Che cosa intendiamo con “vacanze”? Usiamo comunemente questa parola in espressioni come: sono stanco, ho bisogno di un po’ di vacanza, oppure ah, vedo che ti dai alla vacanza!, o Con la testa sei già in vacanza!, significativamente al singolare, perché spesso la concepiamo come sinonimo di ‘riposo’, ossia di ‘non fare niente’. Ma è questo il suo vero senso? E soprattutto, questo senso del termine ci conviene, o interpretare così le vacanze rischia di farci perdere qualche cosa? La parola ci arriva dal latino attraverso il francese vacance, ed è derivato del verbo vacare, cioè ‘essere privo di qualcosa’. In particolare, ha il senso di ‘essere privo dei propri impegni consueti’, quindi ‘avere tempo libero’. La radice è la stessa di vacuus, ‘vuoto’: la vacanza è un tempo vuoto, non già riempito da cose. Insomma, il vero senso della parola dice che si tratta di una potenzialità, del crearsi di occasioni, grazie al venir meno di occupazioni abituali (occupato infatti è proprio il contrario di vacante[1]): non è affatto necessario che questa libertà, questa potenzialità, debbano prendere la forma del non fare niente. Chi lo pensa sta equivocando. Come è noto, questo equivoco ha già travolto la parola ozio: fin dai banchi di scuola si impara che per i nostri antichi progenitori l’otium non era la nullafacenza, ma il tempo dedicato alle cose elevate, perché libero dalle minuzie volgari che sono necessarie per tirare avanti. La vacanza era il tempo essenziale, quello che nobilitava e faceva crescere. Noi lo abbiamo disimparato.
Lombardi Vallauri, E. (2020). Vacanze. MICROMEGA.
Vacanze
Lombardi Vallauri, Edoardo
2020-01-01
Abstract
Che cosa intendiamo con “vacanze”? Usiamo comunemente questa parola in espressioni come: sono stanco, ho bisogno di un po’ di vacanza, oppure ah, vedo che ti dai alla vacanza!, o Con la testa sei già in vacanza!, significativamente al singolare, perché spesso la concepiamo come sinonimo di ‘riposo’, ossia di ‘non fare niente’. Ma è questo il suo vero senso? E soprattutto, questo senso del termine ci conviene, o interpretare così le vacanze rischia di farci perdere qualche cosa? La parola ci arriva dal latino attraverso il francese vacance, ed è derivato del verbo vacare, cioè ‘essere privo di qualcosa’. In particolare, ha il senso di ‘essere privo dei propri impegni consueti’, quindi ‘avere tempo libero’. La radice è la stessa di vacuus, ‘vuoto’: la vacanza è un tempo vuoto, non già riempito da cose. Insomma, il vero senso della parola dice che si tratta di una potenzialità, del crearsi di occasioni, grazie al venir meno di occupazioni abituali (occupato infatti è proprio il contrario di vacante[1]): non è affatto necessario che questa libertà, questa potenzialità, debbano prendere la forma del non fare niente. Chi lo pensa sta equivocando. Come è noto, questo equivoco ha già travolto la parola ozio: fin dai banchi di scuola si impara che per i nostri antichi progenitori l’otium non era la nullafacenza, ma il tempo dedicato alle cose elevate, perché libero dalle minuzie volgari che sono necessarie per tirare avanti. La vacanza era il tempo essenziale, quello che nobilitava e faceva crescere. Noi lo abbiamo disimparato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.