Nella nostra cultura il termine “paesaggio” ingloba una connotazione di apprezzamento qualitativo, incisa anche nelle nostre leggi e perfino nella Costituzione. Non ci viene spontaneo associare il termine a qualsiasi visibile organizzazione del territorio; e se lo facciamo usiamo ossimori, basati sul contrasto tra il senso “alto” del sostantivo e ciò che segue: un “paesaggio desolato”, il “paesaggio delle discariche abusive”. Scontato nella nostra cultura, e nel nostro territorio, è anche che il paesaggio non sia mai “naturale”, ma in gran parte disegnato dalla storia, su un palinsesto già di suo ricchissimo di variabili configurazioni, anche entro ambiti territoriali relativamente ristretti. Non è facile infatti trovare in altri paesi, e in un raggio di pochi chilometri, altrettante variazioni di paesaggio. Tanto da considerare ormai scorretto parlare di paesaggio “italiano”, e anche di paesaggi “regionali”. Dei plurali e variabili paesaggi italiani fanno parte storicamente non solo le organizzazioni e gli usi del territorio agricolo, ma anche singoli edifici e le stesse città. E poiché i primi si sono consolidati prevalentemente intorno – e in certa misura “a servizio” – delle città, si può dire che quelli italiani sono in larga misura, non solo paesaggi antropizzati, ma di fatto “paesaggi urbani”; nel senso che ogni paesaggio “rimanda” in qualche modo alla “sua” città, e che le città sono capisaldi delle trame di paesaggio, anche quando non sono comprese nel panorama.Di qui la considerazione del paesaggio come bene culturale, tutelato almeno dal 1939 dalle leggi e da un’apposita organizzazione amministrativa. Circostanza fortunata, che seppure attraverso un colossale equivoco culturale consente oggi di disporre di alcuni provvedimenti di tutela anche dell’ambiente. Il termine “ambiente” infatti non è menzionato nella nostra Costituzione (lo sarà forse dal prossimo autunno), mentre la “tutela dell’ambiente” è stata già inserita con la riforma del Titolo V, non a caso associata alla tutela del paesaggio, già consolidata a livello legislativo. Non si tratta per altro di una innovazione del legislatore, ma di una estensione della tutela del paesaggio che di fatto nasce con la legge 431/85 (“legge Galasso”).

Avarello, P. (2004). Paesaggi della non città, n. 11/2004,, 3-4.

Paesaggi della non città.

AVARELLO, Paolo
2004-01-01

Abstract

Nella nostra cultura il termine “paesaggio” ingloba una connotazione di apprezzamento qualitativo, incisa anche nelle nostre leggi e perfino nella Costituzione. Non ci viene spontaneo associare il termine a qualsiasi visibile organizzazione del territorio; e se lo facciamo usiamo ossimori, basati sul contrasto tra il senso “alto” del sostantivo e ciò che segue: un “paesaggio desolato”, il “paesaggio delle discariche abusive”. Scontato nella nostra cultura, e nel nostro territorio, è anche che il paesaggio non sia mai “naturale”, ma in gran parte disegnato dalla storia, su un palinsesto già di suo ricchissimo di variabili configurazioni, anche entro ambiti territoriali relativamente ristretti. Non è facile infatti trovare in altri paesi, e in un raggio di pochi chilometri, altrettante variazioni di paesaggio. Tanto da considerare ormai scorretto parlare di paesaggio “italiano”, e anche di paesaggi “regionali”. Dei plurali e variabili paesaggi italiani fanno parte storicamente non solo le organizzazioni e gli usi del territorio agricolo, ma anche singoli edifici e le stesse città. E poiché i primi si sono consolidati prevalentemente intorno – e in certa misura “a servizio” – delle città, si può dire che quelli italiani sono in larga misura, non solo paesaggi antropizzati, ma di fatto “paesaggi urbani”; nel senso che ogni paesaggio “rimanda” in qualche modo alla “sua” città, e che le città sono capisaldi delle trame di paesaggio, anche quando non sono comprese nel panorama.Di qui la considerazione del paesaggio come bene culturale, tutelato almeno dal 1939 dalle leggi e da un’apposita organizzazione amministrativa. Circostanza fortunata, che seppure attraverso un colossale equivoco culturale consente oggi di disporre di alcuni provvedimenti di tutela anche dell’ambiente. Il termine “ambiente” infatti non è menzionato nella nostra Costituzione (lo sarà forse dal prossimo autunno), mentre la “tutela dell’ambiente” è stata già inserita con la riforma del Titolo V, non a caso associata alla tutela del paesaggio, già consolidata a livello legislativo. Non si tratta per altro di una innovazione del legislatore, ma di una estensione della tutela del paesaggio che di fatto nasce con la legge 431/85 (“legge Galasso”).
2004
Avarello, P. (2004). Paesaggi della non città, n. 11/2004,, 3-4.
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