Nel luglio 2018, in piena temperie fobica tra sbarchi, naufragi e razzismi non più striscianti, un post viene istantaneamente condiviso più di 9.000 volte su Facebook. L’immagine ritrae una massa oceanica di umani in un paesaggio d’acqua, imbarcazioni, un grande volume al centro. Il testo parla di un porto libico e di navi stracolme di persone pronte a salpare per l’Italia. Come qualcuno si affretterà ad avvertire, si tratta invece della foto di un famoso concerto dei Pink Floyd tenutosi a Venezia nel 1989. Eppure, il profilo della città è inconfondibile, come sono altrettanto inconfondibili la fermata del vaporetto e il consueto armamentario ipertrofico dispiegato da Gilmour e compagni per le loro esibizioni. Sarà un episodio estivo tutto sommato minore, ascrivibile tanto alle tensioni del momento quanto alla consueta sciatteria indotta dai social network; ma l’equivoco potrebbe essere anche indizio di un fenomeno dai contorni incerti. Resta il dubbio, cioè, che i grandi assembramenti abbiano effettivamente una loro fattispecie autonoma, che riassume quel che di inebriante, animale e mostruoso c’è negli sciami umani, dove le differenze fra migranti disperati, rockettari, dimostranti, turisti, fedeli o tifosi possono sfumarsi. «Ad ogni individuo il suo posto; ed in ogni posto il suo individuo. Evitare le distribuzioni a gruppi; scomporre le strutture collettive; analizzare le pluralità confuse, massive o sfuggenti», scriveva Michel Foucault (Surveiller et punir, 1975) del modo in cui la modernità ha cercato di disciplinare la massa, descrivendo l’architettura quasi come uno zoning dei corpi. Ma la massa, appunto, sfugge. Tende a resistere alle forme di disciplina e a determinare suoi propri dispositivi di occupazione dello spazio. Il rapporto tra masse e spazio è il soggetto di questo articolo e del numero di Rassegna di Architettura e Urbanistica di cui costituisce il saggio introduttivo, che indaga sia le multiformi configurazioni spaziali a cui danno vita i progetti di regolamentazione delle masse (architettura per le masse), sia gli effetti paradossali – opprimenti o liberatori a seconda dei casi – della comparsa dello sciame sulla scena urbana e di un uso massivo dello spazio.

Longobardi, G. (2020). Masse, corpi e spazio. Frammenti di lettura. RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA, 160, 5-10.

Masse, corpi e spazio. Frammenti di lettura

giovanni longobardi
2020-01-01

Abstract

Nel luglio 2018, in piena temperie fobica tra sbarchi, naufragi e razzismi non più striscianti, un post viene istantaneamente condiviso più di 9.000 volte su Facebook. L’immagine ritrae una massa oceanica di umani in un paesaggio d’acqua, imbarcazioni, un grande volume al centro. Il testo parla di un porto libico e di navi stracolme di persone pronte a salpare per l’Italia. Come qualcuno si affretterà ad avvertire, si tratta invece della foto di un famoso concerto dei Pink Floyd tenutosi a Venezia nel 1989. Eppure, il profilo della città è inconfondibile, come sono altrettanto inconfondibili la fermata del vaporetto e il consueto armamentario ipertrofico dispiegato da Gilmour e compagni per le loro esibizioni. Sarà un episodio estivo tutto sommato minore, ascrivibile tanto alle tensioni del momento quanto alla consueta sciatteria indotta dai social network; ma l’equivoco potrebbe essere anche indizio di un fenomeno dai contorni incerti. Resta il dubbio, cioè, che i grandi assembramenti abbiano effettivamente una loro fattispecie autonoma, che riassume quel che di inebriante, animale e mostruoso c’è negli sciami umani, dove le differenze fra migranti disperati, rockettari, dimostranti, turisti, fedeli o tifosi possono sfumarsi. «Ad ogni individuo il suo posto; ed in ogni posto il suo individuo. Evitare le distribuzioni a gruppi; scomporre le strutture collettive; analizzare le pluralità confuse, massive o sfuggenti», scriveva Michel Foucault (Surveiller et punir, 1975) del modo in cui la modernità ha cercato di disciplinare la massa, descrivendo l’architettura quasi come uno zoning dei corpi. Ma la massa, appunto, sfugge. Tende a resistere alle forme di disciplina e a determinare suoi propri dispositivi di occupazione dello spazio. Il rapporto tra masse e spazio è il soggetto di questo articolo e del numero di Rassegna di Architettura e Urbanistica di cui costituisce il saggio introduttivo, che indaga sia le multiformi configurazioni spaziali a cui danno vita i progetti di regolamentazione delle masse (architettura per le masse), sia gli effetti paradossali – opprimenti o liberatori a seconda dei casi – della comparsa dello sciame sulla scena urbana e di un uso massivo dello spazio.
2020
Longobardi, G. (2020). Masse, corpi e spazio. Frammenti di lettura. RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA, 160, 5-10.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/367612
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact