L’articolo si colloca nel primo ambito di ricerca dell’autore, all’interno del quale il tema del linguaggio della città contemporanea viene sviluppato esaminando le interazioni tra progettazione architettonica, fotografia e comunicazione di massa. Il contributo fa parte del ciclo “Adieu au langage”, il terzo dei cinque articoli che hanno delineato la struttura e i contenuti della successiva tesi di dottorato “Adieu au langage. L’architettura nell’epoca della fotografia di massa” (Dipartimento di Architettura Università di Roma Tre, relatore prof. Lorenzo Dall’Olio, co-relatore prof. Luca Montuori, 2018). Il testo esamina le contraddizioni tra il pensiero derridiano, la fortuna degli architetti esposti nella mostra “Deconstructivist Architecture” – curata da Philip Johnson e Mark Wigley – e la comunicazione fotografica, strumento derivante dalle camere ottiche rinascimentali, teoricamente incoerente con le spazialità delle nuove architetture presentate. Tuttavia, è proprio attraverso tale condizione di ambiguità che numerose opere di quel periodo riuscirono a imporsi all’attenzione del grande pubblico, configurandosi come “edifici-immagine”, perfettamente spendibili nella logica iconica e comunicativa della nascente società globalizzata.
Graviglia, F. (2016). ADIEU AU LANGAGE #03: Contraddizione e Decostruzione. URBANISTICATRE.
ADIEU AU LANGAGE #03: Contraddizione e Decostruzione
Flavio Graviglia
2016-01-01
Abstract
L’articolo si colloca nel primo ambito di ricerca dell’autore, all’interno del quale il tema del linguaggio della città contemporanea viene sviluppato esaminando le interazioni tra progettazione architettonica, fotografia e comunicazione di massa. Il contributo fa parte del ciclo “Adieu au langage”, il terzo dei cinque articoli che hanno delineato la struttura e i contenuti della successiva tesi di dottorato “Adieu au langage. L’architettura nell’epoca della fotografia di massa” (Dipartimento di Architettura Università di Roma Tre, relatore prof. Lorenzo Dall’Olio, co-relatore prof. Luca Montuori, 2018). Il testo esamina le contraddizioni tra il pensiero derridiano, la fortuna degli architetti esposti nella mostra “Deconstructivist Architecture” – curata da Philip Johnson e Mark Wigley – e la comunicazione fotografica, strumento derivante dalle camere ottiche rinascimentali, teoricamente incoerente con le spazialità delle nuove architetture presentate. Tuttavia, è proprio attraverso tale condizione di ambiguità che numerose opere di quel periodo riuscirono a imporsi all’attenzione del grande pubblico, configurandosi come “edifici-immagine”, perfettamente spendibili nella logica iconica e comunicativa della nascente società globalizzata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


