L'architettura c'è se c'è materia. Solo se una certa quantità di spazio è matericamente occupata/delimitata da presenze concrete, tattili, visibili (tufo, cemento, mattoni, vetro, plastiche, …). Questo almeno fino ad oggi, poiché domani potrà forse anche esserci un virtuale urbano/architettonico entro cui potremo/dovremo vivere virtualmente il nostro quotidiano. Ma, in attesa di questo, od altri possibili futuri, ancora oggi l'architettura continua ad esserci solo come c'è sempre stata sin dalle sue origini: è la concretezza materica, qualunque questa sia, che la delimita, la costruisce, la manifesta, la differenzia l'una dall'altra per rispettivo periodo, luogo, funzione, scelta stilistica/etica/politica. I nostri luoghi, la nostra storia, le nostre architetture sono riconoscibili e collocabili, almeno fino a ieri l'altro, dai materiali che li costruiscono, dal colore che li riveste, dalla relazione tra forma e loro sviluppo culturale e tecnologico. In tutte le (passate?) epoche e civiltà, materia e colore hanno sempre avuto una larga attribuzione di valore simbolico/espressivo per consentire, anche ad un osservatore disattento o analfabeta, di distinguere i luoghi abitati, i centri del potere, il bello dal brutto, il bene dal male, il vero dall’inganno, le idee mitologiche o religiose. Il colore è presente in architettura sin dalle civiltà Mesopotamica e Assira connesso alle funzioni architettoniche, come testimoniano le descrizioni di Erodoto dove negli ziqqurat il colore è collegato ai pianeti, agli dei, alle sfere celesti. Anche nell'antica Grecia l'architettura era riccamente colorata, anche per preservare le strutture dall'azione di pioggia, vento, sole, scorrere del tempo. Tradizione che ritroviamo in Giovanni nell’Apocalisse nella descrizione delle mura della Gerusalemme celeste. Così gli etruschi e Roma, nel Medioevo, nel Gotico, nel '500 e '600, fino all'Illuminismo e al Neoclassicismo, quando il colore perde molto del ruolo che aveva e il bianco, con la purificazione di ogni contrasto compositivo, diviene aulica esaltazione dell'autonomia del pensiero dalla materia. E poi, tolto il periodo Liberty, il Razionalismo, l'International Style… Così nella nostra moderna civiltà occidentale abbiamo perso molti dei codici di lettura delle antiche simbologie, sostituite da un apparentemente più sofisticato e dialettico sistema di informazione letteraria e realismo fotografico. Ma oggi dobbiamo tornare a guardare oltre il "contemporaneo" distacco dalla "realtà" della costruzione, dei luoghi e della loro storia; oltre l'attuale attenzione all'architettura, ma anche all'arte in generale, solo se in forma esibizionistica del "facciamolo strano", di richiamo pubblicitario globale, per il marketing, attenta solo al presente e al prestigio immediato, alla messinscena del proprio potere e successo, e perciò disinteressata a qualsiasi tradizione locale ed ai possibili modi di sopravvivenza di sé, dei propri luoghi e della cultura dei popoli.

Bedoni, C. (2012). Materia e colore, loro senso e ruolo nella storia dei luoghi e nella cultura dei popoli. In COLORE E COLORIMETRIA, CONTRIBUTI MULTIDISCIPLINARI (pp.715-722). Santarcangelo di romagna (RN) : Maggioli editore..

Materia e colore, loro senso e ruolo nella storia dei luoghi e nella cultura dei popoli

BEDONI, Cristiana
2012-01-01

Abstract

L'architettura c'è se c'è materia. Solo se una certa quantità di spazio è matericamente occupata/delimitata da presenze concrete, tattili, visibili (tufo, cemento, mattoni, vetro, plastiche, …). Questo almeno fino ad oggi, poiché domani potrà forse anche esserci un virtuale urbano/architettonico entro cui potremo/dovremo vivere virtualmente il nostro quotidiano. Ma, in attesa di questo, od altri possibili futuri, ancora oggi l'architettura continua ad esserci solo come c'è sempre stata sin dalle sue origini: è la concretezza materica, qualunque questa sia, che la delimita, la costruisce, la manifesta, la differenzia l'una dall'altra per rispettivo periodo, luogo, funzione, scelta stilistica/etica/politica. I nostri luoghi, la nostra storia, le nostre architetture sono riconoscibili e collocabili, almeno fino a ieri l'altro, dai materiali che li costruiscono, dal colore che li riveste, dalla relazione tra forma e loro sviluppo culturale e tecnologico. In tutte le (passate?) epoche e civiltà, materia e colore hanno sempre avuto una larga attribuzione di valore simbolico/espressivo per consentire, anche ad un osservatore disattento o analfabeta, di distinguere i luoghi abitati, i centri del potere, il bello dal brutto, il bene dal male, il vero dall’inganno, le idee mitologiche o religiose. Il colore è presente in architettura sin dalle civiltà Mesopotamica e Assira connesso alle funzioni architettoniche, come testimoniano le descrizioni di Erodoto dove negli ziqqurat il colore è collegato ai pianeti, agli dei, alle sfere celesti. Anche nell'antica Grecia l'architettura era riccamente colorata, anche per preservare le strutture dall'azione di pioggia, vento, sole, scorrere del tempo. Tradizione che ritroviamo in Giovanni nell’Apocalisse nella descrizione delle mura della Gerusalemme celeste. Così gli etruschi e Roma, nel Medioevo, nel Gotico, nel '500 e '600, fino all'Illuminismo e al Neoclassicismo, quando il colore perde molto del ruolo che aveva e il bianco, con la purificazione di ogni contrasto compositivo, diviene aulica esaltazione dell'autonomia del pensiero dalla materia. E poi, tolto il periodo Liberty, il Razionalismo, l'International Style… Così nella nostra moderna civiltà occidentale abbiamo perso molti dei codici di lettura delle antiche simbologie, sostituite da un apparentemente più sofisticato e dialettico sistema di informazione letteraria e realismo fotografico. Ma oggi dobbiamo tornare a guardare oltre il "contemporaneo" distacco dalla "realtà" della costruzione, dei luoghi e della loro storia; oltre l'attuale attenzione all'architettura, ma anche all'arte in generale, solo se in forma esibizionistica del "facciamolo strano", di richiamo pubblicitario globale, per il marketing, attenta solo al presente e al prestigio immediato, alla messinscena del proprio potere e successo, e perciò disinteressata a qualsiasi tradizione locale ed ai possibili modi di sopravvivenza di sé, dei propri luoghi e della cultura dei popoli.
2012
88-387-6136-1
Bedoni, C. (2012). Materia e colore, loro senso e ruolo nella storia dei luoghi e nella cultura dei popoli. In COLORE E COLORIMETRIA, CONTRIBUTI MULTIDISCIPLINARI (pp.715-722). Santarcangelo di romagna (RN) : Maggioli editore..
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/185392
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