Di fronte alla “illusione” illuministica del giudice mera “bocca della legge” e al conseguente divieto della sua interpretazione patrocinato da Beccaria e dagli altri Illuministi, una volta constatato viceversa che la interpretazione costituisce un momento logicamente ineliminabile, e esclusivo, per la individuazione del “significato” di qualunque testo scritto, ne deriva che, non esistendo il diritto penale c.d. “sostanziale” fuori della sua applicazione nel processo, la unica “norma penale” effettivamente esistente è, in realtà, solo il “risultato” dell’attività interpretativa del giudice, in quanto dotata del requisito della “coercibilità”. Ciò comporta allora, da un lato, la normale coesistenza di norme “antinomiche” come momento “fisiologico” del sistema penale, dall’altro, la “retroattività” come “aspetto logico” di qualunque norma penale incriminatrice. Di fronte a tale situazione, anche se è certo che ciascun sistema normativo prevede meccanismi per garantire, da un lato, la coerenza interna dell’ordinamento, dall’altro, i destinatari della norma dall’inevitabile “rischio” derivante dalla sua retroattività, è necessario tuttavia riconoscere come, in realtà, non esistono limiti effettivi che possano vincolare l’attività “creativa” delle norme penali da parte del giudice. Dunque, se le sue scelte normative, in quanto di fatto “non controllabili”, sono inevitabilmente scelte “politiche”, ciò comporta la necessità di una “legittimazione democratica” delle norme giudiziali. Il che può avvenire, recuperando il significato politico profondo del principio di legalità secondo Beccaria, solo se la “ultima parola” in tema di “legittimità” di una certa interpretazione della legge penale, ossia della norma creata dal giudice, ritorna, in via diretta o indiretta, dentro un sistema che voglia essere realmente democratico, all’unico organo che esprime pienamente la sovranità popolare, ossia al Parlamento. Concludendo, la soluzione che si propone è la creazione di un Tribunale Supremo di Cassazione, organo giurisdizionale di ultima istanza ma “estraneo” all’ordine giudiziario e in via diretta dipendente politicamente dal Parlamento, quale garante di una interpretazione delle leggi penali che potremmo definire “autentica” in quanto conforme alla “volontà politica” dell’organo espressione della sovranità popolare.
Trapani, M. (2017). Creazione giudiziale della norma penale e suo controllo politico. Riflessioni su Cesare Beccaria e l’interpretazione della legge penale 250 anni dopo. ARCHIVIO PENALE.
Creazione giudiziale della norma penale e suo controllo politico. Riflessioni su Cesare Beccaria e l’interpretazione della legge penale 250 anni dopo
TRAPANI, Mario
2017-01-01
Abstract
Di fronte alla “illusione” illuministica del giudice mera “bocca della legge” e al conseguente divieto della sua interpretazione patrocinato da Beccaria e dagli altri Illuministi, una volta constatato viceversa che la interpretazione costituisce un momento logicamente ineliminabile, e esclusivo, per la individuazione del “significato” di qualunque testo scritto, ne deriva che, non esistendo il diritto penale c.d. “sostanziale” fuori della sua applicazione nel processo, la unica “norma penale” effettivamente esistente è, in realtà, solo il “risultato” dell’attività interpretativa del giudice, in quanto dotata del requisito della “coercibilità”. Ciò comporta allora, da un lato, la normale coesistenza di norme “antinomiche” come momento “fisiologico” del sistema penale, dall’altro, la “retroattività” come “aspetto logico” di qualunque norma penale incriminatrice. Di fronte a tale situazione, anche se è certo che ciascun sistema normativo prevede meccanismi per garantire, da un lato, la coerenza interna dell’ordinamento, dall’altro, i destinatari della norma dall’inevitabile “rischio” derivante dalla sua retroattività, è necessario tuttavia riconoscere come, in realtà, non esistono limiti effettivi che possano vincolare l’attività “creativa” delle norme penali da parte del giudice. Dunque, se le sue scelte normative, in quanto di fatto “non controllabili”, sono inevitabilmente scelte “politiche”, ciò comporta la necessità di una “legittimazione democratica” delle norme giudiziali. Il che può avvenire, recuperando il significato politico profondo del principio di legalità secondo Beccaria, solo se la “ultima parola” in tema di “legittimità” di una certa interpretazione della legge penale, ossia della norma creata dal giudice, ritorna, in via diretta o indiretta, dentro un sistema che voglia essere realmente democratico, all’unico organo che esprime pienamente la sovranità popolare, ossia al Parlamento. Concludendo, la soluzione che si propone è la creazione di un Tribunale Supremo di Cassazione, organo giurisdizionale di ultima istanza ma “estraneo” all’ordine giudiziario e in via diretta dipendente politicamente dal Parlamento, quale garante di una interpretazione delle leggi penali che potremmo definire “autentica” in quanto conforme alla “volontà politica” dell’organo espressione della sovranità popolare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.