Negli attuali contesti di lavoro knowledge centered si pone per le imprese l’esigenza di incentivare processi di apprendimento e di sviluppo del sapere e di trovare nuove e più adeguate soluzioni sul piano della gestione del personale finalizzate ad aumentare la creazione di nuova conoscenza organizzativa. . Rispetto al passato oggi i termini del problema dell’accumulazione del capitale umano e della gestione delle competenze professionali risultano profondamente modificati: se nei contesti fordisti le esigenze di apprendimento erano discontinue e pianificabili nel tempo oggi sono continue e soggette ad elevata incertezza (Cainarca, Zollo, 2001). Inoltre il problema dell’apprendimento si qualifica in modo diverso dal passato in termini di mix di conoscenze e abilità richieste (sempre meno proceduralizzabili) ma anche di caratteristiche e quantità dei lavoratori a cui è richiesto uno sviluppo del proprio sapere. I nuovi criteri di organizzazione del lavoro e il ridisegno dei ruoli aziendali impongono di recuperare spazi di flessibilità funzionale, di autonomia e di polivalenza nei livelli base del lavoro operaio e impiegatizio, stimolando anche in tali categorie di lavoratori l’impegno verso l’acquisizione di più elevati livelli di conoscenze organizzative e di competenze tecnico-specialistiche (Chiacchierini, 1999; Guarriello, 2000). In presenza di cambiamenti così rilevanti, che ridefiniscono il rapporto tra impresa e lavoro portando ad una nuova centralità il contributo che le persone possono offrire per la creazione del valore dell’impresa, si avverte, sotto il profilo gestionale, l’inadeguatezza dei tradizionali sistemi gestionali utilizzati dalle imprese per sostenere la motivazione dei lavoratori allo sviluppo delle proprie capacità professionali e alla partecipazione attiva ai processi di apprendimento. In particolare entra in crisi la strumentazione costruita assumendo come principale riferimento il job (esemplificata dai sistemi di classificazione e retribuzione della posizione - job evaluation - e dai sistemi di carriera verticali basati su una gerarchia di posti) mentre conoscono una nuova rilevanza gli strumenti che hanno come fine di valutare, ricompensare e premiare il soggetto della prestazione lavorativa (sistemi di skill evaluation, pay for skill o for knowledge, o basati su carriere orizzontali/ professionali). La presunta superiorità dei sistemi di classificazione e remunerazione skill or competence based ai fini dell’incentivazione dei processi di apprendimento a tutti i livelli dell’organizzazione è una tesi ricorrente nella letteratura sociologica (Follis, 1996, 1999) e in quella manageriale, italiana (Chiacchierini, 1999; Brunello e Camuffo, 1996) ed estera (Lawler E.E. III, 1996). Sul piano delle applicazioni nelle imprese, i limiti oggettivi dei sistemi fino ad oggi praticati (Inquadramento Unico e carriere verticali) hanno ampliato lo spazio per interventi unilaterali di riconoscimento e remunerazione del merito professionale (salario per risultati, aumenti di merito, superminimi ecc.). Secondo alcune ricerche (Benedusi, Consoli, 1999; CESOS, 2000; Camuffo, 1996; Ferigo, 1997) le politiche del personale poste in essere dalle imprese con tali finalità risultano prevalentemente indirizzate a fasce professionali ritenute strategiche, nella prospettiva dello sviluppo organizzativo, come manager, quadri, professional, laureati ad alto potenziali e vengono condotte al di fuori di un quadro di relazioni sindacali concordate (Guarriello, 2000; Paoletti, 1995; Cerruti, 1997). Il risultato di tali politiche è il prevalere del così detto “doppio binario” (Ferigo, 1997), ossia il fenomeno per cui i sistema di classificazione e di remunerazione del lavoro definiti contrattualmente (Inquadramento Unico e salario contrattuale) vengono affiancati da sistemi paralleli di classificazione, gestiti unilateralmente dalle imprese, generalmente ispirati all’approccio delle competenze e commissionati a società di consulenza, e da pratiche di remunerazione del merito condotte al di fuori della contrattazione collettiva o aziendale che hanno come conseguenza quello di allargare il divario tra salario contrattuale e salario di fatto, soprattutto per i ruoli inseriti ai livelli più elevati dell’inquadramento professionale Sul versante della contrattazione collettiva, la riforma dell’inquadramento introdotta in alcuni contratti nazionali di categoria, già a partire dalla stagione dei rinnovi contrattuali 94-95, pur costituendo una significativa innovazione nel panorama delle Relazioni Industriali non rappresenta certo una tendenza generalizzata. Al contrario, il processo di sostituzione del vecchio sistema di Inquadramento Unico con nuovi criteri, meglio in grado di definire il contributo fornito dal lavoro all’organizzazione, è stato affrontato, in termini negoziali, in un numero circoscritto di settori privati (chimico, petrolio, ceramica, gomma-plastica, credito, poste), in alcuni comparti pubblici (enti locali, sanità, ministeri) e in alcune realtà aziendali che, per l’originalità delle innovazioni apportate ai criteri di inquadramento e di remunerazione delle persone, rappresentano esperienze contrattuali paradigmatiche per lo sviluppo della contrattazione collettiva. Di fronte a questa situazione sorge spontaneo chiedersi come mai, nonostante nel dibattito sociale risulti diffusa la convinzione secondo la quale il sistema di Inquadramento Unico risulterebbe svuotato di significato, in quanto incapace di svolgere adeguatamente le proprie funzioni, nella realtà delle Relazioni Industriali la ricerca di nuovi e più adeguati sistemi di valutazione e di riconoscimento della professionalità dei lavoratori non solo, in molti contratti nazionali, non rappresenta materia di negoziazione ma non assume neppure uno spazio adeguato nel dibattito tra le parti e nella letteratura specialistica. E’ questo l’interrogativo che ha guidato il lavoro che viene illustrato nel presente contributo. A partire, da un lato, dalla scarsa risonanza che hanno avuto nel dibattito sociale le pur rilevanti innovazioni apportate in alcuni settori dalla contrattazione collettiva al sistema di Inquadramento Unico e, dall’altro, dal taglio con cui la letteratura manageriale ha affrontato il tema dei sistemi di skill or competence based compensation, esaltandone i vantaggi senza evidenziare in modo chiaro i collegamenti con il problema della riforma dei sistemi di classificazione e le difficoltà, sul piano politico e delle relazioni tra attori, connesse ad una sua introduzione nelle imprese, la ricerca che viene qui presentata si propone di fornire una prima risposta ai seguenti interrogativi: quali sono le reali convenienze delle parti ad intraprendere un processo negoziale riconosciuto da alcuni commentatori come ampiamente innovativo ma di indubbia complessità sul piano della realizzazione; quali sono le difficoltà, le resistenze e gli ostacoli che spesso impediscono agli attori di passare da una semplice “dichiarazione d’intenti” rispetto ad ipotesi innovative di classificazione dei lavoratori ad un’intesa che conduca ad una loro traduzione operativa in norme contrattuali; e ancora, è possibile identificare alcuni presupposti o condizioni di contesto la cui presenza facilita o favorisce l’innovazione dei sistemi di inquadramento attraverso un processo negoziale di tipo partecipativo? Per raggiungere questi obiettivi conoscitivi, l’indagine mira a sviluppare un’analisi approfondita delle dinamiche organizzative che accompagnano la revisione dei sistemi di inquadramento, attraverso lo studio degli accordi realizzati in Gucci Group nel periodo 1996-2001 che, in letteratura, vengono indicati come esperienze-pilota in tema di classificazione professionale dei lavoratori (Guarriello, 2000; Cerruti, 1997; Camuffo, 2000). La scelta dell’accordo Gucci come caso studio si giustifica sulla base di tre considerazioni: l’accordo è stato concluso a livello aziendale in assenza di modifiche al sistema di inquadramento previsto dal relativo CCNL; ciò conferma quanto sostenuto nella letteratura giuslavorista (Guariello, 2000) che indica nel livello aziendale la cornice normativa più adeguata per regolare i sistemi di classificazione in quanto più vicina alle esigenze organizzative e al concreto ambiente di relazioni sindacali; in secondo luogo, l’accordo assume la logica delle competenze come concetto chiave del sistema di classificazione e sviluppo professionale, affrontando correttamente il tema della riforma dell’inquadramento come occasione non solo per il riconoscimento della professionalità effettivamente espressa dal lavoratore ma anche per la costruzione delle competenze ritenute strategiche dall’impresa; in ultimo, l’accordo adotta un approccio universalistico in quanto le modifiche introdotte nei criteri di inquadramento vengono estese all’insieme del personale aziendale (e non limitate ad alcune fasce professionali come, al contrario, accade nei modelli di matrice manageriale) e presenta ricadute sull’intero sistema di gestione del personale che, proprio in seguito all’accordo, è stato completamente ripensato assumendo come riferimento l’approccio delle competenze. Relativamente alla metodologia utilizzata, lo studio è stato realizzato sulla base di interviste semistrutturate rivolte a tutti gli attori partecipanti al processo di progettazione e realizzazione dell’accordo aziendale. In particolare, sono state intervistati membri della direzione del personale manager di line, dirigenti dei sindacati territoriali e di categoria e rappresentanti delle RSU. Il paper si articola nelle seguenti tre parti: la prima assume una prospettiva analitica ed è dedicata ad una breve disamina del ruolo assunto dai sistemi di classificazione nella regolazione del rapporti di lavoro, delle motivazioni alla base dell’attuale crisi dei sistemi basati sul job e ad un’analisi delle proprietà dei sistemi skill or competence based e della loro presunta maggiore adeguatezza rispetto ai processi di cambiamento in atto nell’organizzazione e nei contenuti del lavoro. La seconda si addentra nell’analisi del caso Gucci Group con il fine di ricostruire le principali fasi del percorso che ha portato, nel 2001, alla stipulazione dell’integrativo aziendale che assume come base per la classificazione, la retribuzione e lo sviluppo dei lavoratori le competenze di ruolo; di illustrare l’architettura e i principali contenuti dell’accordo; di evidenziare le motivazioni che hanno spinto le parti ad intraprendere il processo negoziale e i comportamenti adottati durante la sua realizzazione. La sezione conclusiva è rivolta, sulla base dell’esperienza analizzata, a sviluppare alcune riflessioni destinate a formulare una prima risposta relativamente agli interrogativi che hanno originato la ricerca empirica.

Marchiori, M. (2002). Apprendimento organizzativo, sistemi di classificazione e riconoscimento della professionalità, nuove relazioni industriali: il caso Gucci Group. In L'interpretazione della realtà organizzativa.

Apprendimento organizzativo, sistemi di classificazione e riconoscimento della professionalità, nuove relazioni industriali: il caso Gucci Group

MARCHIORI, Michela
2002-01-01

Abstract

Negli attuali contesti di lavoro knowledge centered si pone per le imprese l’esigenza di incentivare processi di apprendimento e di sviluppo del sapere e di trovare nuove e più adeguate soluzioni sul piano della gestione del personale finalizzate ad aumentare la creazione di nuova conoscenza organizzativa. . Rispetto al passato oggi i termini del problema dell’accumulazione del capitale umano e della gestione delle competenze professionali risultano profondamente modificati: se nei contesti fordisti le esigenze di apprendimento erano discontinue e pianificabili nel tempo oggi sono continue e soggette ad elevata incertezza (Cainarca, Zollo, 2001). Inoltre il problema dell’apprendimento si qualifica in modo diverso dal passato in termini di mix di conoscenze e abilità richieste (sempre meno proceduralizzabili) ma anche di caratteristiche e quantità dei lavoratori a cui è richiesto uno sviluppo del proprio sapere. I nuovi criteri di organizzazione del lavoro e il ridisegno dei ruoli aziendali impongono di recuperare spazi di flessibilità funzionale, di autonomia e di polivalenza nei livelli base del lavoro operaio e impiegatizio, stimolando anche in tali categorie di lavoratori l’impegno verso l’acquisizione di più elevati livelli di conoscenze organizzative e di competenze tecnico-specialistiche (Chiacchierini, 1999; Guarriello, 2000). In presenza di cambiamenti così rilevanti, che ridefiniscono il rapporto tra impresa e lavoro portando ad una nuova centralità il contributo che le persone possono offrire per la creazione del valore dell’impresa, si avverte, sotto il profilo gestionale, l’inadeguatezza dei tradizionali sistemi gestionali utilizzati dalle imprese per sostenere la motivazione dei lavoratori allo sviluppo delle proprie capacità professionali e alla partecipazione attiva ai processi di apprendimento. In particolare entra in crisi la strumentazione costruita assumendo come principale riferimento il job (esemplificata dai sistemi di classificazione e retribuzione della posizione - job evaluation - e dai sistemi di carriera verticali basati su una gerarchia di posti) mentre conoscono una nuova rilevanza gli strumenti che hanno come fine di valutare, ricompensare e premiare il soggetto della prestazione lavorativa (sistemi di skill evaluation, pay for skill o for knowledge, o basati su carriere orizzontali/ professionali). La presunta superiorità dei sistemi di classificazione e remunerazione skill or competence based ai fini dell’incentivazione dei processi di apprendimento a tutti i livelli dell’organizzazione è una tesi ricorrente nella letteratura sociologica (Follis, 1996, 1999) e in quella manageriale, italiana (Chiacchierini, 1999; Brunello e Camuffo, 1996) ed estera (Lawler E.E. III, 1996). Sul piano delle applicazioni nelle imprese, i limiti oggettivi dei sistemi fino ad oggi praticati (Inquadramento Unico e carriere verticali) hanno ampliato lo spazio per interventi unilaterali di riconoscimento e remunerazione del merito professionale (salario per risultati, aumenti di merito, superminimi ecc.). Secondo alcune ricerche (Benedusi, Consoli, 1999; CESOS, 2000; Camuffo, 1996; Ferigo, 1997) le politiche del personale poste in essere dalle imprese con tali finalità risultano prevalentemente indirizzate a fasce professionali ritenute strategiche, nella prospettiva dello sviluppo organizzativo, come manager, quadri, professional, laureati ad alto potenziali e vengono condotte al di fuori di un quadro di relazioni sindacali concordate (Guarriello, 2000; Paoletti, 1995; Cerruti, 1997). Il risultato di tali politiche è il prevalere del così detto “doppio binario” (Ferigo, 1997), ossia il fenomeno per cui i sistema di classificazione e di remunerazione del lavoro definiti contrattualmente (Inquadramento Unico e salario contrattuale) vengono affiancati da sistemi paralleli di classificazione, gestiti unilateralmente dalle imprese, generalmente ispirati all’approccio delle competenze e commissionati a società di consulenza, e da pratiche di remunerazione del merito condotte al di fuori della contrattazione collettiva o aziendale che hanno come conseguenza quello di allargare il divario tra salario contrattuale e salario di fatto, soprattutto per i ruoli inseriti ai livelli più elevati dell’inquadramento professionale Sul versante della contrattazione collettiva, la riforma dell’inquadramento introdotta in alcuni contratti nazionali di categoria, già a partire dalla stagione dei rinnovi contrattuali 94-95, pur costituendo una significativa innovazione nel panorama delle Relazioni Industriali non rappresenta certo una tendenza generalizzata. Al contrario, il processo di sostituzione del vecchio sistema di Inquadramento Unico con nuovi criteri, meglio in grado di definire il contributo fornito dal lavoro all’organizzazione, è stato affrontato, in termini negoziali, in un numero circoscritto di settori privati (chimico, petrolio, ceramica, gomma-plastica, credito, poste), in alcuni comparti pubblici (enti locali, sanità, ministeri) e in alcune realtà aziendali che, per l’originalità delle innovazioni apportate ai criteri di inquadramento e di remunerazione delle persone, rappresentano esperienze contrattuali paradigmatiche per lo sviluppo della contrattazione collettiva. Di fronte a questa situazione sorge spontaneo chiedersi come mai, nonostante nel dibattito sociale risulti diffusa la convinzione secondo la quale il sistema di Inquadramento Unico risulterebbe svuotato di significato, in quanto incapace di svolgere adeguatamente le proprie funzioni, nella realtà delle Relazioni Industriali la ricerca di nuovi e più adeguati sistemi di valutazione e di riconoscimento della professionalità dei lavoratori non solo, in molti contratti nazionali, non rappresenta materia di negoziazione ma non assume neppure uno spazio adeguato nel dibattito tra le parti e nella letteratura specialistica. E’ questo l’interrogativo che ha guidato il lavoro che viene illustrato nel presente contributo. A partire, da un lato, dalla scarsa risonanza che hanno avuto nel dibattito sociale le pur rilevanti innovazioni apportate in alcuni settori dalla contrattazione collettiva al sistema di Inquadramento Unico e, dall’altro, dal taglio con cui la letteratura manageriale ha affrontato il tema dei sistemi di skill or competence based compensation, esaltandone i vantaggi senza evidenziare in modo chiaro i collegamenti con il problema della riforma dei sistemi di classificazione e le difficoltà, sul piano politico e delle relazioni tra attori, connesse ad una sua introduzione nelle imprese, la ricerca che viene qui presentata si propone di fornire una prima risposta ai seguenti interrogativi: quali sono le reali convenienze delle parti ad intraprendere un processo negoziale riconosciuto da alcuni commentatori come ampiamente innovativo ma di indubbia complessità sul piano della realizzazione; quali sono le difficoltà, le resistenze e gli ostacoli che spesso impediscono agli attori di passare da una semplice “dichiarazione d’intenti” rispetto ad ipotesi innovative di classificazione dei lavoratori ad un’intesa che conduca ad una loro traduzione operativa in norme contrattuali; e ancora, è possibile identificare alcuni presupposti o condizioni di contesto la cui presenza facilita o favorisce l’innovazione dei sistemi di inquadramento attraverso un processo negoziale di tipo partecipativo? Per raggiungere questi obiettivi conoscitivi, l’indagine mira a sviluppare un’analisi approfondita delle dinamiche organizzative che accompagnano la revisione dei sistemi di inquadramento, attraverso lo studio degli accordi realizzati in Gucci Group nel periodo 1996-2001 che, in letteratura, vengono indicati come esperienze-pilota in tema di classificazione professionale dei lavoratori (Guarriello, 2000; Cerruti, 1997; Camuffo, 2000). La scelta dell’accordo Gucci come caso studio si giustifica sulla base di tre considerazioni: l’accordo è stato concluso a livello aziendale in assenza di modifiche al sistema di inquadramento previsto dal relativo CCNL; ciò conferma quanto sostenuto nella letteratura giuslavorista (Guariello, 2000) che indica nel livello aziendale la cornice normativa più adeguata per regolare i sistemi di classificazione in quanto più vicina alle esigenze organizzative e al concreto ambiente di relazioni sindacali; in secondo luogo, l’accordo assume la logica delle competenze come concetto chiave del sistema di classificazione e sviluppo professionale, affrontando correttamente il tema della riforma dell’inquadramento come occasione non solo per il riconoscimento della professionalità effettivamente espressa dal lavoratore ma anche per la costruzione delle competenze ritenute strategiche dall’impresa; in ultimo, l’accordo adotta un approccio universalistico in quanto le modifiche introdotte nei criteri di inquadramento vengono estese all’insieme del personale aziendale (e non limitate ad alcune fasce professionali come, al contrario, accade nei modelli di matrice manageriale) e presenta ricadute sull’intero sistema di gestione del personale che, proprio in seguito all’accordo, è stato completamente ripensato assumendo come riferimento l’approccio delle competenze. Relativamente alla metodologia utilizzata, lo studio è stato realizzato sulla base di interviste semistrutturate rivolte a tutti gli attori partecipanti al processo di progettazione e realizzazione dell’accordo aziendale. In particolare, sono state intervistati membri della direzione del personale manager di line, dirigenti dei sindacati territoriali e di categoria e rappresentanti delle RSU. Il paper si articola nelle seguenti tre parti: la prima assume una prospettiva analitica ed è dedicata ad una breve disamina del ruolo assunto dai sistemi di classificazione nella regolazione del rapporti di lavoro, delle motivazioni alla base dell’attuale crisi dei sistemi basati sul job e ad un’analisi delle proprietà dei sistemi skill or competence based e della loro presunta maggiore adeguatezza rispetto ai processi di cambiamento in atto nell’organizzazione e nei contenuti del lavoro. La seconda si addentra nell’analisi del caso Gucci Group con il fine di ricostruire le principali fasi del percorso che ha portato, nel 2001, alla stipulazione dell’integrativo aziendale che assume come base per la classificazione, la retribuzione e lo sviluppo dei lavoratori le competenze di ruolo; di illustrare l’architettura e i principali contenuti dell’accordo; di evidenziare le motivazioni che hanno spinto le parti ad intraprendere il processo negoziale e i comportamenti adottati durante la sua realizzazione. La sezione conclusiva è rivolta, sulla base dell’esperienza analizzata, a sviluppare alcune riflessioni destinate a formulare una prima risposta relativamente agli interrogativi che hanno originato la ricerca empirica.
2002
Marchiori, M. (2002). Apprendimento organizzativo, sistemi di classificazione e riconoscimento della professionalità, nuove relazioni industriali: il caso Gucci Group. In L'interpretazione della realtà organizzativa.
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