Il “passaggio a occidente” delle spoglie del filosofo Giorgio Gemisto Pletone, avventurosamente prelevate a Mistrà e inviate a Rimini da Sigismondo Pandolfo Malatesta durante l’ultima crociata antiturca del 1464-1466, offre lo spunto per una breve indagine dei rapporti tra i Malatesta e l’ultima corte bizantina di Mistrà. Questi si inseriscono nel progetto di “rifondazione occidentale di Bisanzio”, promosso dall’ala filobizantina della curia pontificia, che si stringeva intorno al cardinale “orientale” Bessarione, e caldeggiato da un clan di famiglie aristocratiche italiane, che aveva nei Malatesta i suoi esponenti cruciali. Il punto di partenza del progressivo tessersi di alleanze dinastiche tra le signorie italiane e gli ultimi detentori del titolo imperiale bizantino era stato infatti l’innesto dei Malatesta nell’albero genealogico dei Paleologhi, avvenuto con il matrimonio (1420) tra Teodoro II Paleologo e Cleopa Malatesta (poi deceduta prematuramente quanto misteriosamente e forse identificabile con la cosiddetta “mummia di Mistrà”). Concepito già all’indomani del concilio di Costanza e poi in quello di Ferrara-Firenze (1438-39), il piano di “salvataggio occidentale di Bisanzio” trovò il suo principale sostenitore in Enea Silvio Piccolomini, che convocò in sua funzione il concilio di Mantova (1459). Secondo gli intenti dichiarati di Pio II, l’enclave greco-cristiana nel dominio turco sarebbe stata governata dal legittimo erede Tommaso Paleologo e improntata al modello di città-stato e alla formula religiosa sincretistica che proprio Pletone aveva proposto negli scritti politici elaborati alla scuola di Mistrà.
Ronchey, S. (2003). Giorgio Gemisto Pletone e i Malatesta. In Sul ritorno di Pletone (pp.11-24). RIMINI : Raffaelli.
Giorgio Gemisto Pletone e i Malatesta
RONCHEY, SILVIA
2003-01-01
Abstract
Il “passaggio a occidente” delle spoglie del filosofo Giorgio Gemisto Pletone, avventurosamente prelevate a Mistrà e inviate a Rimini da Sigismondo Pandolfo Malatesta durante l’ultima crociata antiturca del 1464-1466, offre lo spunto per una breve indagine dei rapporti tra i Malatesta e l’ultima corte bizantina di Mistrà. Questi si inseriscono nel progetto di “rifondazione occidentale di Bisanzio”, promosso dall’ala filobizantina della curia pontificia, che si stringeva intorno al cardinale “orientale” Bessarione, e caldeggiato da un clan di famiglie aristocratiche italiane, che aveva nei Malatesta i suoi esponenti cruciali. Il punto di partenza del progressivo tessersi di alleanze dinastiche tra le signorie italiane e gli ultimi detentori del titolo imperiale bizantino era stato infatti l’innesto dei Malatesta nell’albero genealogico dei Paleologhi, avvenuto con il matrimonio (1420) tra Teodoro II Paleologo e Cleopa Malatesta (poi deceduta prematuramente quanto misteriosamente e forse identificabile con la cosiddetta “mummia di Mistrà”). Concepito già all’indomani del concilio di Costanza e poi in quello di Ferrara-Firenze (1438-39), il piano di “salvataggio occidentale di Bisanzio” trovò il suo principale sostenitore in Enea Silvio Piccolomini, che convocò in sua funzione il concilio di Mantova (1459). Secondo gli intenti dichiarati di Pio II, l’enclave greco-cristiana nel dominio turco sarebbe stata governata dal legittimo erede Tommaso Paleologo e improntata al modello di città-stato e alla formula religiosa sincretistica che proprio Pletone aveva proposto negli scritti politici elaborati alla scuola di Mistrà.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.