Nella produzione musicale napoletana per strumenti da tasto della prima metà del Seicento dominò il principio stilistico della stravaganza artificiosa, genericamente etichettato come ‘capriccio’. Il termine è presente nel titolo di molte raccolte napoletane; ricordiamo i Capricci di Jean de Macque (1548/50–1614), il Primo e secondo libro di diversi capricci (Napoli, 1603-1609) di Ascanio Mayone (ca. 1565–1627), il Secondo libro de ricercare ed altri varii capricci (Napoli, 1615) di Giovanni Maria Trabaci (ca. 1575–1647), i Capricci da sonare cembali et organi (Napoli, 1687) di Gregorio Strozzi (1615-1687). Con la locuzione ‘capriccio’ si designano composizioni contrappuntistiche sorprendenti ed elaborate, difficoltose sia dal punto di vista strutturale sia esecutivo, senza definire propriamente un genere ma abbracciando più generi accomunati da uno stile caratterizzato da una struttura frammentata con frequenti cambi di clima espressivo, un uso spericolato del cromatismo, un forte sperimentalismo armonico (a margine va ricordato l‘interesse dei cembalisti napoletani per gli strumenti micro-tonali). In questo saggio è analizzata una scelta esemplificativa di tale repertorio, nel tentativo di individuarne l’influenza sulla musica strumentale, tastieristica e non, fiorita a Napoli a cavallo tra Sei e Settecento.
Arfini, M.T. (2023). Il repertorio di Capricci nella musica tastieristica napoletana del Seicento: peculiarità e influenze sulla produzione strumentale successiva. In Guido Oliveri (a cura di), Marchitelli, Mascitti e la musica strumentale napoletana fra Sei e Settecento (pp. 99-118). Lucca : Libreria Italiana Musicale.
Il repertorio di Capricci nella musica tastieristica napoletana del Seicento: peculiarità e influenze sulla produzione strumentale successiva
Maria Teresa Arfini
2023-01-01
Abstract
Nella produzione musicale napoletana per strumenti da tasto della prima metà del Seicento dominò il principio stilistico della stravaganza artificiosa, genericamente etichettato come ‘capriccio’. Il termine è presente nel titolo di molte raccolte napoletane; ricordiamo i Capricci di Jean de Macque (1548/50–1614), il Primo e secondo libro di diversi capricci (Napoli, 1603-1609) di Ascanio Mayone (ca. 1565–1627), il Secondo libro de ricercare ed altri varii capricci (Napoli, 1615) di Giovanni Maria Trabaci (ca. 1575–1647), i Capricci da sonare cembali et organi (Napoli, 1687) di Gregorio Strozzi (1615-1687). Con la locuzione ‘capriccio’ si designano composizioni contrappuntistiche sorprendenti ed elaborate, difficoltose sia dal punto di vista strutturale sia esecutivo, senza definire propriamente un genere ma abbracciando più generi accomunati da uno stile caratterizzato da una struttura frammentata con frequenti cambi di clima espressivo, un uso spericolato del cromatismo, un forte sperimentalismo armonico (a margine va ricordato l‘interesse dei cembalisti napoletani per gli strumenti micro-tonali). In questo saggio è analizzata una scelta esemplificativa di tale repertorio, nel tentativo di individuarne l’influenza sulla musica strumentale, tastieristica e non, fiorita a Napoli a cavallo tra Sei e Settecento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.