Nel febbraio del 1827, come dono per il diciottesimo compleanno, Mendelssohn ricevette da Ferdinand David una copia del quartetto op. 127 di Beethoven. Ne fu affascinato e s’immerse nello studio di tutta l’ultima produzione quartettistica beethoveniana, reperendo taluni spartiti anche prima della loro pubblicazione. Durante quest’intenso periodo di studio compose il suo primo quartetto per archi, l’op. 13 in La minore. Mendelssohn espliciterà la derivazione beethoveniana del quartetto, d’immediato riconoscimento all’ascolto, in una lettera del febbraio 1828 all’amico compositore Adolf Fredrik Lindblad: facendo cenno ai legami tematici che intercorrono all’interno di ciascuno e tra i vari quartetti di Beethoven che andava studiando, dichiarerà di aver tratto il tema del quartetto da un Lied composto poco prima, e di aver impiegato tale tema per unificare i quattro movimenti del brano. Nel Lied tale breve inciso corrisponde ad una domanda: «Ist es wahr?». Inoltre sembra essere apparentato con almeno due motivi beethoveniani: la figurazione d’esordio del secondo movimento, Die Abwesenheit, della sonata per pianoforte op. 81a; ed il «motto» dell’ultimo movimento, Der schwer gefaßte Entschluss, dell’op. 135, «Muss es sein?». Il Lied parrebbe inoltre essere un’effusione autobiografica, dedicata a Elisabeth Pistor, detta Betty, una fanciulla di cui il giovane Felix si era innamorato. La figura di Betty compare come elemento unificatore del successivo quartetto, l’op. 12 in Mib maggiore. Il primo tema del primo movimento esordisce con un “soggetto cavato”: Sib Mib, vale a dire BES in tedesco, cioè le lettere musicali del nome dell’amata. Lo stesso farà pochissimi anni dopo il giovane Schumann con i “soggetti cavati” delle sue più celebri composizioni pianistiche: l’ispirazione potrebbe essere la medesima, il romanzo Flegeljahre di Jean Paul, che Mendelssohn e Schumann conoscevano ed adoravano. Il nome musicale di Betty sarà l’inciso unificatore dell’intero quartetto. Ma la rete di relazioni tra i due quartetti e tra questi e gli ultimi lavori beethoveniani, con tratti dell’autobiografismo intellettualistico schumanniano, non si esaurisce con questo. Nel presente contributo tenterò di dipanare un poco l’aggrovigliata matassa, anche nell’intento di mostrare quali complessità di concezione si possano nascondere sotto l’apparente imperturbabilità delle composizioni di un poco più che diciottenne.
Arfini, M.T. (2016). Mendelssohn tra Beethoven e Schumann: i quartetti per archi op. 13 ed op. 12. In C.M. Bianca Maria Antolini (a cura di), Il giovane Mendelssohn (pp. 129-141). Lucca : Libreria Italiana Musicale.
Mendelssohn tra Beethoven e Schumann: i quartetti per archi op. 13 ed op. 12
Maria Teresa Arfini
2016-01-01
Abstract
Nel febbraio del 1827, come dono per il diciottesimo compleanno, Mendelssohn ricevette da Ferdinand David una copia del quartetto op. 127 di Beethoven. Ne fu affascinato e s’immerse nello studio di tutta l’ultima produzione quartettistica beethoveniana, reperendo taluni spartiti anche prima della loro pubblicazione. Durante quest’intenso periodo di studio compose il suo primo quartetto per archi, l’op. 13 in La minore. Mendelssohn espliciterà la derivazione beethoveniana del quartetto, d’immediato riconoscimento all’ascolto, in una lettera del febbraio 1828 all’amico compositore Adolf Fredrik Lindblad: facendo cenno ai legami tematici che intercorrono all’interno di ciascuno e tra i vari quartetti di Beethoven che andava studiando, dichiarerà di aver tratto il tema del quartetto da un Lied composto poco prima, e di aver impiegato tale tema per unificare i quattro movimenti del brano. Nel Lied tale breve inciso corrisponde ad una domanda: «Ist es wahr?». Inoltre sembra essere apparentato con almeno due motivi beethoveniani: la figurazione d’esordio del secondo movimento, Die Abwesenheit, della sonata per pianoforte op. 81a; ed il «motto» dell’ultimo movimento, Der schwer gefaßte Entschluss, dell’op. 135, «Muss es sein?». Il Lied parrebbe inoltre essere un’effusione autobiografica, dedicata a Elisabeth Pistor, detta Betty, una fanciulla di cui il giovane Felix si era innamorato. La figura di Betty compare come elemento unificatore del successivo quartetto, l’op. 12 in Mib maggiore. Il primo tema del primo movimento esordisce con un “soggetto cavato”: Sib Mib, vale a dire BES in tedesco, cioè le lettere musicali del nome dell’amata. Lo stesso farà pochissimi anni dopo il giovane Schumann con i “soggetti cavati” delle sue più celebri composizioni pianistiche: l’ispirazione potrebbe essere la medesima, il romanzo Flegeljahre di Jean Paul, che Mendelssohn e Schumann conoscevano ed adoravano. Il nome musicale di Betty sarà l’inciso unificatore dell’intero quartetto. Ma la rete di relazioni tra i due quartetti e tra questi e gli ultimi lavori beethoveniani, con tratti dell’autobiografismo intellettualistico schumanniano, non si esaurisce con questo. Nel presente contributo tenterò di dipanare un poco l’aggrovigliata matassa, anche nell’intento di mostrare quali complessità di concezione si possano nascondere sotto l’apparente imperturbabilità delle composizioni di un poco più che diciottenne.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.