Al Fondaco dei Turchi, per l’intera lunghezza del fronte del palazzo, la banchina è color verde smeraldo. È un’anomalia, nulla di simile su tutto il Canal Grande, e ha ormai acquisito una certa notorietà. È opera di Zai Bravharara, paesaggista mediorientale, tra le più affermate della sua generazione, incaricata anni fa dal Museo di Storia Naturale del recupero del portico sul canale. È dicembre quando arriva a Venezia, l’aria gelida, l’ospite che l’accompagnerà in ritardo. Lo attende in stazione, rivolta distrattamente verso San Simeon. È la leggera vibrazione di una lampada in procinto di esaurirsi a farle notare che sulla pancia del soffitto, subito fuori, vetrate retroilluminate ritraggono fondali marini affollati di creature di ogni sorta, pesci, molluschi, alghe. Le pare incredibile non averle mai notate prima, anche lei, come tutti, distratta dalla sovraesposizione di Venezia che letteralmente ti esplode in faccia, negli occhi, a ogni arrivo, ed è poi un’ipnosi. Quei fondali sulla testa dicono che Venezia è un acquario prima ancora che una città e arrivarci equivale a un’immersione, diventare anfibi, partecipare a un pullulante raduno di vite terracquee. Che per vederla occorre un cambio di prospettiva, mento in alto, su la testa. E che la laguna è ovunque, anche nell’aria, in questo odore pungente. Tecnicamente è l’interazione di molecole diverse, dimetil solfuro, dictioptereni, bromofenoli, esalazione di alghe che popolano fondamenta, briccole, facciate, barche. È un miasma di metamorfosi, consunzione e genesi, macerazione di superfici in secca, ossigenazione e ripascimento, le alghe verdi fiorire sulle brune, in un ricorrere incessante di devitalizzazioni e accrescimenti. Raggiunto il Fondaco, il sovrapporsi di quell’odore rancido e di quella visione subacquea appare come un destino. Oltre gli archi, la banchina è un lastricato scivoloso, levigato dalle maree come una pialla ad orologeria, ogni sei ore. Starci sopra, adesso, portando i passi su un velo d’acqua, dà le vertigini e fa vacillare, anche a star fermi. Sul bordo, dove la pietra si arresta e il Canale affonda, cespi radi di alghe sono avanzi concessi dalle idropulitrici, attivate con cadenza mensile. Bravharara dispone di sospendere ogni intervento di pulizia per consentire alle alghe di avanzare, facendo del portico la nuova sala di un museo che ha per mandato il racconto della storia naturale della città, giardino-algario dove mettere in scena la morfogenesi della città-laguna, il negoziato irrisolto tra edifici, acque, pietre, molluschi, alghe, umani. Brado e progettato, è combinazione di fisionomie e fisiologie diverse, organiche e inorganiche, di stati biologici, estetici, simbolici e politici eterodossi. Nello spessore di un paio di centimetri, l’Algario dei Turchi si distende come una selva bidimensionale, maleodorante e irresistibile, di un verde eccitato e difforme.

Metta, A., D'Orazio, P. (2023). Algario dei Turchi. Paesaggi di una città-acquario. In Egidio Cutillo (a cura di), Bestiario di architettura. Nature e proprietà di progetti reali o immaginari (pp. 292-308). Sesto San Giovanni : Mimesis [10.7413/1234-1234014].

Algario dei Turchi. Paesaggi di una città-acquario

annalisa metta;paolo d'orazio
2023-01-01

Abstract

Al Fondaco dei Turchi, per l’intera lunghezza del fronte del palazzo, la banchina è color verde smeraldo. È un’anomalia, nulla di simile su tutto il Canal Grande, e ha ormai acquisito una certa notorietà. È opera di Zai Bravharara, paesaggista mediorientale, tra le più affermate della sua generazione, incaricata anni fa dal Museo di Storia Naturale del recupero del portico sul canale. È dicembre quando arriva a Venezia, l’aria gelida, l’ospite che l’accompagnerà in ritardo. Lo attende in stazione, rivolta distrattamente verso San Simeon. È la leggera vibrazione di una lampada in procinto di esaurirsi a farle notare che sulla pancia del soffitto, subito fuori, vetrate retroilluminate ritraggono fondali marini affollati di creature di ogni sorta, pesci, molluschi, alghe. Le pare incredibile non averle mai notate prima, anche lei, come tutti, distratta dalla sovraesposizione di Venezia che letteralmente ti esplode in faccia, negli occhi, a ogni arrivo, ed è poi un’ipnosi. Quei fondali sulla testa dicono che Venezia è un acquario prima ancora che una città e arrivarci equivale a un’immersione, diventare anfibi, partecipare a un pullulante raduno di vite terracquee. Che per vederla occorre un cambio di prospettiva, mento in alto, su la testa. E che la laguna è ovunque, anche nell’aria, in questo odore pungente. Tecnicamente è l’interazione di molecole diverse, dimetil solfuro, dictioptereni, bromofenoli, esalazione di alghe che popolano fondamenta, briccole, facciate, barche. È un miasma di metamorfosi, consunzione e genesi, macerazione di superfici in secca, ossigenazione e ripascimento, le alghe verdi fiorire sulle brune, in un ricorrere incessante di devitalizzazioni e accrescimenti. Raggiunto il Fondaco, il sovrapporsi di quell’odore rancido e di quella visione subacquea appare come un destino. Oltre gli archi, la banchina è un lastricato scivoloso, levigato dalle maree come una pialla ad orologeria, ogni sei ore. Starci sopra, adesso, portando i passi su un velo d’acqua, dà le vertigini e fa vacillare, anche a star fermi. Sul bordo, dove la pietra si arresta e il Canale affonda, cespi radi di alghe sono avanzi concessi dalle idropulitrici, attivate con cadenza mensile. Bravharara dispone di sospendere ogni intervento di pulizia per consentire alle alghe di avanzare, facendo del portico la nuova sala di un museo che ha per mandato il racconto della storia naturale della città, giardino-algario dove mettere in scena la morfogenesi della città-laguna, il negoziato irrisolto tra edifici, acque, pietre, molluschi, alghe, umani. Brado e progettato, è combinazione di fisionomie e fisiologie diverse, organiche e inorganiche, di stati biologici, estetici, simbolici e politici eterodossi. Nello spessore di un paio di centimetri, l’Algario dei Turchi si distende come una selva bidimensionale, maleodorante e irresistibile, di un verde eccitato e difforme.
2023
9788857598383
Metta, A., D'Orazio, P. (2023). Algario dei Turchi. Paesaggi di una città-acquario. In Egidio Cutillo (a cura di), Bestiario di architettura. Nature e proprietà di progetti reali o immaginari (pp. 292-308). Sesto San Giovanni : Mimesis [10.7413/1234-1234014].
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