Gli attentati terroristici sono oggi forme di spettacolo volte a impressionare l’immaginazione di un vasto pubblico – un pubblico ormai su scala terrestre – colpendo obiettivi simbolici a fini politici, religiosi, ideologici. Più le possibilità di comunicazione del messaggio sono ampie e diversificate (il progresso tecnologico mette a disposizione mezzi di facile accesso per comunicare), più è possibile progettare e compiere atti violenti che raggiungano molte persone. Tali attentati presuppongono dei media e consistono essi stessi in un messaggio capace di sfruttare le loro modalità di funzionamento. L’articolo si propone di offrire degli spunti di riflessione critica sulle caratteristiche della cyber-jihad e sui paradossi che questa pone al problema di garantire la libertà d’espressione senza facilitare la propaganda terroristica. I cyber-attacchi si stanno diffondendo e divengono un vero e proprio strumento di guerra che sta spingendo ad equipararli agli attacchi fisici, così che a breve sarà equivalente una risposta di contro-attacco fisico o cyber in guerre ibride già in atto. D’altro canto, dopo che l’imprevedibilità di un attentato terroristico lo abbia reso una notizia, l’immediatezza della veicolazione del messaggio al pubblico e la sua iper-mediazione (basata sulla confluenza di stimoli visuali e sonori come immagini, video, testi, animazioni) rispondono all’obiettivo di mostrare il pericolo come più vicino ed incombente di quanto magari sia. In particolare, l’assenza di regole, la possibilità di una navigazione anonima, il vasto potenziale di utenza e il veloce flusso delle informazioni, unitamente alla sua capacità di conglobare al di là di ogni frontiera fisica o culturale fanno del Web un alleato del terrorismo internazionale. La cyber-jihad e gli attentati di Parigi (da Charlie Hebdo al 13 novembre 2015) ci permetteranno di illustrare diversi aspetti di questa alleanza, in cui la rete e le condizioni che possono facilitare i processi di radicalizzazione si intersecano. La possibilità di usare professionalmente i media a proprio vantaggio deve allora essere tenuta sotto controllo sfruttando gli stessi canali di comunicazione attraverso contro-narrative inclusive e non essenzialistiche, pronte a proporre punti di contatto condivisibili tra i confini culturali, religiosi, economici e sociali.
Spreafico, A. (2015). L’uso dei media a fini terroristici: dalla cyber-jihad agli attentati di Parigi. COMUNICAZIONEPUNTODOC, 13(dicembre), 39-55.
L’uso dei media a fini terroristici: dalla cyber-jihad agli attentati di Parigi
SPREAFICO, ANDREA
2015-01-01
Abstract
Gli attentati terroristici sono oggi forme di spettacolo volte a impressionare l’immaginazione di un vasto pubblico – un pubblico ormai su scala terrestre – colpendo obiettivi simbolici a fini politici, religiosi, ideologici. Più le possibilità di comunicazione del messaggio sono ampie e diversificate (il progresso tecnologico mette a disposizione mezzi di facile accesso per comunicare), più è possibile progettare e compiere atti violenti che raggiungano molte persone. Tali attentati presuppongono dei media e consistono essi stessi in un messaggio capace di sfruttare le loro modalità di funzionamento. L’articolo si propone di offrire degli spunti di riflessione critica sulle caratteristiche della cyber-jihad e sui paradossi che questa pone al problema di garantire la libertà d’espressione senza facilitare la propaganda terroristica. I cyber-attacchi si stanno diffondendo e divengono un vero e proprio strumento di guerra che sta spingendo ad equipararli agli attacchi fisici, così che a breve sarà equivalente una risposta di contro-attacco fisico o cyber in guerre ibride già in atto. D’altro canto, dopo che l’imprevedibilità di un attentato terroristico lo abbia reso una notizia, l’immediatezza della veicolazione del messaggio al pubblico e la sua iper-mediazione (basata sulla confluenza di stimoli visuali e sonori come immagini, video, testi, animazioni) rispondono all’obiettivo di mostrare il pericolo come più vicino ed incombente di quanto magari sia. In particolare, l’assenza di regole, la possibilità di una navigazione anonima, il vasto potenziale di utenza e il veloce flusso delle informazioni, unitamente alla sua capacità di conglobare al di là di ogni frontiera fisica o culturale fanno del Web un alleato del terrorismo internazionale. La cyber-jihad e gli attentati di Parigi (da Charlie Hebdo al 13 novembre 2015) ci permetteranno di illustrare diversi aspetti di questa alleanza, in cui la rete e le condizioni che possono facilitare i processi di radicalizzazione si intersecano. La possibilità di usare professionalmente i media a proprio vantaggio deve allora essere tenuta sotto controllo sfruttando gli stessi canali di comunicazione attraverso contro-narrative inclusive e non essenzialistiche, pronte a proporre punti di contatto condivisibili tra i confini culturali, religiosi, economici e sociali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.