Con la pubblicazione del volume Fiabe italiane (1956), Italo Calvino porta a termine un lungo lavoro di raccolta delle fiabe della tradizione popolare italiana. All’interno dell’antologia, molte sono le rappresentazioni di diversi: personaggi le cui caratteristiche fisiche o sensoriali li portano a essere esclusi, derisi o guardati con sospetto dagli altri. Queste caratteristiche sono state spesso utilizzate nella tradizione fiabistica sia in quanto motore dell’azione narrativa stessa che come metafore narrative per significare altro e si tramandano nell’immaginario collettivo popolare radicandosi in esso e perpetrandosi nel tempo. Il contributo è volto a esaminare tali rappresentazioni nella raccolta di fiabe della tradizione popolare italiana di Calvino ponendole in relazione con le altre più importanti raccolte italiane popolari e d’autore che hanno certamente influito sul lavoro di questo, quali Giuseppe Pitrè (1875), Luigi Capuana (1882) e Emma Perodi (1909). Confrontando le immagini di diversità in esse contenute si delineano dei topoi ricorrenti, seppur con piccole differenze, comuni nella tradizione popolare italiana, ma anche delle peculiarità proprie a testimonianza del lavoro di selezione operato da Calvino su questo vasto bacino e della sua impronta autoriale: la promozione dello spirito critico e dell’autonomia di giudizio, la diversità come metafora per combattere il pensiero unico, il tema del doppio e dell’alienazione umana che ritorna in più lavori dell’autore ed è centrale nell’opera Il visconte dimezzato (1952).
Pacelli, S. (2023). Italo Calvino: metafore di "diversità" nelle fiabe popolari italiane. PAGINE GIOVANI(183), 23-27.
Italo Calvino: metafore di "diversità" nelle fiabe popolari italiane
silvia pacelli
2023-01-01
Abstract
Con la pubblicazione del volume Fiabe italiane (1956), Italo Calvino porta a termine un lungo lavoro di raccolta delle fiabe della tradizione popolare italiana. All’interno dell’antologia, molte sono le rappresentazioni di diversi: personaggi le cui caratteristiche fisiche o sensoriali li portano a essere esclusi, derisi o guardati con sospetto dagli altri. Queste caratteristiche sono state spesso utilizzate nella tradizione fiabistica sia in quanto motore dell’azione narrativa stessa che come metafore narrative per significare altro e si tramandano nell’immaginario collettivo popolare radicandosi in esso e perpetrandosi nel tempo. Il contributo è volto a esaminare tali rappresentazioni nella raccolta di fiabe della tradizione popolare italiana di Calvino ponendole in relazione con le altre più importanti raccolte italiane popolari e d’autore che hanno certamente influito sul lavoro di questo, quali Giuseppe Pitrè (1875), Luigi Capuana (1882) e Emma Perodi (1909). Confrontando le immagini di diversità in esse contenute si delineano dei topoi ricorrenti, seppur con piccole differenze, comuni nella tradizione popolare italiana, ma anche delle peculiarità proprie a testimonianza del lavoro di selezione operato da Calvino su questo vasto bacino e della sua impronta autoriale: la promozione dello spirito critico e dell’autonomia di giudizio, la diversità come metafora per combattere il pensiero unico, il tema del doppio e dell’alienazione umana che ritorna in più lavori dell’autore ed è centrale nell’opera Il visconte dimezzato (1952).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.