La legge n. 85 del 2006, dal titolo «Modifiche al codice penale in maniera di reati di opinione», interviene su fattispecie da tempo discusse per il loro contrasto, potenziale o reale, con alcuni dei principi che costuiscono le fondamenta dell’attuale diritto penale (principio di determinatezza e/o tassatività della fattispecie penale; principio di necessaria offensività del reato) oltre che con libertà costituzionalmente garantite (libertà di manifestazione del pensiero). Le due categorie di reati per le quali l’intervento e il mancato intervento del legislatore risultano meritevoli di segnalazione sono rispettivamente quella dei delitti di attentato e quella dei delitti di vilipendio, tanto politico quanto religioso. Quanto ai delitti di attentato, la legge n. 85 del 2006 riformula tre fattispecie comprese nei delitti contro la personalità dello Stato: gli artt. 241, 283 e 289 c.p.. Prendendo posizione sui delicati ma ormai consolidati equilibri tra attentato e delitto tentato, il legislatore inserisce il requisito della idoneità degli atti negli artt. 241 e 283 c.p., ma non anche nell’art. 289 c.p.. Un piano ricorso all’argumentum a contrario condurrebbe a ritenere che in quest’ultima disposizione, ma anche in tutte le altre fattispecie di attentato non considerate dalla legge n. 85 del 2006, non sia attualmente richiesto che gli atti posti in essere risultino idonei rispetto al risultato descritto dalla legge. Ciò in evidente contrasto con i risultati raggiunti dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti. Quanto ai reati di vilipendio, per essi neppure dovrebbe porsi un questione circa il quomodo della tutela in quanto a venire in discussione è l’an della stessa. Tuttavia, nonostante il riferimento nel titolo della legge proprio ai reati di opinione, il legislatore non sceglie la via della completa abrogazione (l’unica seriamente percorribile), ma neppure quella della trasformazione di questi reati in illeciti amministrativi. I reati di vilipendio dunque restano reati. Unica operazione significativa è la notevole attenuazione del regime sanzionatorio, realizzata attraverso una generalizzata sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria. A tal proposito va evidenziata l’introduzione di un nuovo terzo comma nell’art. 2 c.p.. Si tratta di una disposizione che non manca di suscitare delle perplessità non solo per la sua collocazione (prima dell’attuale quarto comma dell’art. 2 c.p., rispetto al quale dovrebbe invece costituire un’eccezione), ma anche per le conseguenze poco condivisibili cui condurrebbe la sua interpretazione letterale.

Massaro, A. (2006). Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione (e non solo): contenuti e limiti della l. n. 85 del 2006. CASSAZIONE PENALE(11), 3857-3868.

Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione (e non solo): contenuti e limiti della l. n. 85 del 2006

MASSARO, ANTONELLA
2006-01-01

Abstract

La legge n. 85 del 2006, dal titolo «Modifiche al codice penale in maniera di reati di opinione», interviene su fattispecie da tempo discusse per il loro contrasto, potenziale o reale, con alcuni dei principi che costuiscono le fondamenta dell’attuale diritto penale (principio di determinatezza e/o tassatività della fattispecie penale; principio di necessaria offensività del reato) oltre che con libertà costituzionalmente garantite (libertà di manifestazione del pensiero). Le due categorie di reati per le quali l’intervento e il mancato intervento del legislatore risultano meritevoli di segnalazione sono rispettivamente quella dei delitti di attentato e quella dei delitti di vilipendio, tanto politico quanto religioso. Quanto ai delitti di attentato, la legge n. 85 del 2006 riformula tre fattispecie comprese nei delitti contro la personalità dello Stato: gli artt. 241, 283 e 289 c.p.. Prendendo posizione sui delicati ma ormai consolidati equilibri tra attentato e delitto tentato, il legislatore inserisce il requisito della idoneità degli atti negli artt. 241 e 283 c.p., ma non anche nell’art. 289 c.p.. Un piano ricorso all’argumentum a contrario condurrebbe a ritenere che in quest’ultima disposizione, ma anche in tutte le altre fattispecie di attentato non considerate dalla legge n. 85 del 2006, non sia attualmente richiesto che gli atti posti in essere risultino idonei rispetto al risultato descritto dalla legge. Ciò in evidente contrasto con i risultati raggiunti dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti. Quanto ai reati di vilipendio, per essi neppure dovrebbe porsi un questione circa il quomodo della tutela in quanto a venire in discussione è l’an della stessa. Tuttavia, nonostante il riferimento nel titolo della legge proprio ai reati di opinione, il legislatore non sceglie la via della completa abrogazione (l’unica seriamente percorribile), ma neppure quella della trasformazione di questi reati in illeciti amministrativi. I reati di vilipendio dunque restano reati. Unica operazione significativa è la notevole attenuazione del regime sanzionatorio, realizzata attraverso una generalizzata sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria. A tal proposito va evidenziata l’introduzione di un nuovo terzo comma nell’art. 2 c.p.. Si tratta di una disposizione che non manca di suscitare delle perplessità non solo per la sua collocazione (prima dell’attuale quarto comma dell’art. 2 c.p., rispetto al quale dovrebbe invece costituire un’eccezione), ma anche per le conseguenze poco condivisibili cui condurrebbe la sua interpretazione letterale.
2006
Massaro, A. (2006). Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione (e non solo): contenuti e limiti della l. n. 85 del 2006. CASSAZIONE PENALE(11), 3857-3868.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/157369
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