A partire da una problematizzazione della nozione deweyana di ‘esperienza’ utilizzata nelle scienze cognitive odierne, l'articolo argomenta a favore di una sua sostituzione con la nozione meadiana di ‘atto’. Sebbene, infatti, l'approccio di Dewey alla cognizione si mostri un contributo essenziale alla pragmatist turn delle scienze cognitive e la sua teoria della relazione organica particolarmente proficua per i futuri sviluppi di indagine in questo campo, la sua nozione di ‘esperienza’ rischia di rivelarsi l'anello debole nel programma di implementazione empirica di una tale svolta. In una prospettiva che mostra un chiaro intento empirico come quello del programma 4E, il concetto di esperienza, in quanto volutamente vago e fumoso, e con la sua forte pregnanza metafisica, non sembra offrire un criterio operativo utile a escludere dalla valutazione aspetti che non dovrebbero essere considerati costitutivi del mentale. Inoltre, nella sua apertura alla determinazione complessiva della relazione tra organismo e ambiente, tale nozione non contribuisce alla definizione delle fasi che ne caratterizzano la stessa dinamica relazionale. Il saggio propone come soluzione a queste criticità di volgere l'attenzione alla nozione di ‘atto’ di Mead. Per quanto, infatti le nozioni di atto di Mead e di esperienza di Dewey siano senza dubbio affini, frutto di elaborazioni spesso congiunte dei due autori, l'atto sembra più adatto a descrivere nelle sue differenti caratteristiche il processo ideo-senso-motorio che caratterizza un approccio integrato in cui percezione e azione vengono viste indissolubilmente legate. La teoria dell'atto di Mead si mostra uno strumento epistemologico particolarmente utile al programma empirico della 4E, offrendo inoltre un contributo interessante al dibattito tra rappresentazionalisti ed enattivisti radicali.
Baggio, G. (2018). La teoria dell’atto di Mead. Un contributo alla pragmatist turn nelle scienze cognitive. NÓEMA, 9, 42-59 [10.13130/2239-5474/11194].
La teoria dell’atto di Mead. Un contributo alla pragmatist turn nelle scienze cognitive
Guido Baggio
2018-01-01
Abstract
A partire da una problematizzazione della nozione deweyana di ‘esperienza’ utilizzata nelle scienze cognitive odierne, l'articolo argomenta a favore di una sua sostituzione con la nozione meadiana di ‘atto’. Sebbene, infatti, l'approccio di Dewey alla cognizione si mostri un contributo essenziale alla pragmatist turn delle scienze cognitive e la sua teoria della relazione organica particolarmente proficua per i futuri sviluppi di indagine in questo campo, la sua nozione di ‘esperienza’ rischia di rivelarsi l'anello debole nel programma di implementazione empirica di una tale svolta. In una prospettiva che mostra un chiaro intento empirico come quello del programma 4E, il concetto di esperienza, in quanto volutamente vago e fumoso, e con la sua forte pregnanza metafisica, non sembra offrire un criterio operativo utile a escludere dalla valutazione aspetti che non dovrebbero essere considerati costitutivi del mentale. Inoltre, nella sua apertura alla determinazione complessiva della relazione tra organismo e ambiente, tale nozione non contribuisce alla definizione delle fasi che ne caratterizzano la stessa dinamica relazionale. Il saggio propone come soluzione a queste criticità di volgere l'attenzione alla nozione di ‘atto’ di Mead. Per quanto, infatti le nozioni di atto di Mead e di esperienza di Dewey siano senza dubbio affini, frutto di elaborazioni spesso congiunte dei due autori, l'atto sembra più adatto a descrivere nelle sue differenti caratteristiche il processo ideo-senso-motorio che caratterizza un approccio integrato in cui percezione e azione vengono viste indissolubilmente legate. La teoria dell'atto di Mead si mostra uno strumento epistemologico particolarmente utile al programma empirico della 4E, offrendo inoltre un contributo interessante al dibattito tra rappresentazionalisti ed enattivisti radicali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.