Al MAXXI di Roma è in atto una grande mostra dei lavori di Paolo Pellegrin, fotogiornalista Associato della Magnum Photos. Nato a Roma nel 1964 pubblica sulle maggiori testate internazionali, collaborando con “Newsweek” e con il “New York Times Magazine”. Noto per i suoi reportage di guerra, è considerato uno dei più grandi e sensibili fotogiornalisti del nostro tempo: si è sempre mosso sul terreno della responsabilità richiesta dalla fotografia ogni volta che inquadra un soggetto per offrirlo al lettore. Le sue raccolte di foto di guerra o di catastrofi hanno un motivo dominate: la disgrazia non è mai palese, quasi sempre allusa. Spesso scatta un attimo prima o un attimo dopo l’evento, come fosse un fotogramma estratto da un filmato che chiede, a chi osserva, di ricostruirne la storia e di rifletterci su. Più che mettere in evidenza la violenza, sottolinea la tristezza: non descrivere la catastrofe, ma capta il vuoto che resta dopo, ne fotografa la malinconia, induce alla riflessione. Le sue immagini sono trasposizioni poetiche di ciò che resta dopo uno tsunami, una bomba o un terremoto. La sua posizione è ben diversa da chi fissa con l’obiettivo il momento della disgrazia e spettacolarizza il dolore, sicuramente di grande impatto, ma che non fa pensare, non permette di andare oltre.

Ghisi, G. (2018). Paolo Pellegrin. Un’antologia. TICONZERO NEWS, 90(90), 0-13.

Paolo Pellegrin. Un’antologia.

Ghisi Grütter
2018-01-01

Abstract

Al MAXXI di Roma è in atto una grande mostra dei lavori di Paolo Pellegrin, fotogiornalista Associato della Magnum Photos. Nato a Roma nel 1964 pubblica sulle maggiori testate internazionali, collaborando con “Newsweek” e con il “New York Times Magazine”. Noto per i suoi reportage di guerra, è considerato uno dei più grandi e sensibili fotogiornalisti del nostro tempo: si è sempre mosso sul terreno della responsabilità richiesta dalla fotografia ogni volta che inquadra un soggetto per offrirlo al lettore. Le sue raccolte di foto di guerra o di catastrofi hanno un motivo dominate: la disgrazia non è mai palese, quasi sempre allusa. Spesso scatta un attimo prima o un attimo dopo l’evento, come fosse un fotogramma estratto da un filmato che chiede, a chi osserva, di ricostruirne la storia e di rifletterci su. Più che mettere in evidenza la violenza, sottolinea la tristezza: non descrivere la catastrofe, ma capta il vuoto che resta dopo, ne fotografa la malinconia, induce alla riflessione. Le sue immagini sono trasposizioni poetiche di ciò che resta dopo uno tsunami, una bomba o un terremoto. La sua posizione è ben diversa da chi fissa con l’obiettivo il momento della disgrazia e spettacolarizza il dolore, sicuramente di grande impatto, ma che non fa pensare, non permette di andare oltre.
2018
Ghisi, G. (2018). Paolo Pellegrin. Un’antologia. TICONZERO NEWS, 90(90), 0-13.
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