Nel quadro delle celebrazioni per i cinquant’anni di attività della Corte costituzionale italiana, il saggio si propone di verificare l’eredità attuale di una storica sentenza: la n. 16 del 2 febbraio 1978, in tema di ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo. Si tratta, come noto, di una decisione ad evidente vocazione definitoria o pedagogico-didattica (quant’altre mai nella storia cinquantennale della nostra Corte costituzionale), se non propriamente normativa, la cui traccia – per molti oramai quasi irrintracciabile – può oggi essere delineata intorno a taluni aspetti fondamentali Innanzitutto, l’inquadramento del referendum nel sistema delle fonti e, conseguentemente, la rilettura dell’istituto alla luce della logica propria di quest’ultimo. E’ in forza di tale inquadramento che la Corte può assumere il principio del “parallelismo” con la legge ordinaria quale criterio di definizione dell’ambito di efficacia formale dello stesso, alla cui stregua costruire una serie di limiti impliciti all’ammissibilità delle richieste referendarie. Il saggio ne prospetta, tuttavia, una lettura che, distinguendosi da quella più diffusa, si presenta al contempo comprensiva e minimalista, dovendo far leva sulla cifra caratteristica della categoria, idonea, in quanto tale, ad assurgere ad elemento comune ed unificante della classe de qua: vale a dire la comune subordinazione alle fonti di rango costituzionale. In tale prospettiva, viene compiuto un notevole sforzo di ripensamento di limiti quali quelli riguardanti le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato e le leggi a forza passiva peculiare. Altro profilo centrale esaminato è quello della definizione dello statuto fondamentale del controllo sulla razionale formulazione del quesito che, pur profondamente arricchitosi e rimodellatosi nel tempo, non risulta travolto dalla giurisprudenza successiva. Il lavoro si chiude con la trattazione del problema del c.d. vincolo referendario che, apparentemente eccentrico rispetto alla pronunzia esaminata, viene invece ricostruito come radicato proprio in quella lontana decisione.
Carnevale, P. (2006). Cosa resta della sentenza n. 16 del 1978. Riflessioni sull’eredità di una “storica” sentenza. GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE.
Cosa resta della sentenza n. 16 del 1978. Riflessioni sull’eredità di una “storica” sentenza
CARNEVALE, Paolo
2006-01-01
Abstract
Nel quadro delle celebrazioni per i cinquant’anni di attività della Corte costituzionale italiana, il saggio si propone di verificare l’eredità attuale di una storica sentenza: la n. 16 del 2 febbraio 1978, in tema di ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo. Si tratta, come noto, di una decisione ad evidente vocazione definitoria o pedagogico-didattica (quant’altre mai nella storia cinquantennale della nostra Corte costituzionale), se non propriamente normativa, la cui traccia – per molti oramai quasi irrintracciabile – può oggi essere delineata intorno a taluni aspetti fondamentali Innanzitutto, l’inquadramento del referendum nel sistema delle fonti e, conseguentemente, la rilettura dell’istituto alla luce della logica propria di quest’ultimo. E’ in forza di tale inquadramento che la Corte può assumere il principio del “parallelismo” con la legge ordinaria quale criterio di definizione dell’ambito di efficacia formale dello stesso, alla cui stregua costruire una serie di limiti impliciti all’ammissibilità delle richieste referendarie. Il saggio ne prospetta, tuttavia, una lettura che, distinguendosi da quella più diffusa, si presenta al contempo comprensiva e minimalista, dovendo far leva sulla cifra caratteristica della categoria, idonea, in quanto tale, ad assurgere ad elemento comune ed unificante della classe de qua: vale a dire la comune subordinazione alle fonti di rango costituzionale. In tale prospettiva, viene compiuto un notevole sforzo di ripensamento di limiti quali quelli riguardanti le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato e le leggi a forza passiva peculiare. Altro profilo centrale esaminato è quello della definizione dello statuto fondamentale del controllo sulla razionale formulazione del quesito che, pur profondamente arricchitosi e rimodellatosi nel tempo, non risulta travolto dalla giurisprudenza successiva. Il lavoro si chiude con la trattazione del problema del c.d. vincolo referendario che, apparentemente eccentrico rispetto alla pronunzia esaminata, viene invece ricostruito come radicato proprio in quella lontana decisione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.