The new era we inhabit is one of crisis: contemporaneity is the time of complexity and entropy, and for the disciplines of architecture and design, it is a time when mediations and connections are no longer optional but inevitable. The life of multiple and ever-changing communities, which express diverse and often contradictory needs, has confronted design with new challenges. Much like the issue of climate change—paradigmatic of the crisis in the nature/non-nature relationship—the pandemic condition we are experiencing in these months is a particularly clear and painful expression of this high-speed uncertainty. This essay, aligning itself with a specific disciplinary tradition, seeks new potential spaces of action for design. Words such as ephemeral, weak, porous, metabolic, fluid, multiscalar, interrupted, unfinished, transformable, accompany the complex transition of architecture, which is called upon to become an “infrastructure for inhabiting” the city: a city that is at once a productive machine and a nurturing womb, both "home" and "space of negotium," a strategic node in the global grid of contemporary economic geography, and a habitat for resident communities expressing small-scale, local needs.

La nuova epoca che abitiamo è epoca di crisi: la contemporaneità è il tempo della complessità e dell’entropia e, per le discipline dell’architettura e del progetto, è il tempo in cui mediazioni e parentele non sono più indispensabili ma inevitabili. La vita di comunità multiple e mutevoli, che esprimono necessità diverse e spesso contraddittorie, ha messo il progetto di fronte a sfide nuove. Come la questione dei cambiamenti climatici, paradigma della crisi del rapporto natura-non natura, la condizione pandemica che viviamo in questi mesi è un’espressione particolarmente chiara e dolorosa di questo presente di incertezza ad alta velocità. Il saggio, ponendosi in continuità con una parte precisa di tradizione disciplinare, va alla ricerca di nuovi possibili spazi d’azione per il progetto. Parole come effimero, debole, poroso, metabolico, fluido, multiscalare, interrotto, incompiuto, trasformabile, accompagnano la complessa transizione dell’architettura, chiamata a farsi “infrastruttura per abitare” la città: una città che è allo stesso tempo macchina produttiva e grembo materno, “dimora” e “spazio di negotium”, nodo strategico nella griglia globale della geografia economica contemporanea e habitat delle comunità residenti che esprimono necessità minute e locali.

Pone, M. (2021). Sul potenziale della situazione: architettura come infrastruttura. OP. CIT., 170, 25-37.

Sul potenziale della situazione: architettura come infrastruttura

Maria Pone
2021-01-01

Abstract

The new era we inhabit is one of crisis: contemporaneity is the time of complexity and entropy, and for the disciplines of architecture and design, it is a time when mediations and connections are no longer optional but inevitable. The life of multiple and ever-changing communities, which express diverse and often contradictory needs, has confronted design with new challenges. Much like the issue of climate change—paradigmatic of the crisis in the nature/non-nature relationship—the pandemic condition we are experiencing in these months is a particularly clear and painful expression of this high-speed uncertainty. This essay, aligning itself with a specific disciplinary tradition, seeks new potential spaces of action for design. Words such as ephemeral, weak, porous, metabolic, fluid, multiscalar, interrupted, unfinished, transformable, accompany the complex transition of architecture, which is called upon to become an “infrastructure for inhabiting” the city: a city that is at once a productive machine and a nurturing womb, both "home" and "space of negotium," a strategic node in the global grid of contemporary economic geography, and a habitat for resident communities expressing small-scale, local needs.
2021
La nuova epoca che abitiamo è epoca di crisi: la contemporaneità è il tempo della complessità e dell’entropia e, per le discipline dell’architettura e del progetto, è il tempo in cui mediazioni e parentele non sono più indispensabili ma inevitabili. La vita di comunità multiple e mutevoli, che esprimono necessità diverse e spesso contraddittorie, ha messo il progetto di fronte a sfide nuove. Come la questione dei cambiamenti climatici, paradigma della crisi del rapporto natura-non natura, la condizione pandemica che viviamo in questi mesi è un’espressione particolarmente chiara e dolorosa di questo presente di incertezza ad alta velocità. Il saggio, ponendosi in continuità con una parte precisa di tradizione disciplinare, va alla ricerca di nuovi possibili spazi d’azione per il progetto. Parole come effimero, debole, poroso, metabolico, fluido, multiscalare, interrotto, incompiuto, trasformabile, accompagnano la complessa transizione dell’architettura, chiamata a farsi “infrastruttura per abitare” la città: una città che è allo stesso tempo macchina produttiva e grembo materno, “dimora” e “spazio di negotium”, nodo strategico nella griglia globale della geografia economica contemporanea e habitat delle comunità residenti che esprimono necessità minute e locali.
Pone, M. (2021). Sul potenziale della situazione: architettura come infrastruttura. OP. CIT., 170, 25-37.
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