Nato come versione pubblica di scritti ufficiali e discorsi, il manifesto politico ha rapidamente allargato il suo statuto e la sua natura in seguito all’incontro con l’immagine. Una contaminazione che lo ha messo in comunicazione non solo con gli immaginari simbolici tradizionali della politica, ma anche con il linguaggio pubblicitario, le tradizioni grafica, l’estetica bellico e militare, e le avanguardie artistiche. Dopo il suo massiccio utilizzo in occasione della prima guerra mondiale, il fascismo ha molto sviluppato il manifesto politico avendo il vantaggio di operare in un contesto totalitario. Con il ritorno alla libera competizione democratica, ai nuovi protagonisti della vita politica italiana si pose il problema di quali linguaggi e vocabolari visivi utilizzare per comunicare con un elettorato disabituato al confronto politico e enormemente cresciuto grazie all’introduzione del suffragio universale. I diversi partiti guardarono a diverse stagioni, tradizioni, culture visive: chi attingendo a modelli noti e collaudati, chi sviluppandone di propri. Inizia così un processo lento e intenso nel quale il manifesto, che assieme al comizio costituisce il principale strumento di comunicazione e propaganda politica del secondo Novecento, si apre a linguaggi, competenze, culture, tradizioni, suggestioni visuali. Il progressivo interesse nei confronti del manifesto politico da parte di un numero crescente di discipline e aree scientifiche, ognuna con i propri strumenti analitici e interpretativi ne ha progressivamente rivelato l’importanza e la rilevanza. Non solo gli storici, ma anche gli studiosi di storia dell’arte, di comunicazione politica, di scienze politiche e visuali, e ancora sociologi, antropologi, semiologi, hanno iniziato a guardare negli ultimi anni con sempre maggior interesse a questo documento, indagandone caratteristiche e potenzialità. Oltre al suo contenuto manifesto, l’immagine può evocare, citare, alludere, ammiccare, attraverso dettagli e aspetti formali, stilistici, cromatici. Evidenti o impliciti, lasciati alle competenze del destinatario. Il significato è il frutto dei linguaggi visivi utilizzati: fotografico, realistico, grafico, astratto. Il manifesto definisce non solo il proprio interno ma è in grado di lavorare sul suo esterno, instaurando una serie di relazioni e definendo il punto di vista di chi lo guarda. In definitiva un documento “complesso” e pertanto significativo della storia politica ed istituzionale, del costume, della cultura alta e bassa e dei suoi tempi, per chi è in grado di interrogarlo e di farlo parlare. Un documento troppo a lungo considerato di second’ordine dai suoi stessi realizzatori e di poco interesse dai soggetti deputati alla sua, forse troppo complicata, conservazione. Una fase e un atteggiamento in via di superamento, come il convegno di oggi sta a dimostrare, proprio nel momento in cui ila stagione del manifesto politico cartaceo sembra volgere al termine scalzato nuovi supporti e artefatti comunicativi digitali, che pongono ancora più grandi problemi relativi al loro statuto e alla loro preservazione.

Novelli, E. (2023). Il documento manifesto: strumenti e percorsi di ricerca. GIORNALE DI STORIA, 44/23, 1-19.

Il documento manifesto: strumenti e percorsi di ricerca

Edoardo Novelli
2023-01-01

Abstract

Nato come versione pubblica di scritti ufficiali e discorsi, il manifesto politico ha rapidamente allargato il suo statuto e la sua natura in seguito all’incontro con l’immagine. Una contaminazione che lo ha messo in comunicazione non solo con gli immaginari simbolici tradizionali della politica, ma anche con il linguaggio pubblicitario, le tradizioni grafica, l’estetica bellico e militare, e le avanguardie artistiche. Dopo il suo massiccio utilizzo in occasione della prima guerra mondiale, il fascismo ha molto sviluppato il manifesto politico avendo il vantaggio di operare in un contesto totalitario. Con il ritorno alla libera competizione democratica, ai nuovi protagonisti della vita politica italiana si pose il problema di quali linguaggi e vocabolari visivi utilizzare per comunicare con un elettorato disabituato al confronto politico e enormemente cresciuto grazie all’introduzione del suffragio universale. I diversi partiti guardarono a diverse stagioni, tradizioni, culture visive: chi attingendo a modelli noti e collaudati, chi sviluppandone di propri. Inizia così un processo lento e intenso nel quale il manifesto, che assieme al comizio costituisce il principale strumento di comunicazione e propaganda politica del secondo Novecento, si apre a linguaggi, competenze, culture, tradizioni, suggestioni visuali. Il progressivo interesse nei confronti del manifesto politico da parte di un numero crescente di discipline e aree scientifiche, ognuna con i propri strumenti analitici e interpretativi ne ha progressivamente rivelato l’importanza e la rilevanza. Non solo gli storici, ma anche gli studiosi di storia dell’arte, di comunicazione politica, di scienze politiche e visuali, e ancora sociologi, antropologi, semiologi, hanno iniziato a guardare negli ultimi anni con sempre maggior interesse a questo documento, indagandone caratteristiche e potenzialità. Oltre al suo contenuto manifesto, l’immagine può evocare, citare, alludere, ammiccare, attraverso dettagli e aspetti formali, stilistici, cromatici. Evidenti o impliciti, lasciati alle competenze del destinatario. Il significato è il frutto dei linguaggi visivi utilizzati: fotografico, realistico, grafico, astratto. Il manifesto definisce non solo il proprio interno ma è in grado di lavorare sul suo esterno, instaurando una serie di relazioni e definendo il punto di vista di chi lo guarda. In definitiva un documento “complesso” e pertanto significativo della storia politica ed istituzionale, del costume, della cultura alta e bassa e dei suoi tempi, per chi è in grado di interrogarlo e di farlo parlare. Un documento troppo a lungo considerato di second’ordine dai suoi stessi realizzatori e di poco interesse dai soggetti deputati alla sua, forse troppo complicata, conservazione. Una fase e un atteggiamento in via di superamento, come il convegno di oggi sta a dimostrare, proprio nel momento in cui ila stagione del manifesto politico cartaceo sembra volgere al termine scalzato nuovi supporti e artefatti comunicativi digitali, che pongono ancora più grandi problemi relativi al loro statuto e alla loro preservazione.
2023
Novelli, E. (2023). Il documento manifesto: strumenti e percorsi di ricerca. GIORNALE DI STORIA, 44/23, 1-19.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/522176
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