The space of hospitality. Activism, art, architecture and urbanism in Rome

The article deals with the spatial dimension of hospitality, taking as a reference some architectural, urban and artistic projects built in the city of Rome. These projects are characterized by exploring and proposing alternative hospitality solutions to those offered by the institutional welcoming system. The first part of the text focuses on exposing the genealogy of the concept and practice of hospitality by bringing up its mythical rather than historical aspects, on which the central theoretical argument is built. Under this perspective, the article approaches the projects proposed by artists, architects, academics and activists of the housing struggle in Rome, highlighting their qualities to promote collective appropriations, understood as alternatives to the commodified forms and the state machinery of welcoming. The discourses, aesthetic practices and urban solutions generated by these politically engaged collectives could also be understood as alternative social spaces allied to the movements of struggle, and which, therefore, acquire a connotation of "concrete utopias" (Lefebvre, 1961).

L'articolo si inserisce in un numero monografico dedicato alla relazione tra Architettura e Antropologia, e affronta la dimensione spaziale dell'ospitalità, prendendo come riferimento alcuni progetti architettonici, urbani e artistici realizzati nella città di Roma. Questi progetti si caratterizzano per l'esplorazione e la proposta di soluzioni alternative di ospitalità rispetto a quelle offerte dal sistema istituzionale di accoglienza. La prima parte del testo si concentra sull'esposizione della genealogia del concetto e della pratica dell'ospitalità, mettendone in luce gli aspetti mitici piuttosto che storici, su cui si basa l'argomentazione teorica centrale. In questa prospettiva, l'articolo esamina i progetti proposti da artisti, architetti, accademici e attivisti impegnati nella lotta per la casa a Roma, evidenziandone le qualità nel promuovere occupazioni collettive, intese come alternative alle forme mercificate e agli apparati statali di accoglienza. I discorsi, le pratiche estetiche e le soluzioni urbane generate da questi collettivi politicamente impegnati possono essere intesi anche come spazi sociali alternativi, alleati dei movimenti di lotta, e che, pertanto, acquisiscono una connotazione di "utopie concrete" (Lefebvre, 1961).