulteriore tappa nell’introduzione di procedure e istituzioni di coordinamento e di armonizzazione a livello europeo. Potendo affermarsi che l’ordinamento comunitario proceda all’armonizzazione regolatoria attraverso l’istituzione di un rapporto funzionale principale-agente tra Commissione e autorità nazionali di regolamentazione, per ridurre il rischio delle possibili perdite per il principale sono stati sperimentati diversi strumenti di controllo, riconducibili tre modelli fondamentali: a) il modello della separazione strutturale e funzionale; b) il modello dei controlli procedurali; c) il modello dell’integrazione organica. Il primo modello di controllo è fondato sulla separazione strutturale e funzionale dell’organo incaricato dei compiti di autorità nazionali di regolamentazione e si esplica in due diverse direzioni, prima rispetto alle imprese regolate, poi nei confronti degli organi di indirizzo politico. Il secondo modello di controllo è fondato su meccanismi procedimentali, che differenziano la strategia perseguita dalla Commissione nel settore delle comunicazioni elettroniche da quella sviluppata negli altri settori, c.d. «composti». La terza strategia di controllo perseguita dalla Commissione è fondata su meccanismi di progressiva integrazione delle autorità nazionali in organi comunitari posti sotto la propria sfera di diretta influenza, al fine di creare un contesto istituzionale volto ad omogeneizzare le preferenze degli agenti e ad allinearle progressivamente a quelle del principale. Le reazioni suscitate dalla citata proposta della Commissione sono collegate alla consapevolezza dei profondi effetti economici ed istituzionali legati ad un’ulteriore armonizzazione a livello europeo della regolazione in materia. In primo luogo, essa è destinata a produrre una diversificazione dei vincenti e dei perdenti tra gli operatori di mercato, anche rispetto ai risultati inizialmente determinati dall’apertura dei processi di liberalizzazione. In secondo luogo, sul piano istituzionale, gli Stati e, in particolare, i governi nazionali, rischiano di perdere poteri di influenza diretta nei confronti dell’attività di regolazione a livello nazionale e a livello europeo. Tutto ciò difficilmente può essere compensato dal loro coinvolgimento del Consiglio europeo nella nomina dell’Administrative Board dell’Autorità europea. L’esito che si configura vede, da un lato, estendersi lo scudo comunitario contro le ingerenze dei poteri politici nazionali e, dall’altro, il rischio per le Autorità nazionali di rimanere schiacciate sotto il peso di tale scudo, se le loro prerogative regolatorie saranno di fatto sempre più condizionate dalla Commissione europea.
Napolitano, G. (2008). La strategia dei controlli nella governance comunitaria delle comunicazioni elettroniche. RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO PUBBLICO COMUNITARIO, 6, 1469-1490.
La strategia dei controlli nella governance comunitaria delle comunicazioni elettroniche
NAPOLITANO, GIULIO
2008-01-01
Abstract
A partire dall’inizio degli anni Novanta, l’ordinamento comunitario ha perseguito l’obiettivo di costruire il mercato interno delle comunicazioni elettroniche, adottando molteplici direttive con l’obiettivo di armonizzare progressivamente le legislazioni degli Stati membri ma trascurando, in origine, il ruolo della regolazione. Tuttavia, la necessità di un’armonizzazione regolatoria si è imposta sia per garantire l’introduzione della concorrenza e la tutela dei diritti dei consumatori, sia per rafforzare l’integrazione del mercato interno, innescando una dialettica tra istanze di accentramento e istanze di decentramento della regolazione. Il pacchetto di proposte presentato dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento il 13 novembre 2007 ha segnato un’ulteriore tappa nell’introduzione di procedure e istituzioni di coordinamento e di armonizzazione a livello europeo. Potendo affermarsi che l’ordinamento comunitario proceda all’armonizzazione regolatoria attraverso l’istituzione di un rapporto funzionale principale-agente tra Commissione e autorità nazionali di regolamentazione, per ridurre il rischio delle possibili perdite per il principale sono stati sperimentati diversi strumenti di controllo, riconducibili tre modelli fondamentali: a) il modello della separazione strutturale e funzionale; b) il modello dei controlli procedurali; c) il modello dell’integrazione organica. Il primo modello di controllo è fondato sulla separazione strutturale e funzionale dell’organo incaricato dei compiti di autorità nazionali di regolamentazione e si esplica in due diverse direzioni, prima rispetto alle imprese regolate, poi nei confronti degli organi di indirizzo politico. Il secondo modello di controllo è fondato su meccanismi procedimentali, che differenziano la strategia perseguita dalla Commissione nel settore delle comunicazioni elettroniche da quella sviluppata negli altri settori, c.d. «composti». La terza strategia di controllo perseguita dalla Commissione è fondata su meccanismi di progressiva integrazione delle autorità nazionali in organi comunitari posti sotto la propria sfera di diretta influenza, al fine di creare un contesto istituzionale volto ad omogeneizzare le preferenze degli agenti e ad allinearle progressivamente a quelle del principale. Le reazioni suscitate dalla citata proposta della Commissione sono collegate alla consapevolezza dei profondi effetti economici ed istituzionali legati ad un’ulteriore armonizzazione a livello europeo della regolazione in materia. In primo luogo, essa è destinata a produrre una diversificazione dei vincenti e dei perdenti tra gli operatori di mercato, anche rispetto ai risultati inizialmente determinati dall’apertura dei processi di liberalizzazione. In secondo luogo, sul piano istituzionale, gli Stati e, in particolare, i governi nazionali, rischiano di perdere poteri di influenza diretta nei confronti dell’attività di regolazione a livello nazionale e a livello europeo. Tutto ciò difficilmente può essere compensato dal loro coinvolgimento del Consiglio europeo nella nomina dell’Administrative Board dell’Autorità europea. L’esito che si configura vede, da un lato, estendersi lo scudo comunitario contro le ingerenze dei poteri politici nazionali e, dall’altro, il rischio per le Autorità nazionali di rimanere schiacciate sotto il peso di tale scudo, se le loro prerogative regolatorie saranno di fatto sempre più condizionate dalla Commissione europea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.