Il testo parte da alcune riflessioni sul tema della piega nel barocco, nell’accezione datane da Gille Deleuze, come spunto per rintracciare all’interno dell’opera di Francesco Borromini una continuità figurativa tra il piccolo e il grande, tra il dettaglio e l’opera di cui fa parte. Numerosi disegni autografi mostrano come la definizione del dettaglio assuma un ruolo centrale nell’ambito dell’opera, e sembra di poter leggere nelle pieghe che modellano le superfici architettoniche degli spazi interni, o delle facciate esterne, gli stessi valori linguistici che articolano le singole modanature. In Borromini è evidente che il disegno sia strumento di formazione del linguaggio, anche attraverso lo studio delle antichità, e che esso abbia una funzione euristica nell’ambito della ricerca progettuale. Il testo si sofferma quindi su una lettura ascalare di alcuni disegni, nei quali è possibile interpretare le pieghe che modellano le modanature, come le equivalenti articolazioni delle pareti negli invasi spaziali: spazi e frammenti di spazi immaginari. La percezione affida al corpo in movimento e a un nuovo canone dello sguardo la comprensione di uno spazio, ma per il dettaglio occorre ricorrere al senso del tatto, per percorrere e percepire, fino in fondo, la piega.
Spadafora, G. (2016). Nelle pieghe del dettaglio. L'ARCHITETTURA DELLE CITTÀ, 7.
Nelle pieghe del dettaglio
SPADAFORA, GIOVANNA
2016-01-01
Abstract
Il testo parte da alcune riflessioni sul tema della piega nel barocco, nell’accezione datane da Gille Deleuze, come spunto per rintracciare all’interno dell’opera di Francesco Borromini una continuità figurativa tra il piccolo e il grande, tra il dettaglio e l’opera di cui fa parte. Numerosi disegni autografi mostrano come la definizione del dettaglio assuma un ruolo centrale nell’ambito dell’opera, e sembra di poter leggere nelle pieghe che modellano le superfici architettoniche degli spazi interni, o delle facciate esterne, gli stessi valori linguistici che articolano le singole modanature. In Borromini è evidente che il disegno sia strumento di formazione del linguaggio, anche attraverso lo studio delle antichità, e che esso abbia una funzione euristica nell’ambito della ricerca progettuale. Il testo si sofferma quindi su una lettura ascalare di alcuni disegni, nei quali è possibile interpretare le pieghe che modellano le modanature, come le equivalenti articolazioni delle pareti negli invasi spaziali: spazi e frammenti di spazi immaginari. La percezione affida al corpo in movimento e a un nuovo canone dello sguardo la comprensione di uno spazio, ma per il dettaglio occorre ricorrere al senso del tatto, per percorrere e percepire, fino in fondo, la piega.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.