L’intervento si propone di evidenziare il contributo che la Storia Economica può apportare al settore del Cultural Heritage, che per sua natura è caratterizzato da studi multidisciplinari e interdisciplinari. Negli ultimi anni il settore del Cultural Heritage ha conosciuto una progressiva diffusione tra gli studiosi, i professionisti e i policy makers e la sua affermazione ne ha accresciuto visibilità internazionale e capacità nel reperimento di finanziamenti (dall’Unione Europea all’Unesco). A conferma del ruolo acquisito, il Cultural Heritage è stato inserito in Horizon 2020, il Programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione (2014-2020), trovando spazio in due cluster dell’area delle Societal Challenges (Climate Action, Environment, Resource Efficiency and Raw Materials; Europe in a changing world – Inclusive, innovative and reflective societies). Il tema della valorizzazione del patrimonio culturale è uno dei percorsi di ricerca affrontati dal CROMA, il Centro di Ateneo per lo Studio di Roma dell’Università Roma Tre, e dal LABEPAC, Laboratorio di Economia dei Patrimoni Culturali, un osservatorio recentemente costituito all’interno del Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università Roma Tre su iniziativa del gruppo degli storici dell’economia attivi nel Dipartimento. Il paper, oltre a definire in linea teorica i campi di indagine esplorabili dagli storici economici nell’ampio settore del Cultural Heritage, illustrerà il caso di studio della prima zona industriale di Roma, l’area Ostiense-Testaccio, focalizzando l’attenzione sulle questioni aperte dalla sua deindustrializzazione, avviata nel secondo dopoguerra. Un’attenzione permanente sul nesso tra memoria e progetto, tra conoscenza del territorio ed effettiva capacità di realizzare il buongoverno, costituisce un presupposto per la messa a punto di un progetto per la valorizzazione dei processi di trasformazione urbana, che deve necessariamente ricomprendere un’analisi, anche in prospettiva storica, del ruolo dell’edilizia, del valore economico dei beni culturali, degli investimenti nel settore del lusso, della tutela del patrimonio, dell’allocazione delle industrie ricreative, dei servizi per l’accoglienza.
Stemperini, G., Travaglini, C.M. (2016). La Storia Economica e il Cultural Heritage. In Innovare nella Storia Economica: temi, metodi, fonti (pp.349-356). Prato : Fondazione Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini”/Società Italiana degli Storici Economici.
La Storia Economica e il Cultural Heritage
STEMPERINI, Giuseppe;TRAVAGLINI, Carlo Maria
2016-01-01
Abstract
L’intervento si propone di evidenziare il contributo che la Storia Economica può apportare al settore del Cultural Heritage, che per sua natura è caratterizzato da studi multidisciplinari e interdisciplinari. Negli ultimi anni il settore del Cultural Heritage ha conosciuto una progressiva diffusione tra gli studiosi, i professionisti e i policy makers e la sua affermazione ne ha accresciuto visibilità internazionale e capacità nel reperimento di finanziamenti (dall’Unione Europea all’Unesco). A conferma del ruolo acquisito, il Cultural Heritage è stato inserito in Horizon 2020, il Programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione (2014-2020), trovando spazio in due cluster dell’area delle Societal Challenges (Climate Action, Environment, Resource Efficiency and Raw Materials; Europe in a changing world – Inclusive, innovative and reflective societies). Il tema della valorizzazione del patrimonio culturale è uno dei percorsi di ricerca affrontati dal CROMA, il Centro di Ateneo per lo Studio di Roma dell’Università Roma Tre, e dal LABEPAC, Laboratorio di Economia dei Patrimoni Culturali, un osservatorio recentemente costituito all’interno del Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università Roma Tre su iniziativa del gruppo degli storici dell’economia attivi nel Dipartimento. Il paper, oltre a definire in linea teorica i campi di indagine esplorabili dagli storici economici nell’ampio settore del Cultural Heritage, illustrerà il caso di studio della prima zona industriale di Roma, l’area Ostiense-Testaccio, focalizzando l’attenzione sulle questioni aperte dalla sua deindustrializzazione, avviata nel secondo dopoguerra. Un’attenzione permanente sul nesso tra memoria e progetto, tra conoscenza del territorio ed effettiva capacità di realizzare il buongoverno, costituisce un presupposto per la messa a punto di un progetto per la valorizzazione dei processi di trasformazione urbana, che deve necessariamente ricomprendere un’analisi, anche in prospettiva storica, del ruolo dell’edilizia, del valore economico dei beni culturali, degli investimenti nel settore del lusso, della tutela del patrimonio, dell’allocazione delle industrie ricreative, dei servizi per l’accoglienza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.