Argentina, la giustizia arriva all'ultimo minutoAddio carceri d'oro, tutti in galere normali gli accusati della dittatura. Uno muore poco prima della sentenza, ma un altro subito dopoCLAUDIO TOGNONATOSpesso la giustizia arriva tardi, a volte però, come questa volta in Argentina, arriva all'ultimo momento. I processi ai militari responsabili di sequestro, atroci torture, assassini e desaparicion comincia a produrre le prime condanne. I dinosauri (gli ormai vecchi dittatori) non hanno mai accettato questi processi e con varie strategie cercano di ritardarli. Quando si è vicini alla sentenza aumentano le minacce, le telefonate anonime a testimoni, giudici e avocati. Ma si va pure oltre, come nel caso di Julio López, ex desaparecido e principale testimone nel processo contro il commissario Miguel Etchecolatz: due giorni prima della sentenza, il 18 settembre 2006, López è scomparso nel nulla, un nuovo desaparecido, il primo della democrazia. Dopo la desaparicion di Lopez, lo stesso giorno in cui si insediava il governo di Cristina Fernandez Hirchner (Cfk) è stato ritrovato il cadavere di Hector Febres. Il militare, che era in cella per violazioni dei diritti umani durante la passata dittatura, attendeva la sentenza che quattro giorni dopo lo avrebbe di certo condannato all'ergastolo. Dopo la sua morte il verdetto non è stato emesso. I periti hanno determinato che è stato il cianuro a uccidere Febres, ma chi glie l'ha dato? Mentre la magistratura indaga, le associazioni dei diritti umani hanno finalmente ottenuto l'annullamento dei privilegi di detenzione di cui godono i militari. Febres era detenuto in una cella dorata: due locali, balcone, internet, lettore dvd, cellulare e visite continue di familiari e amici. Aveva perfino un autista che lo portava segretamente in giro. «Le condizioni irregolari delle loro prigioni non sono un caso»", afferma Alvaro Peirola, avocato dell'associazione Hijos (figli di desaparecidos). Sono la conseguenza del fatto che «molti dei giudici della dittatura continuano nei loro posti». Sostenendo l'autonomia dei tre poteri, l'ex presidente Néstor Kirchner non aveva voluto intervenire sulla magistratura. La sua politica si è limitata a far pressioni per accelerare i processi e per garantire condizioni di detenzione in carceri comuni e senza privilegi. L'altro giorno, dopo l'avvelenamento di Febres, diverse associazioni di diritti umani hanno reiterato la loro richiesta sul governo e la magistratura. La stessa Cfk ha appoggiato il reclamo e il giudice Sergio Torres ha infine deciso di spedire tutti i torturatori in carceri comuni. Sempre l'altro giorno, 16 militari processati nella megacausa Esma (il principale campo di concentramento dela dittatura) sono stati chiusi nel carcere di Marcos Paz. Sono passati ormai più di 30 anni da quando Jorge Videla prese il potere con un colpo di Stato in Argentina. Quel 24 marzo 1976 iniziò la lunga notte dei diritti umani, civili, sociali, politici, sindacali lasciando un saldo di 30mila desaparecidos. Nel 1985, due anni dopo il ritorno della democrazia, alcuni importanti capi militari sono stati condannati, quasi tutti all'ergastolo. Si aprirono poi molti processi, che il governo di Raul Alfonsin prima e quello di Carlos Menem poi decisero di fermare con le leggi di «punto finale» e «obbedienza dovuta». La prima stabiliva una data oltre la quale non sarebbero state ammesse nuove cause, la seconda deresponsabilizzava i subordinati dai delitti commessi sotto comando superiore. Successivamente Menem, con due indulti, completò l'operazione oblio. Il tentativo di mettere una pietra sui massacri della dittatura non solo fu inutile, ma generò un profondo e sostenuto malessere che solo ora trova risposta. Martedì scorso sono arrivate sette condanne a militari, le prime inflitte a membri delle forze armate dopo il lungo periodo che bloccò ogni processo. Tra i condannati si trovano figure di primo livello, come Cristino Nicolaides, ex capo dell'esercito. In precedenza erano stati condannati solo due poliziotti e un prete cattolico. È vero che non sono pochi i militari agli arresti, ma finora la loro condanna era stata resa possibile da un lacuna del diritto. La magistratura aveva considerato, ad esempio, che il sequestro di bambini era un reato «continuato», e pertanto escluso dalle leggi che avevano impedito i processi. Durante la dittatura i militari, cattolici fondamentalisti, quando sequestravano una donna incinta la mantenevano in vita finché partoriva. Poi gli si toglieva il bimbo, che veniva dato in adozione con documenti falsi o venduto ad altri militari o complici. La madre era uccisa o gettata viva in mare. Oltre cinquecento bambini hanno seguito questa strada: 88 sono stati recuperati dall'ostinato lavoro delle Abuelas (nonne) de Plaza de Mayo. E l'altroieri è morto Santiago Hoya, uno dei militari condannato martedì scorso a 25 anni di prigione per il sequestro e la scomparsa di sei persone. I suoi ultimi cinque anni li ha passati in carcere. La magistratura ne ha ordinato l'autopsia: dopo l'avvelenamento di Frebres, anche una morte naturale diventa sospetta.
Tognonato, C.A. (2007). Argentina, la giustizia arriva all'ultimo momento. IL MANIFESTO, Anno XXXVII - 22 dicembre 2007, 10.
Argentina, la giustizia arriva all'ultimo momento
TOGNONATO, CLAUDIO ALBERTO
2007-01-01
Abstract
Argentina, la giustizia arriva all'ultimo minutoAddio carceri d'oro, tutti in galere normali gli accusati della dittatura. Uno muore poco prima della sentenza, ma un altro subito dopoCLAUDIO TOGNONATOSpesso la giustizia arriva tardi, a volte però, come questa volta in Argentina, arriva all'ultimo momento. I processi ai militari responsabili di sequestro, atroci torture, assassini e desaparicion comincia a produrre le prime condanne. I dinosauri (gli ormai vecchi dittatori) non hanno mai accettato questi processi e con varie strategie cercano di ritardarli. Quando si è vicini alla sentenza aumentano le minacce, le telefonate anonime a testimoni, giudici e avocati. Ma si va pure oltre, come nel caso di Julio López, ex desaparecido e principale testimone nel processo contro il commissario Miguel Etchecolatz: due giorni prima della sentenza, il 18 settembre 2006, López è scomparso nel nulla, un nuovo desaparecido, il primo della democrazia. Dopo la desaparicion di Lopez, lo stesso giorno in cui si insediava il governo di Cristina Fernandez Hirchner (Cfk) è stato ritrovato il cadavere di Hector Febres. Il militare, che era in cella per violazioni dei diritti umani durante la passata dittatura, attendeva la sentenza che quattro giorni dopo lo avrebbe di certo condannato all'ergastolo. Dopo la sua morte il verdetto non è stato emesso. I periti hanno determinato che è stato il cianuro a uccidere Febres, ma chi glie l'ha dato? Mentre la magistratura indaga, le associazioni dei diritti umani hanno finalmente ottenuto l'annullamento dei privilegi di detenzione di cui godono i militari. Febres era detenuto in una cella dorata: due locali, balcone, internet, lettore dvd, cellulare e visite continue di familiari e amici. Aveva perfino un autista che lo portava segretamente in giro. «Le condizioni irregolari delle loro prigioni non sono un caso»", afferma Alvaro Peirola, avocato dell'associazione Hijos (figli di desaparecidos). Sono la conseguenza del fatto che «molti dei giudici della dittatura continuano nei loro posti». Sostenendo l'autonomia dei tre poteri, l'ex presidente Néstor Kirchner non aveva voluto intervenire sulla magistratura. La sua politica si è limitata a far pressioni per accelerare i processi e per garantire condizioni di detenzione in carceri comuni e senza privilegi. L'altro giorno, dopo l'avvelenamento di Febres, diverse associazioni di diritti umani hanno reiterato la loro richiesta sul governo e la magistratura. La stessa Cfk ha appoggiato il reclamo e il giudice Sergio Torres ha infine deciso di spedire tutti i torturatori in carceri comuni. Sempre l'altro giorno, 16 militari processati nella megacausa Esma (il principale campo di concentramento dela dittatura) sono stati chiusi nel carcere di Marcos Paz. Sono passati ormai più di 30 anni da quando Jorge Videla prese il potere con un colpo di Stato in Argentina. Quel 24 marzo 1976 iniziò la lunga notte dei diritti umani, civili, sociali, politici, sindacali lasciando un saldo di 30mila desaparecidos. Nel 1985, due anni dopo il ritorno della democrazia, alcuni importanti capi militari sono stati condannati, quasi tutti all'ergastolo. Si aprirono poi molti processi, che il governo di Raul Alfonsin prima e quello di Carlos Menem poi decisero di fermare con le leggi di «punto finale» e «obbedienza dovuta». La prima stabiliva una data oltre la quale non sarebbero state ammesse nuove cause, la seconda deresponsabilizzava i subordinati dai delitti commessi sotto comando superiore. Successivamente Menem, con due indulti, completò l'operazione oblio. Il tentativo di mettere una pietra sui massacri della dittatura non solo fu inutile, ma generò un profondo e sostenuto malessere che solo ora trova risposta. Martedì scorso sono arrivate sette condanne a militari, le prime inflitte a membri delle forze armate dopo il lungo periodo che bloccò ogni processo. Tra i condannati si trovano figure di primo livello, come Cristino Nicolaides, ex capo dell'esercito. In precedenza erano stati condannati solo due poliziotti e un prete cattolico. È vero che non sono pochi i militari agli arresti, ma finora la loro condanna era stata resa possibile da un lacuna del diritto. La magistratura aveva considerato, ad esempio, che il sequestro di bambini era un reato «continuato», e pertanto escluso dalle leggi che avevano impedito i processi. Durante la dittatura i militari, cattolici fondamentalisti, quando sequestravano una donna incinta la mantenevano in vita finché partoriva. Poi gli si toglieva il bimbo, che veniva dato in adozione con documenti falsi o venduto ad altri militari o complici. La madre era uccisa o gettata viva in mare. Oltre cinquecento bambini hanno seguito questa strada: 88 sono stati recuperati dall'ostinato lavoro delle Abuelas (nonne) de Plaza de Mayo. E l'altroieri è morto Santiago Hoya, uno dei militari condannato martedì scorso a 25 anni di prigione per il sequestro e la scomparsa di sei persone. I suoi ultimi cinque anni li ha passati in carcere. La magistratura ne ha ordinato l'autopsia: dopo l'avvelenamento di Frebres, anche una morte naturale diventa sospetta.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.