Le calamità naturali hanno segnato la storia del genere umano, destando ogni volta l’interesse e la preoccupazione di storici e cronisti. Anche nella contemporaneità questo tipo di avvenimenti si rivela capace di catalizzare l’attenzione dell’intero sistema mass-mediale. La continua rappresentazione di tali eventi – al di là dalla loro evidente tragicità – sembra essere determinata dalla complessità di simili fenomeni, capaci di combinare fattori tra loro diversissimi. Ma in quale modo può essere raccontata adeguatamente tanto la loro dimensione simbolicamente tragica, quanto quella materialmente distruttiva? L’incontenibile violenza di simili catastrofi appare sostanzialmente incomprensibile, nella sua reale portata, a quanti non ne hanno mai fatto esperienza. È precisamente allo scopo di rendere intellegibile un evento altrimenti non decifrabile, che le rappresentazioni fotografiche, televisive e cinematografiche di questi disastri tendono spesso a concentrarsi sulle “cose” comuni che sono state distrutte dalla furia della natura. Ammassi di libri, mobili, fotografie o abiti sommersi dalle macerie e ricoperti da polvere o fango diventano, così, il parametro attraverso il quale lo spettatore comune può misurare e “comprendere” non solo la devastazione materiale, ma persino il dramma psicologico determinato dalla violenza di tali accadimenti. Questo contributo intende esaminare la funzione e il valore simbolico che gli oggetti di uso quotidiano hanno acquisito nella rappresentazione di alcuni importanti disastri naturali italiani dell’ultimo decennio.
Cinquegrani, M. (2020). Macerie e abitazioni. La rappresentazione televisiva dei disastri naturali. IMMAGINE, 21, 89-99.
Macerie e abitazioni. La rappresentazione televisiva dei disastri naturali
mattia cinquegrani
2020-01-01
Abstract
Le calamità naturali hanno segnato la storia del genere umano, destando ogni volta l’interesse e la preoccupazione di storici e cronisti. Anche nella contemporaneità questo tipo di avvenimenti si rivela capace di catalizzare l’attenzione dell’intero sistema mass-mediale. La continua rappresentazione di tali eventi – al di là dalla loro evidente tragicità – sembra essere determinata dalla complessità di simili fenomeni, capaci di combinare fattori tra loro diversissimi. Ma in quale modo può essere raccontata adeguatamente tanto la loro dimensione simbolicamente tragica, quanto quella materialmente distruttiva? L’incontenibile violenza di simili catastrofi appare sostanzialmente incomprensibile, nella sua reale portata, a quanti non ne hanno mai fatto esperienza. È precisamente allo scopo di rendere intellegibile un evento altrimenti non decifrabile, che le rappresentazioni fotografiche, televisive e cinematografiche di questi disastri tendono spesso a concentrarsi sulle “cose” comuni che sono state distrutte dalla furia della natura. Ammassi di libri, mobili, fotografie o abiti sommersi dalle macerie e ricoperti da polvere o fango diventano, così, il parametro attraverso il quale lo spettatore comune può misurare e “comprendere” non solo la devastazione materiale, ma persino il dramma psicologico determinato dalla violenza di tali accadimenti. Questo contributo intende esaminare la funzione e il valore simbolico che gli oggetti di uso quotidiano hanno acquisito nella rappresentazione di alcuni importanti disastri naturali italiani dell’ultimo decennio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.