Il presente contributo prende in esame l’emergere della cultura kasutori (comunemente conosciuta come “cultura della decadenza”) in Giappone durante i primi anni del dopoguerra, quando essa diventò l’espressione di un più ampio sentimento di rifiuto nei confronti del kokutai (carattere nazionale) e del tennōsei (sistema imperiale) che aveva così profondamente pervaso l’etica e i costumi sociali del paese nel periodo precedente. All’interno di tale scenario, gli yami-ichi (mercati neri) avevano invaso l’intera città di Tokyo che giaceva sotto le rovine dei bombardamenti incendiari: metafora per eccellenza della transizione sociale ed economica in atto. Inoltre, la celebrazione del desiderio e del corpo (nikutai) come concreti e reali - qualcosa che contrastava nettamente con l’enfasi militarista sul kokutai - aveva permesso di sfidare l’essenza di ciò che restava dell’eredità culturale prebellica al fine di indurre i giapponesi a ripensare alle loro esistenze e a reinventarsi. I primi anni del dopoguerra segnarono infatti per il Giappone anche un momento unico di liberazione dalle strutture sociali e culturali legate al regime militarista appena crollato. Nel contesto delle nuove libertà acquisite, l’aspirazione collettiva era quella di realizzare una “nuova vita” (shinsei) in cui anche il corpo, la sessualità, la mascolinità e le relazioni femminili potevano essere rese pubbliche e private dei tabù che le avevano sacrificate in nome del kokutai nei due decenni precedenti, ben aldilà dell’influenza esercitata dalle riforme implementate dagli americani e dai loro valori.
Frattolillo, O. (2023). Grottesco, erotico e dissacrante. Per una lettura del Giappone "kasutori" - I. QUADERNI ASIATICI, 143, 5-22.
Grottesco, erotico e dissacrante. Per una lettura del Giappone "kasutori" - I
Oliviero Frattolillo
2023-01-01
Abstract
Il presente contributo prende in esame l’emergere della cultura kasutori (comunemente conosciuta come “cultura della decadenza”) in Giappone durante i primi anni del dopoguerra, quando essa diventò l’espressione di un più ampio sentimento di rifiuto nei confronti del kokutai (carattere nazionale) e del tennōsei (sistema imperiale) che aveva così profondamente pervaso l’etica e i costumi sociali del paese nel periodo precedente. All’interno di tale scenario, gli yami-ichi (mercati neri) avevano invaso l’intera città di Tokyo che giaceva sotto le rovine dei bombardamenti incendiari: metafora per eccellenza della transizione sociale ed economica in atto. Inoltre, la celebrazione del desiderio e del corpo (nikutai) come concreti e reali - qualcosa che contrastava nettamente con l’enfasi militarista sul kokutai - aveva permesso di sfidare l’essenza di ciò che restava dell’eredità culturale prebellica al fine di indurre i giapponesi a ripensare alle loro esistenze e a reinventarsi. I primi anni del dopoguerra segnarono infatti per il Giappone anche un momento unico di liberazione dalle strutture sociali e culturali legate al regime militarista appena crollato. Nel contesto delle nuove libertà acquisite, l’aspirazione collettiva era quella di realizzare una “nuova vita” (shinsei) in cui anche il corpo, la sessualità, la mascolinità e le relazioni femminili potevano essere rese pubbliche e private dei tabù che le avevano sacrificate in nome del kokutai nei due decenni precedenti, ben aldilà dell’influenza esercitata dalle riforme implementate dagli americani e dai loro valori.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.