Fino ad oggi sono stati pubblicati diversi studi sugli effetti economici della privatizzazione delle infrastrutture. Tuttavia non è ancora stato affrontato in senso organico il tema degli effetti territoriali della privatizzazione delle infrastrutture. Le direttive comunitarie in materia di liberalizzazione delle infrastrutture nascono tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 con il fine di rilanciare i diversi settori interessati e di regolare i diversi mercati nazionali, concentrando l’attenzione sugli aspetti della concorrenza e della integrazione. Ciò ha riguardato anche – e soprattutto – il settore ferroviario. Questo processo di liberalizzazione/privatizzazione ha, tuttavia, generato e continua a generare effetti in termini di qualità ed efficienza dei servizi erogati e, ancor più, sullo sviluppo delle reti ferroviarie e sta de-terminando evidenti ricadute territoriali legate principalmente alle modifiche dei bacini di mobilità e alla conseguente distribuzione della popolazione e delle attività economiche, ricadute però che non sembrano essere state prese adeguatamente in considerazione a Brussels. In Italia la privatizzazione del settore ferroviario, se da un lato ha rispettato scrupolosamente le direttive comunitarie in materia, dall’altro ancora oggi presenta aspetti di inefficienza legati al fatto che si sono trasformati gli assetti societari ma non gli aspetti della proprietà, restata in mano pubblica, minando di fatto la reale concorrenza. In questo contesto si è venuto a collocare il progetto Alta Velocità, che ha portato ulteriori fattori di trasformazione degli assetti territoriali in termini di variazione dei confini dei sistemi regionali, delle aree di gravitazione metropolitana, dei contesti insediativi locali, e, conseguentemente, del modello di mobilità. Pur se molto recente, l’Alta Velocità rappresenta un caso di studio significativo, in quanto rappresentativo sia del processo di privatizzazione delle ferrovie che degli effetti territoriali legati alla realizzazione di una infrastruttura. Il quadro che ne deriva è pertanto già oggi di per se sufficiente a evidenziare il divario che si è andato a formare tra “reti veloci” e “reti lente”, tra territori e città “veloci” e territori e città “lente” e le trasformazioni in atto sui sistemi regionali, sulle aree di gravitazione metropolitana e sui contesti insediativi locali, così come definiti dalla ricerca Itaten (1996).

Cerasoli, M. (2011). Effetti territoriali dei processi di privatizzazione delle infrastrutture. Il caso delle ferrovie dello Stato e il progetto Alta Velocità.. In Abitare L’Italia. Territori, economie, disuguaglianze (pp.1-10).

Effetti territoriali dei processi di privatizzazione delle infrastrutture. Il caso delle ferrovie dello Stato e il progetto Alta Velocità.

CERASOLI, MARIO
2011-01-01

Abstract

Fino ad oggi sono stati pubblicati diversi studi sugli effetti economici della privatizzazione delle infrastrutture. Tuttavia non è ancora stato affrontato in senso organico il tema degli effetti territoriali della privatizzazione delle infrastrutture. Le direttive comunitarie in materia di liberalizzazione delle infrastrutture nascono tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 con il fine di rilanciare i diversi settori interessati e di regolare i diversi mercati nazionali, concentrando l’attenzione sugli aspetti della concorrenza e della integrazione. Ciò ha riguardato anche – e soprattutto – il settore ferroviario. Questo processo di liberalizzazione/privatizzazione ha, tuttavia, generato e continua a generare effetti in termini di qualità ed efficienza dei servizi erogati e, ancor più, sullo sviluppo delle reti ferroviarie e sta de-terminando evidenti ricadute territoriali legate principalmente alle modifiche dei bacini di mobilità e alla conseguente distribuzione della popolazione e delle attività economiche, ricadute però che non sembrano essere state prese adeguatamente in considerazione a Brussels. In Italia la privatizzazione del settore ferroviario, se da un lato ha rispettato scrupolosamente le direttive comunitarie in materia, dall’altro ancora oggi presenta aspetti di inefficienza legati al fatto che si sono trasformati gli assetti societari ma non gli aspetti della proprietà, restata in mano pubblica, minando di fatto la reale concorrenza. In questo contesto si è venuto a collocare il progetto Alta Velocità, che ha portato ulteriori fattori di trasformazione degli assetti territoriali in termini di variazione dei confini dei sistemi regionali, delle aree di gravitazione metropolitana, dei contesti insediativi locali, e, conseguentemente, del modello di mobilità. Pur se molto recente, l’Alta Velocità rappresenta un caso di studio significativo, in quanto rappresentativo sia del processo di privatizzazione delle ferrovie che degli effetti territoriali legati alla realizzazione di una infrastruttura. Il quadro che ne deriva è pertanto già oggi di per se sufficiente a evidenziare il divario che si è andato a formare tra “reti veloci” e “reti lente”, tra territori e città “veloci” e territori e città “lente” e le trasformazioni in atto sui sistemi regionali, sulle aree di gravitazione metropolitana e sui contesti insediativi locali, così come definiti dalla ricerca Itaten (1996).
2011
Cerasoli, M. (2011). Effetti territoriali dei processi di privatizzazione delle infrastrutture. Il caso delle ferrovie dello Stato e il progetto Alta Velocità.. In Abitare L’Italia. Territori, economie, disuguaglianze (pp.1-10).
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