This essay aims at giving a contribution to the issue of estimating the minority discount due to the lack of control. The analysis will focus on the considered examination of the criteria developed by main doctrine, at the same time singling out the salient and peculiar features thereof together with some comments and in-depth studies on the subject-matter. Due to the difficult definition of a valid criteria to estimate market value of minority interest, it is mostly used to measure the discount to be applied to the corresponding pro-quota value of the equity capital from the bonus calculated on top of the foundamental value of a controlling sharing, in this way if the majority bonus quantifies the incremental value associated to the private benefits (monetary and non-monetary) that the owner has over a controlled quota of capital of the company, the absence of these benefits in case of a minority interest prefigures a minus-value that, ceteris paribus, may find an opportunity corrispondance in a deduction of this pro-quota economic value. We suggest, instead, that if the share exchanged gives to the stakeholder the status of controller, and so the possibility to use the mentioned benefits without the control, it is strongly correct that this foundamental value needs to be increased of a certain percentage amount as a bonus, maybe it is conceptually illogic subtract the intrinsic value of a minority sharing of a discount (ad adiuvandum deriving quantitatively from the mentioned bonus) due to the absence of these benefits, assuming that his objective redditivity is in any case proportionally identic to the majority interest.

Come è noto, il valore di scambio di una partecipazione non totalitaria al capitale di una determinata azienda coincide raramente con la corrispondente frazione del complessivo capitale economico. Se si esclude l’influenza che le condizioni soggettive di negoziazione possono esercitare sulla definizione dei valori di mercato di parti del capitale d’impresa (ricomprendendo, in tale nozione, l’abilità negoziale di ciascun contraente, la relativa “forza” contrattuale, le possibili asimmetrie informative, le eventuali sinergie economico-produttive ottenibili da un certo acquirente ovvero altri fatti ancora di natura personale e non economica, quali il bisogno di prestigio, potere, ecc.), la mancata coincidenza tra quest’ultimi e i relativi valori economici pro-quota deve in linea generale attribuirsi non già alla “dimensione” delle cointeressenze scambiate quanto alle “prerogative” di cui le medesime risultano foriere per i possessori. Se con riguardo al primo fattore appare infatti evidente che al variare della quota di capitale trasferita varia proporzionalmente il relativo valore di mercato, posto che con eguale proporzionalità variano i diritti patrimoniali ad essa associati (in primis il diritto agli utili, alla liquidazione della quota in caso di cessazione dell’attività aziendale, ecc.), con riguardo al secondo fattore l’effettivo valore di mercato di una partecipazione assumerà una diversa quantificazione, più o meno distante dal corrispondente valore economico pro-quota (c.d. valore-base o fondamentale), a seconda che risulti o meno determinante per il conseguimento del controllo sulla società partecipata. Dunque, se si esclude l’ipotesi di trasferimento dell’intero capitale aziendale, la stima del valore economico di una determinata partecipazione può venire ricondotta ad una semplice relazione di proporzionalità con riguardo al complessivo capitale economico (ovviamente, come anzidetto, in assenza di condizioni soggettive di negoziazione) solo se la quota negoziata ammonta al 50% del capitale sociale ovvero si avvicina alla sua totalità, oppure ancora quando il trasferimento suddetto avviene tra contraenti riconducibili allo stesso soggetto economico. In tutti gli altri casi, e cioè quando il “pacchetto” scambiato è in grado di assicurare il controllo, di diritto o di fatto, dell’azienda partecipata, oppure è del tutto ininfluente a tal fine (ciò dipendendo, evidentemente, dalle caratteristiche dell’acquirente e segnatamente dalla percentuale di capitale sociale da questi già detenuta), è quasi sempre rinvenibile uno scostamento tra il valore di scambio di una quota-parte del capitale sociale e la corrispondente frazione del complessivo capitale economico, volto appunto a dare un’equa valorizzazione al requisito aggiuntivo del controllo ovvero alla sua mancanza. Nell’ipotesi in cui la partecipazione trasferita consenta all’acquirente di conseguire il controllo di un’azienda, o comunque di influenzare in modo rilevante le relative dinamiche di gestione, al fine di misurarne il valore di scambio è necessario calcolare una correzione maggiorativa del valore pro-quota del capitale economico (quest’ultimo, come anzidetto, commisurato al grado di cointeressenza ai connessi benefici patrimoniali e quindi proporzionalmente identico per qualunque quota di partecipazione, a prescindere dalla relativa dimensione), denominato premio di maggioranza o di controllo, mentre per converso lo sconto di minoranza per ridotti poteri prefigura una riduzione del valore fondamentale di una partecipazione motivata dal trascurabile valore dei diritti amministrativi in essa incorporati, tale da non consentire all’acquirente di assurgere al rango di soggetto economico dell’azienda partecipata (perché “minima” in termini assoluti, oppure perché il controllo è già detenuto stabilmente da un altro socio).

Celli, M. (2012). Alcune considerazioni sullo sconto di minoranza per ridotti poteri nel trasferimento di partecipazioni. RIVISTA ITALIANA DI RAGIONERIA E DI ECONOMIA AZIENDALE, 112, nn 5-6(5-6), 243-258.

Alcune considerazioni sullo sconto di minoranza per ridotti poteri nel trasferimento di partecipazioni

CELLI, MASSIMILIANO
2012-01-01

Abstract

This essay aims at giving a contribution to the issue of estimating the minority discount due to the lack of control. The analysis will focus on the considered examination of the criteria developed by main doctrine, at the same time singling out the salient and peculiar features thereof together with some comments and in-depth studies on the subject-matter. Due to the difficult definition of a valid criteria to estimate market value of minority interest, it is mostly used to measure the discount to be applied to the corresponding pro-quota value of the equity capital from the bonus calculated on top of the foundamental value of a controlling sharing, in this way if the majority bonus quantifies the incremental value associated to the private benefits (monetary and non-monetary) that the owner has over a controlled quota of capital of the company, the absence of these benefits in case of a minority interest prefigures a minus-value that, ceteris paribus, may find an opportunity corrispondance in a deduction of this pro-quota economic value. We suggest, instead, that if the share exchanged gives to the stakeholder the status of controller, and so the possibility to use the mentioned benefits without the control, it is strongly correct that this foundamental value needs to be increased of a certain percentage amount as a bonus, maybe it is conceptually illogic subtract the intrinsic value of a minority sharing of a discount (ad adiuvandum deriving quantitatively from the mentioned bonus) due to the absence of these benefits, assuming that his objective redditivity is in any case proportionally identic to the majority interest.
2012
Come è noto, il valore di scambio di una partecipazione non totalitaria al capitale di una determinata azienda coincide raramente con la corrispondente frazione del complessivo capitale economico. Se si esclude l’influenza che le condizioni soggettive di negoziazione possono esercitare sulla definizione dei valori di mercato di parti del capitale d’impresa (ricomprendendo, in tale nozione, l’abilità negoziale di ciascun contraente, la relativa “forza” contrattuale, le possibili asimmetrie informative, le eventuali sinergie economico-produttive ottenibili da un certo acquirente ovvero altri fatti ancora di natura personale e non economica, quali il bisogno di prestigio, potere, ecc.), la mancata coincidenza tra quest’ultimi e i relativi valori economici pro-quota deve in linea generale attribuirsi non già alla “dimensione” delle cointeressenze scambiate quanto alle “prerogative” di cui le medesime risultano foriere per i possessori. Se con riguardo al primo fattore appare infatti evidente che al variare della quota di capitale trasferita varia proporzionalmente il relativo valore di mercato, posto che con eguale proporzionalità variano i diritti patrimoniali ad essa associati (in primis il diritto agli utili, alla liquidazione della quota in caso di cessazione dell’attività aziendale, ecc.), con riguardo al secondo fattore l’effettivo valore di mercato di una partecipazione assumerà una diversa quantificazione, più o meno distante dal corrispondente valore economico pro-quota (c.d. valore-base o fondamentale), a seconda che risulti o meno determinante per il conseguimento del controllo sulla società partecipata. Dunque, se si esclude l’ipotesi di trasferimento dell’intero capitale aziendale, la stima del valore economico di una determinata partecipazione può venire ricondotta ad una semplice relazione di proporzionalità con riguardo al complessivo capitale economico (ovviamente, come anzidetto, in assenza di condizioni soggettive di negoziazione) solo se la quota negoziata ammonta al 50% del capitale sociale ovvero si avvicina alla sua totalità, oppure ancora quando il trasferimento suddetto avviene tra contraenti riconducibili allo stesso soggetto economico. In tutti gli altri casi, e cioè quando il “pacchetto” scambiato è in grado di assicurare il controllo, di diritto o di fatto, dell’azienda partecipata, oppure è del tutto ininfluente a tal fine (ciò dipendendo, evidentemente, dalle caratteristiche dell’acquirente e segnatamente dalla percentuale di capitale sociale da questi già detenuta), è quasi sempre rinvenibile uno scostamento tra il valore di scambio di una quota-parte del capitale sociale e la corrispondente frazione del complessivo capitale economico, volto appunto a dare un’equa valorizzazione al requisito aggiuntivo del controllo ovvero alla sua mancanza. Nell’ipotesi in cui la partecipazione trasferita consenta all’acquirente di conseguire il controllo di un’azienda, o comunque di influenzare in modo rilevante le relative dinamiche di gestione, al fine di misurarne il valore di scambio è necessario calcolare una correzione maggiorativa del valore pro-quota del capitale economico (quest’ultimo, come anzidetto, commisurato al grado di cointeressenza ai connessi benefici patrimoniali e quindi proporzionalmente identico per qualunque quota di partecipazione, a prescindere dalla relativa dimensione), denominato premio di maggioranza o di controllo, mentre per converso lo sconto di minoranza per ridotti poteri prefigura una riduzione del valore fondamentale di una partecipazione motivata dal trascurabile valore dei diritti amministrativi in essa incorporati, tale da non consentire all’acquirente di assurgere al rango di soggetto economico dell’azienda partecipata (perché “minima” in termini assoluti, oppure perché il controllo è già detenuto stabilmente da un altro socio).
Celli, M. (2012). Alcune considerazioni sullo sconto di minoranza per ridotti poteri nel trasferimento di partecipazioni. RIVISTA ITALIANA DI RAGIONERIA E DI ECONOMIA AZIENDALE, 112, nn 5-6(5-6), 243-258.
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