Nell’ambito del noto caso Tarantini, la Corte d’Appello di Bari ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, co. 1, nn. 4) e 8), della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. Legge Merlin), nella parte in cui si attribuisce rilevanza penale alla condotta di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione “volontariamente e consapevolmente esercitata”, ravvisando, inter alia, una possibile violazione del principio di necessaria offensività, considerato (già) nella sua dimensione di offensività “in astratto”. Il Giudice delle Leggi ha ritenuto, tuttavia, non fondate le eccezioni in quanto «anche nell’attuale momento storico, quando pure non si sia al cospetto di vere e proprie forme di prostituzione forzata, la scelta di “vendere sesso” trova alla sua radice, nella larghissima maggioranza dei casi, fattori che condizionano e limitano la libertà di autodeterminazione dell’individuo». La Consulta, inoltre, nel riaffermare la costituzionalità delle scelte di criminalizzazione in materia di prostituzione, sembra valorizzare una nozione oggettiva (o impersonale) del bene “dignità”.
Baffa, G. (2019). La condotta di reclutamento e di favoreggiamento della prostituzione nell’ambito del libero esercizio di prestazioni sessuali. A proposito della sentenza n. 141 del 2019 della Corte costituzionale (caso Tarantini).
La condotta di reclutamento e di favoreggiamento della prostituzione nell’ambito del libero esercizio di prestazioni sessuali. A proposito della sentenza n. 141 del 2019 della Corte costituzionale (caso Tarantini)
BAFFA, GIULIO
2019-01-01
Abstract
Nell’ambito del noto caso Tarantini, la Corte d’Appello di Bari ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, co. 1, nn. 4) e 8), della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. Legge Merlin), nella parte in cui si attribuisce rilevanza penale alla condotta di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione “volontariamente e consapevolmente esercitata”, ravvisando, inter alia, una possibile violazione del principio di necessaria offensività, considerato (già) nella sua dimensione di offensività “in astratto”. Il Giudice delle Leggi ha ritenuto, tuttavia, non fondate le eccezioni in quanto «anche nell’attuale momento storico, quando pure non si sia al cospetto di vere e proprie forme di prostituzione forzata, la scelta di “vendere sesso” trova alla sua radice, nella larghissima maggioranza dei casi, fattori che condizionano e limitano la libertà di autodeterminazione dell’individuo». La Consulta, inoltre, nel riaffermare la costituzionalità delle scelte di criminalizzazione in materia di prostituzione, sembra valorizzare una nozione oggettiva (o impersonale) del bene “dignità”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.