Da diversi anni stiamo conducendo una serie di ricerche sulle rappresentazioni cinematografiche della disabilità e della diversità che hanno portato in una prima fase (2004-2008) alla classificazione di pellicole che avessero come s/oggetto la presenza di persone con deficit, minorazioni o sindromi, in una seconda fase (2009-2013) a una maggiore complessità dell’analisi –attraverso il ricorso a modelli interpretativi della disabilità quali il Bio-Psico-Sociale e il Capability Approach – per approdare infine (2014 a tutt’oggi) a una completa ridefinizione dell’oggetto di studio e di ricerca. Infatti, partendo dal presupposto che il processo di affermazione delle culture, delle politiche e delle pratiche inclusive nella scuola e nella società richieda una progressiva destrutturazione dei dispositivi e dei contenuti che veicolano la rappresentazione della disabilità nei diversi contesti di vita, si è proceduto a: 1) problematizzare l’analisi dei meccanismi narrativi (in particolare quelli mediati dal cinelinguaggio) per mezzo dei quali si costruiscono i discorsi sulla disabilità (Chi li agisce? Come sono agiti? Con quali finalità?); 2) revisionare criticamente il nostro iter di studio e di ricerca condotto fino a questo punto per far emergere gli impliciti epistemologici e i modelli sottesi che non erano stati precedentemente presi in considerazione. Il quadro teorico di riferimento è quello dei Disability Studies, prospettiva di studio multiinter-trans-disciplinare che approccia la questione disabilità in modo critico, ponendo sotto osservazione alcuni concetti chiave (abilismo, norma, performatività, successo) attraverso i quali l’attuale sistema sociale attiva/mantiene/agisce determinati meccanismi di controllo delle differenze nel palinsesto sociale stesso. In particolare la nostra attenzione è stata posta all’analisi delle retoriche discorsive (compassione, supercreep, normalità), presenti sia nelle narrazioni cinematografiche sia in quelle della comunicazione sociale. L’ipotesi che sta orientando la nostra ricerca è quella di riscontrare nei prodotti audiovisivi del circuito mainstream (film, spot pubblicitari o altri prodotti visuali): 1) la presenza diffusa di retoriche discorsive; 2) la loro pervasività e azione implicita nel sistema di elaborazione delle informazioni degli spettatori; 3) una correlazione significativa tra il ricorso al politically correct e l’attenuazione del grado di problematizzazione della presenza dell’alterità nei diversi contesti sociali. Il tutto a tutto vantaggio di pratiche conformiste/zzanti finalizzate a tranquillizzare l’uomo e la donna comuni (normodotati) e a circoscrivere la diversità dentro confini ben definiti (anche laddove si celebra la loro liberazione dalle convenzioni). Sul piano metodologico stiamo procedendo sia all’analisi qualitativa di tali prodotti visivi, sia a ricerche (quali-quantitative) che coinvolgono studenti e docenti. Allo stato attuale, l’analisi dei repertori visivi e gli esiti emersi dalle ricerche sembrano confermare le nostre ipotesi, mostrando la diffusa presenza di: 1) stereotipi agenti nel, e rinforzati dal, politically correct; 2) retoriche discorsive (in particolare quella del supercreep e della normalità). Infine, l’utilizzo nelle pratiche formative (soprattutto con gli insegnanti, futuri e in servizio) di queste procedure d’indagine e dei dati emersi sembra favorire l’innalzamento del livello di problematizzazione del concetto di disabilità/diversità, così come la capacità di identificare con maggiore chiarezza le retoriche presenti nelle rappresentazioni e la loro non neutralità nel definire l’altro/erità.

Bocci, F. (2017). Rappresentazioni cinematografiche della disabilità e processi inclusivi a scuola e nella società. In Giornata della Ricerca, Dipartimento di Scienze della Formazione, Università Roma Tre (pp.18-20). Roma : Colitti.

Rappresentazioni cinematografiche della disabilità e processi inclusivi a scuola e nella società

bocci fabio
2017-01-01

Abstract

Da diversi anni stiamo conducendo una serie di ricerche sulle rappresentazioni cinematografiche della disabilità e della diversità che hanno portato in una prima fase (2004-2008) alla classificazione di pellicole che avessero come s/oggetto la presenza di persone con deficit, minorazioni o sindromi, in una seconda fase (2009-2013) a una maggiore complessità dell’analisi –attraverso il ricorso a modelli interpretativi della disabilità quali il Bio-Psico-Sociale e il Capability Approach – per approdare infine (2014 a tutt’oggi) a una completa ridefinizione dell’oggetto di studio e di ricerca. Infatti, partendo dal presupposto che il processo di affermazione delle culture, delle politiche e delle pratiche inclusive nella scuola e nella società richieda una progressiva destrutturazione dei dispositivi e dei contenuti che veicolano la rappresentazione della disabilità nei diversi contesti di vita, si è proceduto a: 1) problematizzare l’analisi dei meccanismi narrativi (in particolare quelli mediati dal cinelinguaggio) per mezzo dei quali si costruiscono i discorsi sulla disabilità (Chi li agisce? Come sono agiti? Con quali finalità?); 2) revisionare criticamente il nostro iter di studio e di ricerca condotto fino a questo punto per far emergere gli impliciti epistemologici e i modelli sottesi che non erano stati precedentemente presi in considerazione. Il quadro teorico di riferimento è quello dei Disability Studies, prospettiva di studio multiinter-trans-disciplinare che approccia la questione disabilità in modo critico, ponendo sotto osservazione alcuni concetti chiave (abilismo, norma, performatività, successo) attraverso i quali l’attuale sistema sociale attiva/mantiene/agisce determinati meccanismi di controllo delle differenze nel palinsesto sociale stesso. In particolare la nostra attenzione è stata posta all’analisi delle retoriche discorsive (compassione, supercreep, normalità), presenti sia nelle narrazioni cinematografiche sia in quelle della comunicazione sociale. L’ipotesi che sta orientando la nostra ricerca è quella di riscontrare nei prodotti audiovisivi del circuito mainstream (film, spot pubblicitari o altri prodotti visuali): 1) la presenza diffusa di retoriche discorsive; 2) la loro pervasività e azione implicita nel sistema di elaborazione delle informazioni degli spettatori; 3) una correlazione significativa tra il ricorso al politically correct e l’attenuazione del grado di problematizzazione della presenza dell’alterità nei diversi contesti sociali. Il tutto a tutto vantaggio di pratiche conformiste/zzanti finalizzate a tranquillizzare l’uomo e la donna comuni (normodotati) e a circoscrivere la diversità dentro confini ben definiti (anche laddove si celebra la loro liberazione dalle convenzioni). Sul piano metodologico stiamo procedendo sia all’analisi qualitativa di tali prodotti visivi, sia a ricerche (quali-quantitative) che coinvolgono studenti e docenti. Allo stato attuale, l’analisi dei repertori visivi e gli esiti emersi dalle ricerche sembrano confermare le nostre ipotesi, mostrando la diffusa presenza di: 1) stereotipi agenti nel, e rinforzati dal, politically correct; 2) retoriche discorsive (in particolare quella del supercreep e della normalità). Infine, l’utilizzo nelle pratiche formative (soprattutto con gli insegnanti, futuri e in servizio) di queste procedure d’indagine e dei dati emersi sembra favorire l’innalzamento del livello di problematizzazione del concetto di disabilità/diversità, così come la capacità di identificare con maggiore chiarezza le retoriche presenti nelle rappresentazioni e la loro non neutralità nel definire l’altro/erità.
2017
978-88-9052-739-5
Bocci, F. (2017). Rappresentazioni cinematografiche della disabilità e processi inclusivi a scuola e nella società. In Giornata della Ricerca, Dipartimento di Scienze della Formazione, Università Roma Tre (pp.18-20). Roma : Colitti.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/329934
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