Dal dizionario della lingua italiana “periferia” significa “l’insieme dei quartieri disposti ai margini esterni di un agglomerato urbano” ma anche “la zona più esterna e marginale, in contrapposizione al centro, di uno spazio o di un territorio”. E’ evidente come questa definizione sia ormai inadeguata a descrivere la realtà delle grandi aree urbane che sono andate oltre il tradizionale concetto di periferia in quanto ci sono fenomeni che attraversano trasversalmente la città grazie alla interazione e alla mobilità delle persone. La periferia come luogo di frontiera, prima tra città e territorio aperto, o, anche, tra città e città, sembra essere una delle visioni più attinenti al nostro caso, potendosi applicare ad una sterminata area edificata a bassa densità che, negli ultimi decenni, ha inesorabilmente circondato le grandi città – e non solo – andando a occupare territori quasi sempre ex agricoli e che ha prodotto un mosaico urbano-periurbano-metaurbano con molte tessere mancanti, frammenti urbani che producono a loro volta frammentazione. Di certo oggi è difficile parlare di città se non di diverse città – o comunque di differenti entità insediative che sono definibili in modi altrettanto differenti –, come per esorcizzare il fatto che la città contemporanea rischia di trasformarsi in una non-città. E forse allo stesso modo si potrebbe parlare di diverse periferie. Ma nelle periferie quante città esistono? Questo documento vuole presentare una sintesi dei risultati di una ricerca condotta presso il Dipartimento di Studi Urbani della Università Roma Tre . Obiettivo di questa ricerca non è stato la mera descrizione dei caratteri fisici delle periferie delle grandi aree urbane ma l’individuazione e la descrizione di quelle “regole” che sono alla base delle parti “non centrali” delle città, indagando le questioni “altre” – formali e funzionali – che certo caratterizzano la “periferia” ma che non sono una esclusiva della periferia. Si è cercato pertanto di capire le ragioni delle periferie partendo dalle origini e analizzando la diffusione del “fenomeno” periferie. E per questo si è avviata una inusuale comparazione tra periferie di realtà molto lontane: all’unicità di Roma e della sua periferia si sono affiancate due capitali latino americane, Buenos Aires e Montevideo.

Cerasoli, M. (2011). Periferie urbane degradate. Regole insediative e forme dell’abitare. Tra emigrazione, automobile e televisione. In ABITARE L’ITALIA TERRITORI, ECONOMIE, DISEGUAGLIANZE (pp.1-10).

Periferie urbane degradate. Regole insediative e forme dell’abitare. Tra emigrazione, automobile e televisione

CERASOLI, MARIO
2011-01-01

Abstract

Dal dizionario della lingua italiana “periferia” significa “l’insieme dei quartieri disposti ai margini esterni di un agglomerato urbano” ma anche “la zona più esterna e marginale, in contrapposizione al centro, di uno spazio o di un territorio”. E’ evidente come questa definizione sia ormai inadeguata a descrivere la realtà delle grandi aree urbane che sono andate oltre il tradizionale concetto di periferia in quanto ci sono fenomeni che attraversano trasversalmente la città grazie alla interazione e alla mobilità delle persone. La periferia come luogo di frontiera, prima tra città e territorio aperto, o, anche, tra città e città, sembra essere una delle visioni più attinenti al nostro caso, potendosi applicare ad una sterminata area edificata a bassa densità che, negli ultimi decenni, ha inesorabilmente circondato le grandi città – e non solo – andando a occupare territori quasi sempre ex agricoli e che ha prodotto un mosaico urbano-periurbano-metaurbano con molte tessere mancanti, frammenti urbani che producono a loro volta frammentazione. Di certo oggi è difficile parlare di città se non di diverse città – o comunque di differenti entità insediative che sono definibili in modi altrettanto differenti –, come per esorcizzare il fatto che la città contemporanea rischia di trasformarsi in una non-città. E forse allo stesso modo si potrebbe parlare di diverse periferie. Ma nelle periferie quante città esistono? Questo documento vuole presentare una sintesi dei risultati di una ricerca condotta presso il Dipartimento di Studi Urbani della Università Roma Tre . Obiettivo di questa ricerca non è stato la mera descrizione dei caratteri fisici delle periferie delle grandi aree urbane ma l’individuazione e la descrizione di quelle “regole” che sono alla base delle parti “non centrali” delle città, indagando le questioni “altre” – formali e funzionali – che certo caratterizzano la “periferia” ma che non sono una esclusiva della periferia. Si è cercato pertanto di capire le ragioni delle periferie partendo dalle origini e analizzando la diffusione del “fenomeno” periferie. E per questo si è avviata una inusuale comparazione tra periferie di realtà molto lontane: all’unicità di Roma e della sua periferia si sono affiancate due capitali latino americane, Buenos Aires e Montevideo.
2011
Cerasoli, M. (2011). Periferie urbane degradate. Regole insediative e forme dell’abitare. Tra emigrazione, automobile e televisione. In ABITARE L’ITALIA TERRITORI, ECONOMIE, DISEGUAGLIANZE (pp.1-10).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/177343
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