Nessuno Bessarione amò, riamato, più di Venezia e dei veneziani. Eppure in nessuno degli ambienti che frequentò privilegiatamente, e in cui fu noto, venne visto, o comunque ritratto, in modo più spietato: il ritratto oggi approdato alla National Gallery di Londra, dipinto da Gentile Bellini sullo sportello dell’“albergo” del reliquiario della Vera Croce; la copia, dipinta da un suo tardo discepolo, forse Giannetto Cordegliaghi, di un altro suo ritratto, bruciato nel 1546, che lo raffigurava con in mano la stessa stauroteca; il monaco che partecipa ai Funerali di san Girolamo nel telero di Carpaccio conservato alla Scuola degli Schiavoni e identificato con Bessarione da Augusto Gentili. Nei ritratti veneziani di Bessarione sopravvissuti all’arcana maledizione che ha distrutto o disperso la loro maggior parte, è come se una maschera grottesca fosse stata sovrapposta ai bei tratti, da vero Erasmo orientale, prestati invece al suo volto e alla sua figura dai pittori che operarono, quasi contemporaneamente, per le altre corti a lui amiche: la corte pontificia, che ci restituisce il nobile quanto attendibile profilo scolpito, lui vivente, da Paolo Romano nel bassorilievo funebre di Pio II; la corte aragonese di Napoli, da cui proviene il ritratto miniato di Gioacchino de Gigantibus per il codice dell’Adversus calumniatorem Platonis; la corte urbinate, che avrebbe dovuto accoglierlo se una morte annunciata non lo avesse raggiunto sulla via del ritorno dalla missione in Francia e che ci restituisce due o forse tre immagini fondamentali di Bessarione: il ritratto certo di Pedro Berruguete, quello possibile di Giusto di Gand e quello, speculare al profilo del codice aragonese, eseguito sempre intorno al 1472 nello stendardo della Confraternita di San Giovanni Battista.
Ronchey, S. (2013). Volti di Bessarione. In Vie per Bisanzio. VII Congresso Nazionale dell'Associazione di Studi Bizantini, Venezia 25-28 novembre 2009 (pp.539-551). BARI : Edizioni di Pagina.
Volti di Bessarione
RONCHEY, SILVIA
2013-01-01
Abstract
Nessuno Bessarione amò, riamato, più di Venezia e dei veneziani. Eppure in nessuno degli ambienti che frequentò privilegiatamente, e in cui fu noto, venne visto, o comunque ritratto, in modo più spietato: il ritratto oggi approdato alla National Gallery di Londra, dipinto da Gentile Bellini sullo sportello dell’“albergo” del reliquiario della Vera Croce; la copia, dipinta da un suo tardo discepolo, forse Giannetto Cordegliaghi, di un altro suo ritratto, bruciato nel 1546, che lo raffigurava con in mano la stessa stauroteca; il monaco che partecipa ai Funerali di san Girolamo nel telero di Carpaccio conservato alla Scuola degli Schiavoni e identificato con Bessarione da Augusto Gentili. Nei ritratti veneziani di Bessarione sopravvissuti all’arcana maledizione che ha distrutto o disperso la loro maggior parte, è come se una maschera grottesca fosse stata sovrapposta ai bei tratti, da vero Erasmo orientale, prestati invece al suo volto e alla sua figura dai pittori che operarono, quasi contemporaneamente, per le altre corti a lui amiche: la corte pontificia, che ci restituisce il nobile quanto attendibile profilo scolpito, lui vivente, da Paolo Romano nel bassorilievo funebre di Pio II; la corte aragonese di Napoli, da cui proviene il ritratto miniato di Gioacchino de Gigantibus per il codice dell’Adversus calumniatorem Platonis; la corte urbinate, che avrebbe dovuto accoglierlo se una morte annunciata non lo avesse raggiunto sulla via del ritorno dalla missione in Francia e che ci restituisce due o forse tre immagini fondamentali di Bessarione: il ritratto certo di Pedro Berruguete, quello possibile di Giusto di Gand e quello, speculare al profilo del codice aragonese, eseguito sempre intorno al 1472 nello stendardo della Confraternita di San Giovanni Battista.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.