La pretesa portata del principio di affidamento quale criterio generale di ripartizione delle responsabilità in caso di attività medico-chirurgica svolta in équipe rischia spesso di risultare annullata sotto il peso di un pressoché onnicomprensivo obbligo di vigilanza sull’operato altrui. Lo sforzo, dunque, dovrebbe essere quello di tracciare in maniera sufficientemente definita i confini delle reciproche sfere di competenza (e di responsabilità) di ciascun sanitario, pur nella consapevolezza che le peculariatà del caso concreto assumono a volte valore dirimente e che pertanto ogni ricostruzione generale può unicamente limitarsi ad offrire orientativi punti di riferimento. Il commento si propone di evidenziare gli aspetti di maggiore criticità della materia e di ipotizzare una soluzione ricostruttiva che, muovendo dalla “posizione gerarchica” occupata dal sanitario della cui responsabilità penale si discute e, dunque, dalle competenze proprie di ciascun operatore in ragione della specializzazione posseduta, valorizzi i principi generali in materia di colpa, sia per ciò che attiene al ruolo svolto dalla regola cautelare nella descrizione della condotta tipica, sia in riferimento all’effettiva attribuibilità della sua violazione all’agente concreto
Massaro, A. (2011). "Principio di affidamento e "obbligo di vigilanza" sull'operato altrui: riflessioni in materia di attività medico-chirurgica in équipe. CASSAZIONE PENALE(11), 151-167.
"Principio di affidamento e "obbligo di vigilanza" sull'operato altrui: riflessioni in materia di attività medico-chirurgica in équipe
MASSARO, ANTONELLA
2011-01-01
Abstract
La pretesa portata del principio di affidamento quale criterio generale di ripartizione delle responsabilità in caso di attività medico-chirurgica svolta in équipe rischia spesso di risultare annullata sotto il peso di un pressoché onnicomprensivo obbligo di vigilanza sull’operato altrui. Lo sforzo, dunque, dovrebbe essere quello di tracciare in maniera sufficientemente definita i confini delle reciproche sfere di competenza (e di responsabilità) di ciascun sanitario, pur nella consapevolezza che le peculariatà del caso concreto assumono a volte valore dirimente e che pertanto ogni ricostruzione generale può unicamente limitarsi ad offrire orientativi punti di riferimento. Il commento si propone di evidenziare gli aspetti di maggiore criticità della materia e di ipotizzare una soluzione ricostruttiva che, muovendo dalla “posizione gerarchica” occupata dal sanitario della cui responsabilità penale si discute e, dunque, dalle competenze proprie di ciascun operatore in ragione della specializzazione posseduta, valorizzi i principi generali in materia di colpa, sia per ciò che attiene al ruolo svolto dalla regola cautelare nella descrizione della condotta tipica, sia in riferimento all’effettiva attribuibilità della sua violazione all’agente concretoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.